Pedemontana Veneta, Partito democratico: “Un’opera che potrebbe causare il dissesto delle casse pubbliche della Regione Veneto”

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Superstrada Pedemontana Veneta SPV
Superstrada Pedemontana Veneta SPV

“La Superstrada Pedemontana Veneta è un’opera che potrebbe causare il dissesto delle casse pubbliche della Regione Veneto”. Alla luce di un recente pronunciamento sull’infrastruttura da parte della Corte dei Conti la pensano così i consiglieri regionali del Partito democratico Vanessa Camani, Jonatan Montanariello, Chiara Luisetto, Anna Maria Bigon, Andrea Zanoni Francesca Zottis.

Una conclusione analoga a quella cui è giunto il Coordinamento Veneto Pedemontana Alternativa (CoVePa) in una analisi della quale abbiamo dato pubblicazione questa mattina e che è possibile consultare cliccando questo link.

“Il recente pronunciamento della Corte dei conti del Veneto dello scorso 29 maggio – sostengono i consiglieri dem – non è solo una pagella con voto 4 sullo stato di avanzamento dei lavori della Spv – Superstrada Pedemontana Veneta e sugli effetti che quest’opera avrà sulla finanza pubblica. Sul piano più generale, il pronunciamento dei magistrati erariali costituisce di fatto una bocciatura su tutta linea per quanto riguarda l’iter scelto dalla Regione del Veneto per supportare questo progetto. Ovvero un Project financing al contrario, che vede il rischio di impresa a carico della Regione del Veneto a causa della terza convenzione del 2017 che prevede entrate certe al privato (canone annuo prestabilito per 39 anni) e incassi incerti da parte della Regione (entrate da pedaggi dipendenti dal flusso di traffico).

La Corte dei Conti – spiegano i consiglieri – ha puntato il dito su tutte le questioni che da anni abbiamo sollevato in Consiglio regionale con interrogazioni, mozioni ed emendamenti al bilancio. Dalla lettura della relazione che vede come prima firmataria il magistrato Maria Elisabetta Locci si legge che ‘nessuna criticità sollevata con il referto 2020, risulta definitivamente superata’, inoltre ‘… sebbene il termine ultimo di conclusione dei lavori nel Terzo atto convenzionale fosse previsto per l’11 settembre 2020, risultavano contabilizzati al 31 luglio 2020 lavori di esecuzione dell’opera per l’82,7% circa e alla data di approvazione del primo referto non erano ancora stati completati’. Nelle conclusioni i magistrati scrivono che questi ritardi ammontano ‘dai 3 ai 6 anni circa, a seconda dei singoli lotti’. Considerato che la terza convenzione Regione-SPV prevede una penale di 25.000 euro per ogni mese di ritardo significa che la Regione dovrebbe riscuotere dalla SIS una somma che varia dai 900.000 euro a 1.800.000 euro, cosa che non ha mai fatto.

La Regione apre contenziosi contro cittadini che magari sbagliano di qualche euro la cifra di versamento del bollo auto o la pagano in ritardo, ma si dimentica di riscuotere queste penali milionari: siamo al ‘due pesi e due misure’, ad una Regione forte con i deboli e debole con i forti. C’è poi l’inquietante questione su quanto la Regione del Veneto dovrà sborsare, si tratta di soldi dei veneti non di Zaia, durante i 39 anni di durata della concessione per garantire al privato, il guadagno previsto, in mancanza degli incassi da pedaggio. Una clausola assai poco vantaggiosa per la collettività che però è espressamente stabilita nella terza convenzione, quella firmata da Zaia, tra la Regione Veneto e il concessionario ossia la Sis-Spv. Infatti, come detto sopra, si prevedono 39 quote di canone certe, che partono da 180 milioni l’anno per arrivare anche a 450 milioni l’anno, che la Regione dovrà versare a SIS. Quote che dovrebbe pagare con gli incassi da pedaggio che notoriamente scarseggiano a causa dei pochi veicoli che percorrono la SPV. Il mancato introito da pedaggi ha già costretto la Giunta Zaia a portare in aula un bilancio, approvato lo scorso dicembre dalla maggioranza con il nostro voto decisamente contrario, pubblicato sul BUR del 23/12/2022, che mette a bilancio un primo buco da 65 milioni di euro per il triennio 2023/2025. Per quanto concerne gli esborsi monetari a carico della Regione, scrivono i magistrati a pagina 10,  si era rilevato che gli importi che la stessa era chiamata a corrispondere nel corso dei 39 anni di gestione non erano suscettivi di stima certa nel loro esatto ammontare.

Un altro fattore di straordinaria preoccupazione va ricercato nella sospensione delle opere complementari, vale a dire le opere accessorie necessarie ad immettere o a facilitare la immissione del traffico nella Spv. Indipendentemente dal fatto che si pensi male o bene del progetto, senza quelle opere, che il concessionario è obbligato realizzare per contratto, la Superstrada non funziona. Il fatto che le infrastrutture complementari siano andate nel dimenticatoio, oltre ad aspetti di natura legale che andranno approfonditi, può costituire per la collettività anche un danno economico. In questo senso – osservano i consiglieri – la Corte dei Conti scrive infatti che ‘… nel primo referto si era dato altresì̀ atto che, ad avviso della Sezione, sull’attendibilità̀ e sulla congruità economica delle stime… incideva anche la previsione negoziale della sospensione di alcune opere complementari, confermata dagli esiti dell’istruttoria’. Questo è quanto viene minuziosamente descritto a pagina 12. Nel documento emerge inoltre l’accusa relativa alla mancata restituzione da parte di SIS alla Regione di ben 20 milioni di euro di IVA indebitamente versata alla SIS, 20 milioni di euro dei contribuenti veneti oggi nel conto in banca del privato che mai la Regione ha preteso venissero restituiti. Si prevede insomma lo spettro di una infrastruttura che, a differenza di quanto detto per anni, rischia di non essere auto-sostenibile economicamente sui soli incassi. Un’opera che ha già creato il primo buco e che rischia di creare una voragine: questo lo dicono pure i magistrati al punto 1.6 della relazione. Poiché, per una sciagurata decisione della Giunta Zaia, si è stabilito che saranno le casse regionali, ovvero le tasche dei veneti, a garantire l’eventuale lucro mancato da parte del concessionario, c’è il rischio di doverci abituale all’idea di un aumento delle tasse oppure di un abbassamento dei servizi, specie quelli della sanità pubblica che costituiscono l’impegno maggiore del bilancio veneto, per far fronte a costi che ancora oggi appaiono sinistramente non prevedibili. La vicenda della Pedemontana rischia di diventare una palla al piede che porterà il Veneto a sprofondare e che Zaia lascerà ai suoi successori, rendendo questa Regione un grosso problema per qualsiasi maggioranza che in futuro venisse chiamata dagli elettori a governarla”, concludono i consiglieri regionali del Partito democratico.