Superstrada Pedemontana Veneta, CoVePa: “Da relazione della Corte dei conti emerge un disastro economico con conseguenze sociali”

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SPV, Pedemontana Veneta Breganze Bassano
SPV, Pedemontana Veneta Breganze Bassano

La Superstrada Pedemontana Veneta (SPV) letta alla luce delle condizioni economiche e secondo i rilievi della Corte costituzionale dal CoVePa. Il Coordinamento Veneto Pedemontana Alternativa ritorna sull’argomento sottolineando tutte le criticità, soprattutto economiche, che questa opera reca con sé. Di seguito vi proponiamo in forma integrale quanto raccolto dai portavoce Matilde Cortese, Massimo M. Follesa ed Elvio Gatto.

“Con la delibera 178/2023 la Corte dei Conti del Veneto dell’8 giugno scorso, in 10 punti torna a sottolineare il grave stato di crisi riguardante la situazione della Superstrada Pedemontana Veneta (SPV), capace di riverberarsi in modo catastrofico sulla Regione Veneto e sui suoi conti e sul suo bilancio. I Giudici della Corte nella Relazione allegata alla Delibera n. 178/2023/GEST hanno scritto valutazioni assai gravi. Sebbene i loro scritti mantengano forme istituzionali, ma nella Relazione della Corte si comprende la sentita preoccupazione di chi capisce di bilanci, e l’allarme per questo fuoco che cova sotto la cenere.

La Corte afferma con chiarezza che nessuna criticità sollevata con il referto 2020, risulta definitivamente superata”. Si viene così a determinare un imbarazzante caso per cui l’amministrazione della Regione Veneto e la guida politica nei vari mandati svolti dal Presidente Luca Zaia non ha mai risolto le ripetute questioni poste nel 2015, nel 2016, nel 2018 e nel 2020. Ma soprattutto in questo momento non è applicato il Terzo Atto Convenzionale che prevede penali per 25 mila euro per ogni mese di ritardo dall’apertura, prevista nel settembre 2020. Zaia omette di richiedere e di riscuotere quasi un milione di euro alla società concessionaria SIS e ai Dogliani che la guidano con la loro INC Spa, della quale varrebbe la pena di approfondire la storia prossimamente.

In primo luogo i tempi di realizzazione dell’opera sono continuamente spostati. Dall’annunciata fine di settembre 2020 fatta con la terza convenzione di Zaia, ora si vocifera che forse si avrà l’opera completata per novembre 2023 (in una recente intervista il governatore Zaia ha parlato anche di marzo 2024 in riferimento al Casello di Montecchio Maggiore, ndr). In secondo luogo del Terzo Atto Convenzionale viene fornito un saldo positivo che non tiene conto dei contributi dello Stato, per la Corte sostiene che tra 39 anni vi sarà una perdita di 479 mln di €. In riguardo a ciò manca l’anno in cui i pedaggi saranno in grado di pareggiare il costo del canone di disponibilità: non c’è il Break Event Point. Viene trascurata l’incoerente apertura delle connessioni autostradali con A27, A31 e A4, che dannenggia la viabilità e l’equilibrio dei ricavi. Le perdite già stimate si attestano al 13%. Lo scenario da infarto è il blocco delle cosiddette opere complementari. Mancano così i collegamenti alla rete della viabilità veneta sia libera che a pedaggio. Fallisce anche la cosiddetta condizione migliorativa della viabilità a nord di Treviso e Vicenza. Questo consolida la mancata validità dello studio del piano del traffico del 2017, che viene usato come un alibi. Da anni ormai non si riesce a realizzare la modifica del limite di velocità della SPV da 110 a 130 km/h. La corte ha sottolineato che il consessionario è l’agente della riscossione dei pedaggi, secondo la delega affidatagli dalla Regione Veneto. Fino ad ora SIS non ha ottemperato a tutti gli obblighi contabili nel suo ruolo pubblico, con il deposito di tutti gli atti dovuti e i giudici lamentano che non si sia provveduto a sollecitare gli interessati. Infine la Corte aveva sottolineato che SIS deve restituire i 20.4 mln di€ di IVA che ha indebitamente ricevuto dall’amministrazione regionale.

Oltre a questi punti dolenti, ora emerge il continuo scambio con la Regione Veneto nella primavera appena trascorsa. Lo scambio che la Corte mette in luce non è lusinghiero per Luca Zaia e i suoi vertici, dal momento che appare cristallino il fatto che sono sempre più in difficoltà rispetto alla realtà oggettiva della SPV: non vi sono evidenze del superamento delle criticità a dispetto delle dichiarazioni di facciata secondo i giudici in Riva al Canal Grande. La Corte conferma che i ritardi temporali per completare l’opera si allungano, che l’aumento della velocità di percorrenza non è raggiunto nemmeno in questi ultimo otto mesi di governo con Salvini e i veneti che Zaia gli ha piazzato a fianco. Emerge inoltre che si sono in corso ancora nuovi studi sui flussi di traffico, per far risorgere quello morente in SPV. Viene dettagliato che i conti giudiziali 2019 e 2020 sono stati depositati ma non quelli del 2021 e 2022 e che il concessionario non ha restituito l’IVA e l’Avvocatura Regionale agirà per interrompere i termini della prescrizione e per attivare recupero coattivo. La Corte inoltre spiega che lo Stato di Avanzamento dei Lavori al 30 novembre 2022 ammonta a 1.7 MLD di euro superiore al 98% di quelli totali. Vengono esaminati i collaudi delle opere attesi per luglio 2023, dai quali si comprende che potrebbero slittare a novembre 2023 o a febbraio 2024 se la Superstrada Pedemontana Veneta dovrà attendere la verifica delle varianti relative all’interconnessione con A4. In questa analisi di giugno 2023 il blocco totale dell’iter delle opere complementari è ormai definitivo come pure quello dell’aumento della velocità di percorrenza, oltre a quello della la causa per il recupero dell’IVA da 20 ML di euro che risulta in alto mare.

Il tema principale della Relazione è la mancata applicazione delle penali di 25 mila euro al mese, per i ritardi della SIS nella consegna dell’opera. Il Terzo Atto Convenzionale prevedeva la fine dei lavori per il 20 settembre 2020. I ritardi sono stati giustificati dai Dogliani invocando le interruzioni dovute alla pandemia, ma dai dati forniti al SILOS della Camera dei Deputati dagli stessi funzionari della Regione Veneto, le interruzioni per COVID ammontano a soli 48 giorni. Si sono poi appellati alle difficoltà di approvvigionamento delle materie prime, ma c’è da chiedersi perché il più grande cantiere d’Italia, come lo chiamano, aperto dal 2011, non sia in grado di fare magazzino e avere una programmazione di acquisti oculata. La Regione Veneto asserisce che rispetto alle decine mesi di ritardo, richiederà quanto dovuto con un verbale specifico alla consegna dell’opera. Qui sta il punto: La Corte dei Conti censura la Regione, in quanto non applica quanto scritto nella atto di convenzione in vigore dal 2017. Infatti la Corte ricorda che il recupero delle penali, doveva essere fatto per ogni ritardo rispetto alla singola scadenza contrattuale e alla consegna con collaudo delle relative tratte aperte. Su questa base si rivoluziona il tema della SPV che si prepara a diventare l’ennesimo contenzioso ma modificato per natura e per valore economico tra concedente e concessionario. Si deve ricordare che il primo termine violato risale al 31 dicembre 2018. Poi se prendiamo ad esempio la connessione con A27 si registrano 3,5 anni di ritardo, in base alla convenzione del 2017, contraddicendo la comunicazine della Regione Veneto, che fa i conti senza l’oste, asserendo nell’aprile 2023, che quella connessione avrebbe solo un anno di ritardo.

La Corte sottolinea in modo aspro e amaro che i ritardi si allineano tra i tre e i sei anni sulla base dei lotti consegnati, e che il piano del traffico è inattendibile. È una affermazione drammatica, poichè sulla base di questo piano è stato approvato il progetto di finanza di SPV e sono stati esproriati case e terreni per un progetto che non ha basi economiche attendibili. Scoprire ora, con la certificazione della Corte dei Conti, che eravamo nel giusto a contestare la falsa emergenza e la falsa natura economica del progetto di finanza di SPV, è una magra soddisfazione. Siamo i testimoni di come un processo decisionale non lineare e chiuso alle critiche e ai contributi, stia producendo un danno anche a chi non ha perso le proprietà per la costruzione della Pedemontana Veneta, al Veneto intero. La Corte dei Conti certifica l’assenza di ogni congruità finanziaria del Terzo Atto Convenzionale del 2017, forse per questo Zaia volle condividerlo con tutti i consglieri di maggioraza che lo votarono in Consiglio Regionale. La Corte poi conclude stabilendo che la progettazione dei flussi di traffico è ancora in corso con nuovi studi e nuove valutazioni con il MIT di Salvini per l’aumento della velocità massima ammessa in SPV.

Tutto ciò lo avevamo puntualmente sollevato da moltissimo tempo, non solo dal CoVePA, ancora in tempi non sospetti. I vertici della Regione con in testa Luca Zaia, le forze politiche che lo sostengono, i potentati prenditoriali che lo esprimono e anche parte di quelli che apparentemente lo avversano, hanno voluto procedere lo stesso con un’opera faraonica perfettamente inutile. La Superstrada Pedemontana Veneta non è stata costruita per il reale flusso di traffico delle aree a nord di Vicenza e Treviso, ben lontane dall’essere un corridoio internazionale. È l’asse di penetrazione per una operazione di trasformazione socioeconomica, dove l’edificazione speculativa, indistinta e diffusa viene rafforzata proprio dalla infrastruttura, il contrario delle previsioni fatte da ogni sorta di esperti. Quello che è il vero disastro della Superstrada Pedemontana Veneta è la tara che si è caricata direttamente sui bilanci pubblici della Regione e dello Stato: il rischio di gestione miliardario della SPV. Proprio dal 2023 prende il via il pagamento del canone di disponibilità, un versamento in media di oltre 300 milioni di euro all’anno, per 39 anni, per pagare il conto economico del Terzo Atto Convenzionale al concessionario SIS. Su questo ricade il solo rischio di costruzione dell’opera. Un capolavoro che impoverisce i veneti nei loro servizi sociali e sanitari a vantaggio di una sanità privata aggressiva. Si tratta di una speculazione e che ha premiato i furbetti che l’hanno ideata, con una capovolta giuridica in violazione di ogni direttiva europea sulla progettazione di finanza e sul rischio bancario nelle iniziative congiunte tra pubblico e privato. In conclusione, riservandoci di segnalare il danno erariale incombente, riteniamo che quanto prima si prenderà coscienza dell’impossibilità di sostenere una situazione finanziaria, come emerge dalla relazione della Corte dei Conti, prima saremo in grado di agire con le oppurtune e indispensabili contromisure. Non possiamo aspettare i dieci anni che invoca Zaia per capire come andranno le cose. Sembra più un tempo per consentirgli di dileguarsi dopo aver creato un disastro con le sue convenzioni del 2013 e del 2017. Se accettassimo i 10 anni che invoca ad ogniuno che gli mette un microfono davanti alla bocca, avremo minori servizi sociali, avremo la perdita del sistema sanitario pubblico e saremo costretti a mettere tasse su base IRPEF, non per il sistema sanitario e sociale allo stremo, basti pensare al caso PFAS, ma per pagare un’impresa privata come la Superstrada Pedemontana Veneta“.

Matilde Cortese Massimo M. Follesa Elvio Gatto portavoce CoVePA