Parco Querini e l’olmo secolare caduto, Caoduro (Civiltà del Verde): “manca amore e un direttore”

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Olmo secolare caduto a Parco Querini a Vicenza
Olmo secolare caduto a Parco Querini a Vicenza

L’evento di venerdì scorso, 21 agosto, al Parco Querini – ci scrive in una lettera Romana Caoduro, presidente di Civiltà del Verde – riferito al crollo di un olmo secolare, ci invita a tornare a riflettere sull’argomento alberi, verde pubblico, parchi storici.

E’ un dato condiviso che abbiamo bisogno sempre di più degli alberi considerata la situazione ambientale globale e locale in cui siamo sprofondati. Malgrado ciò parliamo con sospetto di alberi: gli alberi fanno paura, sono pericolosi, provocano danni….

La città ha estremo bisogno di alberi per il riequilibrio ecologico, per aumentare la qualità di vita, per incrementare la bellezza del suo paesaggio.

Ma gli alberi, come gli esseri umani, ci chiedono un po’ di attenzione.

Un albero sano nel pieno della sua vita fisiologica è forte, non si schianta, se non in caso di eventi calamitosi gravi per i quali non ci possono essere responsabilità. Se, al contrario, un albero presenta comprovate problematiche di salute e di stabilità va tenuto sotto esame e laddove necessario vanno prese delle decisioni anche estreme.

Un albero ammalato, vecchio, abbandonato alla sua sorte, non gestito adeguatamente, può effettivamente diventare pericoloso. Ma non possiamo estendere questa pericolosità a tutti gli alberi che non siano più nel pieno della loro vitalità. Quale danno ecologico e paesaggistico provocherebbe questo atteggiamento radicale?

Il verde pubblico è essenziale per la vita delle città ed è un grande elemento di attrazione. In quei contesti nei quali, più che da noi (pensiamo all’esperienza di molti paesi europei), si mostra attenzione per il patrimonio verde è messa in conto la sua cura e la sua attenta gestione.

Parco Querini, molti lo sanno, è un parco storico. I parchi storici, rispetto a quelli recenti, meritano una attenzione particolare in quanto sono veri e propri monumenti di valore storico-culturale e vegetazionale. Gli alberi sono parte di un disegno, la cui forma, prospettive, cromatismi sono il risultato di una precisa volontà e ispirazione creativa attribuibili a chi li ha progettati. Per questo sono anche luoghi di cultura e di bellezza. Monumenti di valore unico e irriproducibile al pari di una architettura, di un’opera d’arte… da salvaguardare.

La Carta di Firenze e il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio stabiliscono le modalità precipue di intervento. Gli alberi secolari devono essere attentamente controllati secondo un protocollo preciso che fa parte di un piano di intervento per la loro gestione in modo da ricorrere alla soppressione di questi solo quando sia chiaro che sono giunti nella fase più critica. Ma a taglio avvenuto ne vanno reimpiantati altri della stessa specie e nello stesso posto, come correttamente troviamo scritto nelle autorizzazioni al taglio approvate dalla Soprintendenza. Per farlo è necessario l’intervento di professionalità altamente competenti come competenti devono essere i restauratori di un’opera d’arte. E poi per la gestione del parco è necessario nominare, come per un museo, perché il parco storico è un museo all’aperto, un direttore del parco che se ne occupi per tutti i suoi aspetti gestionali e funzionali.

Tornando al Parco Querini e all’olmo caduto facciamo notare che si trattava di una pianta molto alta, ormai secolare, cresciuta a ridosso del muro perimetrale del parco. Un olmo, appartenente cioè a una categoria di piante attualmente sorvegliate speciali per una serie di ragioni. Data la sua altezza, la sua posizione, la sua vetustà e la malattia dilagante tra gli olmi doveva essere attentamente controllato. Innanzitutto sarebbe stato necessario un normale alleggerimento della chioma, per dare alla pianta più equilibrio e stabilità, ma soprattutto un’indagine sulla condizioni dell’apparato radicale e del colletto del tronco (la parte basale del tronco dove iniziano le radici).

Quando, come si legge nella cronaca del GdV del 23 agosto, il dott. forestale Maltauro, consulente del Comune, si è accorto che l’olmo aveva dei problemi – “l’ho osservato di recente ed era evidente che avesse un problema, anche perché in molti raccoglievano i chiodini dalle sue radici”- ha segnalato con urgenza la gravità della situazione di quella pianta, considerata anche la sua posizione, la necessità di una immediata indagine strumentale e messa in sicurezza? Che cosa è stato fatto? Il fungo al colletto è sinonimo di marciume, di non tenuta della pianta e quindi di possibilità di schianto improvviso!

Molti altri olmi del parco erano e sono ammalati di grafiosi, Ophiostoma ulmi, un fungo, la cui diffusione è facilitata da alcuni coleotteri, che mina la pianta e per il quale la lotta fitosanitaria obbligatoria prevede l’eliminazione della pianta ammalata per non permettere il dilagarsi dell’infezione nella zona.

Stando così le cose vorremmo sapere perché sono stati lasciati in piedi per più di due anni molti olmi ammalati e morti del boschetto del Parco, dimenticati, almeno fino a febbraio 2020, quando la Soprintendenza aveva autorizzato il taglio già nel 2018? Perchè si continua a permettere di fare footing lungo la carpinata storica (il doppio filare d’alberi lungo il muro dove è avvenuto lo schianto) quando si sa che quelle piante sono centenarie e che il costipamento del terreno prodotto dal continuo calpestio produce asfissia radicale ancora più dannosa in alberi secolari, che sono notoriamente più sensibili e fragili? Nei mesi e negli anni scorsi, anziché assistere a interventi utili e necessari per la manutenzione delle piante del parco, abbiamo visto il taglio brutale di alberi sani solo perché interferivano con il famigerato progetto “ex serre”. O ancora all’impianto di due cedri senza autorizzazione e in posti del tutto sbagliati.

A questo proposito ci domandiamo che cosa ha prodotto l’ultimo censimento del verde, appaltato dal Comune e che dovrebbe costituire una fotografia aggiornato dello stato di salute delle piante del Parco.

Ci dispiace constatare come continui a mancare cultura e interesse vero alla buona gestione del verde specie dei parchi storici, manca una visione unitaria competente, ci sono troppe interferenze, e per quanto riguarda il Parco Querini, monumento verde della città e bene UNESCO manca come già detto un direttore del Parco.

Più in generale manca l’amore per ciò che di più bello e salutare abbiamo ereditato.


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