“Piccole notizie” da paesi occidentali: a proposito della trasparenza delle informazioni della Cina sul Coronavirus…

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Stars and Stripes e la
Stars and Stripes e la "riservatezza" delle notizie sul Coronavirus dei soldati Usa

In questi giorni si parla tanto della presunta mancanza di notizie dalla Cina sull’insorgere dell’emergenza Coronavirus. Si insinua che, certamente, i numeri diffusi sul contagio da coronavirus sono troppo bassi.

Intanto, nel paese definito la “più grande democrazia” del pianeta succede questo (fonte “Stars and Stripes”, quotidiano distribuito nelle installazioni militari USA in Europa e Sus Est Asiatico):

WASHINGTON – Il Dipartimento della Difesa ha ordinato ai comandanti di tutte le sue installazioni in tutto il mondo di smettere di annunciare pubblicamente nuovi casi di coronavirus tra il loro personale, dopo che il Pentagono ha detto lunedì che oltre 1.000 militari statunitensi si erano state ammalate dal virus.

Come ha dichiarato lunedì Jonathan Hoffman, portavoce principale del Pentagono, l’ordine emesso venerdì dal segretario alla Difesa Mark Esper ha lo scopo di proteggere la sicurezza operativa delle installazioni del Dipartimento della Difesa nel mondo. Hoffman ha affermato che i leader del Dipartimento della Difesa temono che gli avversari possano sfruttare tali informazioni, soprattutto se i dati mostrano che lo scoppio ha avuto un impatto sulle forze nucleari statunitensi o su altre unità critiche.

Ed è di oggi questa notizia (fonte RaiNews):

Rai News e Coronavirus by Usa
Rai News e Coronavirus by Usa

I marinai a bordo della portaerei nucleare USS Theodore Roosevelt hanno salutato con un lungo applauso il loro capitano, Brett Crozier, mentre sbarcava per l’ultima volta dalla nave, dopo essere stato rimosso dall’incarico per aver difeso i suoi uomini contro la pandemia del Covid-19. In un video, si vedono i soldati che gli rendono silenziosamente omaggio con il saluto militare e, quando raggiunge la passerella della nave, si lasciano andare in un lungo applauso urlando il suo nome, “Captain Crozier, Captain Crozier”, nonostante ormai lui fosse un ex. “Non siamo in guerra. I marinai non devono morire”, aveva scritto il capitano, nella lettera in cui chiedeva che l’equipaggio fosse sbarcato perché c’erano stati casi di contagio a bordo. Ma il ministro della Marina, Thomas Modly, non ha gradito: “Non siamo in guerra nel senso tradizionale della parola, ma non siamo nemmeno completamente in pace”, ha spiegato, annunciandogli il benservito. In difesa di ‘captain Crozier’ è sceso in campo anche Tweed Roosevelt, pronipote del leggendario presidente americano: con un editoriale sul New York Times, ha scritto che “Captain Crozier è un eroe e il mio bisnonno sarebbe stato d’accordo”. La portaerei americana, fiore all’occhiello della Marina degli Stati Uniti, è soprannominata il ‘grande bastone’ e ha un’autonomia praticamente illimitata.

Comportamenti alquanto discutibili per una democrazia (ma verrebbe da dire, “presunta tale”). Ordine di non dire i numeri della diffusione del contagio tra i militari statunitensi di stanza all’estero (a proposito, si può sapere quanti sono i militari USA contagiati in Italia e come vengono curati? O è segreto di Stato?), licenziamento di un capitano che voleva difendere il suo equipaggio dal coronavirus e salvare loro la vita.

Un’altra notizia (fonte blitzquotidiano.it) arriva dalla Francia, altra “culla della democrazia”:

“Su un canale francese, LCI, ieri, quindi, giovedì 2 aprile, alcuni medici francesi hanno parlato della situazione coronavirus in Africa. Ospiti in studio c’erano Jean Paul Mira, capo del servizio di rianimazione dell’Ospedale Cochin di Parigi e Camille Locht, direttore dell’Inserm, l’Istituto di ricerca francese. I due medici si sono lasciati scappare alcune frasi come “Lì non hanno nemmeno mascherine e rianimatori” o “Si potrebbero fare degli studi come quelli sull’AIDS sulle prostitute”. I due medici poi hanno anche aperto alla possibilità di sperimentare il vaccino in Africa.

Alle dichiarazioni inqualificabili dei due medici si dovrebbe restare, per lo meno, attoniti e indignarsi (ci sono state le dichiarazioni molto dure di calciatori africani come Eto’o e Drogba e poco altro). Invece siamo di fronte al silenzio sostanziale dei mezzi di comunicazione. Sembra quasi che una pelosa e vergognosa autocensura sia calata su questa aberrante proposta. Forse è meglio non sapere e forse, quella espressa, non è poi una folle proposta lontana dalla realtà.

Bisognerebbe affermare che c’è da vergognarsi di quanto dichiarato dai due medici. Bisognerebbe anche chiedersi se persone di tal fatta siano persone, esseri umani. Voglio ancora sperare che il silenzio sostanziale forse non copra una verità. Che sia soltanto il credere che queste siano notizie che non interessano. Che sia soltanto indifferenza. Una tragica e inumana indifferenza. Vorrei sperare … ma credo che queste “proposte” siano la punta dell’iceberg di un “pensiero” tradizionale e ancora oggi molto diffuso secondo il quale la civiltà occidentale sia superiore a tutte le altre. Che, soprattutto, i paesi e i popoli più poveri possano e debbano essere trattati in maniera discriminatoria.

Sperimentare i vaccini non è un “regalo” né un questo di solidarietà. È il credere che certe persone valgono meno di altre (di noi che viviamo in condizioni migliori). Certamente, con queste affermazioni, si dimostra di avere una buona dose di inciviltà, di razzismo, di odio verso “gli altri”, i più poveri, i “meno fortunati”. E il silenzio politico-istituzionale che copre queste proposte è indice di complice indifferenza. La convinzione che sia proponibile e, in definitiva, giusto sperimentare su chi è diverso (per colore della pelle, ricchezza o altro) è’ la solita, vecchia mentalità colonialista che è ancora troppo radicata nella parte del mondo nella quale viviamo. La stessa mentalità che ci fa credere supeiori e che fa si che le “civiltà occidentali” siano portatrici di democrazia anche quando portano guerra, distruzione morte a interi popoli considerati inferiori o barbari. Guardiamoci allo specchio, siamo noi i barbari.

La sperimentazione dovrà essere fatta per scoprire un vaccino adatto a debellare il coronavirus, ma perché non farla usando come “cavie” gli sfruttatori occidentali, i loro leader democratici? Così, tanto per dare l’esempio.

Queste tre notizie non hanno certo avuto lo stesso risalto che hanno avuto altre (all’inizio si faceva riferimento ai numeri del contagio in Cina). Forse sono meno importanti, forse ci si prepara al dopo con una recrudescenza della guerra commerciale con Cina e altri paesi. Una nuova divisione in blocchi che fa a pezzi la solidarietà tra i popoli e le nazioni che potrebbe essere un effetto positivo della fine della pandemia. Quella solidarietà che Cina, Russia, Albania, Cuba e Vietnam ci stanno dando concretamente e che si stenta a percepire da parte di quei paesi che, sulla carta, dovrebbero essere nostri alleati (e di una Unione Europea troppo, o solo, attenta all’aspetto finanziario per essere realmente utile e unita ai popoli che sono in maggiore difficoltà).

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.