Per Matteo Salvini la Lega raccoglie i valori di Enrico Berlinguer: mendace e volgare propaganda!

97
Matteo Salvini esibisce il Rosario in una delle sue esibizioni
Matteo Salvini esibisce il Rosario in una delle sue esibizioni

Sconcertante. Matteo Salvini  va in televisione e, a una domanda sulla nuova sede della Lega in via delle Botteghe Oscure (vicino a quella che fu la sede nazionale del PCI) afferma: “I valori di Berlinguer sono stati raccolti dalla Lega“. Esponenti del PD, che vengono definiti “eredi del PCI”, si indignano.

Ora, abbiamo visto di tutto, ma questo è veramente sconcertante. Con quale coraggio si può utilizzare la figura di Enrico Berlinguer per quella che è una mendace e volgare propaganda?

Sia chiaro qualche concetto. Berlinguer era Comunista, i suoi valori erano quelli contenuti nella Costituzione antifascista del 1948 e l’articolo 3 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” dove sono riassunti i valori e i principi che Berlinguer e il PCI seguivano.

Per il PCI, infatti, tutte le persone dovevano (e devono) avere gli stessi diritti. I lavoratori erano (e sono) il motore del Paese e lo dovrebbero dirigere. Lo Stato doveva (e deve) essere protagonista dello sviluppo del Paese, le imprese dovevano (e devono) mantenere uno scopo sociale, i settori strategici dell’industria e dell’economia dovevano (e devono) essere di proprietà e gestione sociale, la sanità e l’istruzione dovevano (e devono) essere pubblici.

Berlinguer e i comunisti avevano denunciato (e continuano a farlo) come la l’occupazione delle Istituzioni da parte di partiti ormai diventati comitati d’affari, fosse il problema principale del nostro Paese. Questa deriva democratica è la “questione morale” che tanti danni ha portato al nostro paese e che, ancora oggi, trionfa.

Questi erano i valori di Berlinguer e del PCI.

Ora, di cosa può parlare e che eredità può rivendicare Salvini, il capo di un partito (la Lega) che deve ridare allo Stato (quindi alla collettività) 49 milioni di euro impropriamente trattenuti (e “spariti” chissà dove)? Di che valori si può parlare quando tra chi lo sostiene ci sono formazioni nazifasciste come CasaPound?

E, d’altro canto, cosa possono rivendicare gli esponenti del PD (e anche di quella sinistra che, se a qualcuno può apparire estrema, è abituata a criticare chi fu Berlinguer rinnegando la storia del PCI) capaci di richiamarsi al PCI e a Berlinguer solo quando fa loro comodo?

Perché, ricordiamoci, il PD non ha nulla da spartire con il PCI di Berlinguer. I suoi esponenti ne hanno rinnegato qualsiasi legame tanto da votare in Parlamento Europeo una mozione che equipara nazismo e comunismo.

Le scelte di Salvini, della Lega, del PD sono nel campo di confindustria e dei padroni. Da tutt’altra parte rispetto a quella di Berlinguer e del PCI. Loro non lottano per organizzare i lavoratori a dirigere il paese. Li ostacolano perché sono perfettamente integrati nel sistema capitalista e sono acerrimi nemici di chi, in Italia e nel mondo, cerca una strada alternativa al modello di sviluppo imperante. Per loro Comunismo e Socialismo sono ideali da cancellare.

Allora, si lascino stare grandi persone come Enrico Berlinguer, compagni di altissima levatura che hanno fatto dell’onestà e degli ideali una ragione di vita. Si vergognino di utilizzare i loro nomi per bieche e ignobili campagne propagandistiche.

Anche stravolgere la realtà e piegarla a interessi di bottega fa parte di quella “questione morale” che affligge il nostro paese.


Clicca qui se apprezzi e vuoi supportare il network VicenzaPiù

Articolo precedenteTav, Gruppo M5S: “ministra De Micheli promette a Zaia quella veneta: si domandi di chi sta facendo gli interessi”
Articolo successivoIl direttore di VicenzaPiù al “capogruppo (unico?) in consiglio comunale a Schio”: fuorilegge chi non si riconosce nella Costituzione antifascista
Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.