
Dopo Renzo Masolo (consigliere regionale AVS), il primo, e Raffaele Colombara (consigliere comunale Per una Grande Vicenza) oggi anche il gruppo di Fratelli d’Italia lancia l’allarme sui Pfas a Vicenza nei cantieri Tav Tac titolando la nota (scaricala per intero da qui): «Accesso agli atti immediato nell’interesse della salute pubblica. Ogni giorno di silenzio aumenta il rischio per i cittadini», dimenticando, però, forse distratti dalla cronaca soft del GdV, che il problema non sono gli atti (sono pubblicati sull’Albo pretorio del Comune) ma le prescrizioni e i controlli di attività valutate pari a 1,5 milioni di euro, che, come ci dice il collega Marco Milioni, il quale con la sua salacia si occupa anche oggi della questione, “non bastano a filtrare neanche i sifoni di un certo numero di WC…”.
Comunque, dopo il warning di Masolo, soprattutto politico in funzione anti Zaia (così da rimanere all’enunciazione teorica del problema che riguarda ora il Comune e al Provincia di Vicenza e le loro attività), la sollecitazione del solito don Chisciotte Colombara e l’atto di presenza dei Fratelli d’Italia, è la segreteria provinciale di Vicenza di Rifondazione Comunista a intervenire con più decisione (e franchezza) sulla questione della contaminazione da Pfas nella prima falda acquifera di Vicenza, che per primo, come il PRC evidenzia, Vipiu.it ha portato all’attenzione. Riportiamo, quindi, di seguito il comunicato di Rifondazione, che denuncia in particolare il silenzio delle istituzioni cittadine e nazionali e richiede interventi concreti per affrontare la situazione.
PFAS a Vicenza: basta silenzi e complicità, la salute non si baratta
La recente notizia della contaminazione da PFAS nella prima falda acquifera di Vicenza – emersa solo grazie all’indagine giornalistica di ViPiù (“PFAS nella prima falda a Vicenza: documento ufficiale datato 29 luglio rivela contaminazione, ma senza la necessaria evidenza pubblica“), sulla base di un documento nascosto tra le pieghe dell’albo pretorio comunale ( scarica il documento con tutti i dati e le tabelle da qui) è un fatto di estrema gravità.
Grave non solo per i dati, già allarmanti, che confermano superamenti delle soglie di contaminazione in diversi punti della città, ma soprattutto per il silenzio colpevole delle istituzioni, che hanno scelto di non informare immediatamente la popolazione.
L’articolo del Giornale di Vicenza apparso il 12 agosto mostra inoltre un’inquietante continuità con il silenzio e l’attenuazione del problema da parte delle istituzioni.
L’articolo, infatti, parla di “regole fissate” per lo smaltimento delle acque contaminate, ma non entra nel merito del rischio reale per la salute, limitandosi a spiegare che per i PFAS “non esiste ancora una soglia di legge”, come se questo potesse farci stare tranquilli.
È esattamente questo atteggiamento di minimizzazione, questo “nascondere la polvere sotto il tappeto”, che deve essere denunciato alla cittadinanza e per questo ringraziamo il direttore di ViPiù, a cui va tutta la nostra solidarietà, che per primo ha fatto emergere con la sua indagine giornalistica la pochissima volontà delle istituzioni di scoperchiare questo enorme problema ambientale.
La mancanza di una soglia legale non deve essere un alibi per il silenzio o per non prendere misure drastiche, o per tranquillizzare i cittadini, ma deve essere un motivo in più per la massima precauzione, per la trasparenza e la mobilitazione immediata, per un lavoro approfondito di indagine giornalistica. Qui non si tratta di “allarmismo”, ma di tutela della salute pubblica, di diritto all’acqua pulita e sicura per tutti.
Ricordiamo che la falda superficiale interessata è parte di un sistema complesso e interconnesso, e la presenza di PFAS è solo la punta dell’iceberg di una contaminazione già giudicata gravissima da una sentenza penale storica.
Parliamo di acqua: bene comune e diritto umano fondamentale. Parliamo di un territorio, il nostro, già tra i più contaminati al mondo da PFAS, dove migliaia di persone hanno nel sangue sostanze altamente pericolose per la salute.
Parliamo di un territorio già segnato da una sentenza del Tribunale di Vicenza che ha condannato a 141 anni complessivi di reclusione gli 11 manager della Miteni, responsabili del più grave disastro ambientale della storia veneta. I responsabili di questa apocalisse ambientale hanno un nome, un volto e ora anche una condanna.
La gestione di questa vicenda, da parte delle istituzioni e delle aziende, è l’ennesima prova di un modello di sviluppo che sacrifica salute e ambiente sull’altare di grandi opere e interessi economici di pochi.
Il cantiere TAV, aperto in un’area già segnata dal disastro Miteni, è un’operazione a dir poco irresponsabile, che rischia di aggravare ulteriormente e in maniera irreversibile la situazione.
Invece di chiudere gli occhi o limitarsi a prescrizioni “restrittive” sulle acque di scavo, le istituzioni locali e nazionali devono rispondere subito a queste domande che ancora attendono risposte chiare:
– Chi ha nascosto la contaminazione per settimane, negando ai cittadini il diritto di sapere?
– Perché si procede con i cantieri TAV in un’area non bonificata?
– Quali garanzie ci sono che i lavori del TAV non peggioreranno la contaminazione o non diffonderanno PFAS nelle falde più profonde, utilizzate per l’acqua potabile, con il rischio concreto di aggravare il disastro ambientale? Si faranno analisi e controlli anche nelle falde più profonde?
– Se la prima falda era già nota come contaminata, perché non è stato predisposto un piano di prevenzione prima dell’avvio del cantiere TAV?
– Chi controlla l’efficacia del trattamento delle acque di cantiere e con quale frequenza i risultati vengono resi pubblici?
– Quali controlli indipendenti sono attivi, con quali risultati, e con quale trasparenza?
– Chi pagherà la bonifica? Ancora una volta i cittadini?
Chiediamo inoltre con forza:
– Pubblicazione immediata e costante di tutti i dati aggiornati, con accesso pubblico e semplice.
– Avvio senza indugi di un biomonitoraggio sanitario della popolazione esposta, anche con il coinvolgimento delle università e degli enti sanitari.
– Sospensione immediata dei lavori nei cantieri TAV nelle zone contaminate fino a completa e verificata bonifica.
– Creazione di una commissione indipendente, con cittadini e comitati, che possa esercitare un reale controllo sugli interventi.
– Un’informazione chiara, puntuale e onesta da parte di tutti i media, senza censure né minimizzazioni, perché i cittadini hanno il diritto di conoscere e decidere.
Il silenzio, la complicità e l’inerzia sono responsabili quanto la contaminazione stessa. Rifondazione Comunista continuerà a denunciare e a lottare per la verità e la salute pubblica, senza sconti a nessuno.
La salute non si baratta con nessun interesse economico o elettorale.
Segreteria Provinciale
Partito della Rifondazione Comunista – Vicenza