Processo BPVi, c’è Barbagallo (ex Bankitalia, ora Santa Sede). In aula nessuno affonda la lama, un lettore e Schiavon lo fanno: è come Ustica

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Banca d’Italia non è sul banco degli imputati nel processo BPVi e non lo sarà in quello, se e quando ci sarà, e sarebbe giusto che non ci fosse se si vuole scaricare tutto solo su Vincenzo Consoli, per Veneto Banca: noi la pensiamo così per filosofia cioè “amore della sapienza” e della scienza o dei “dati” che dir si voglia…

L’assenza su quel banco sarebbe un’anomalia in un paese moderno in cui il ruolo di una finanza trasparente dovrebbe essere alla base di uno sviluppo credibile del sistema economico, anche se magari criticabile secondo linee di pensiero più attente al singolo uomo inteso come persona e non come entità da spremere prima nel lavoro, smart o hard che sia, e poi anche nei risparmi.

Ma l’Italia non sappiamo più che paese sia tra scandali a ripetizione che toccano ogni settore e comportamenti oscuri, da tempo anche nella magistratura, che avvolgono nascondendoli quegli scandali o ne sono l’humus su cui si impiantano.

La testimonianza da “fuoco di paglia al processo BPVi (qui il video integrale) di Carmelo Barbagallo (ex capo del Dipartimento Vigilanza della Banca d’Italia e ora responsabile dell’AIS, Autorità di informazione finanziaria vaticana) è un esempio dell’oscurità scandalosa che avvolge non pochi casi drammatici dell’Italia moderna, nella fattispecie i flop delle due banche del nord est insieme a quelli dei quattro istituti del centro e centro nord della Penisola e l’azzeramento con la conseguente morte economica di centinaia di migliaia di risparmiatori soci di quelle banche su cui doveva vigilare Bankitalia.

Ci sta (per modo di dire) che Carmelo Barbagallo, il dominus di quella Vigilanza, non abbia voluto rilasciare dichiarazioni alla stampa fuori dall’aula di Borgo Berga così come mai aveva voluto rispondere alle nostre domande sull’audio dell’incontro in via Nazionale a Roma, in cui dava indicazioni sulla possibile fusione tra le due ex Popolari venete all’allora presidente della BPVi, Gianni Zonin, e al suo omologo in Veneto Banca Flavio Trinca (vedi anche “Processo BPVi, Barbagallo testimone: anche su fusione BPVi – Veneto Banca mai ‘spinta’ da Bankitalia? Trinca: c’è audio, ‘è un disonesto’“).

Ma non ci sta o, per lo meno, ci lascia perplessi che difese e accuse del processo BPVi a Vicenza non abbiano dato l’impressione di voler scalfire le affermazioni di Barbagallo, alcune delle quali smentite, oltre che dall’audio e dai documenti, da vari altri testimoni tra cui i suoi ispettori.

Quelli che col cappello di Banca d’Italia vedevano tutto rosa a Vicenza e tutto nero a Montebelluna ma che poi, indossata la livrea della Bce, Emanuele Gatti uno su tutti, si accorgono dell’enormità delle baciate per un miliardo e cento milioni di euro non dedotte dal patrimonio di vigilanza della BPVi mentre per l’evidenza, tra l’altro contestata, di 150 milioni di finanziamenti correlati avevano messo in ginocchio Veneto Banca con “i manganelli” di Via Nazionale presentati da media compiacenti come le spade dei Crociati.

Non ci sta che le tre ore di deposizione di Barbagallo non siano servite neanche a smuovere la polvere che copre le perplessità su Bankitalia e ce lo dicono, tra i tanti, in due con particolare efficacia.

Uno, sintetico, è un lettore di VicenzaPiu.com “informato sui fatti”, che ci scrive: «Direi che “Pinocchio” Barbagallo non ha perso il vizio di raccontare false verità ora anche in tribunale al processo BPVi… come già accaduto alla prima Commissione Regionale e alla Commissione nazionale di inchiesta sulle banche pilotata da Casini. La registrazione di Trinca e’ una prova… Gatti capo team Bce in ispezione a Vicenza dice a Zonin e Sorato che le baciate fatte sono talmente evidenti che non è possibile non vederle. Sa cosa è mancato in queste aule? Qualcuno che gli dicesse: lei dott Barbagallo mente spudoratamente… queste sono le prove, già raccolte e agli atti. Gli avvocati e le toghe presenti non hanno saputo, o voluto, affondare. E questa figura (omissis) se ne esce ancora con il sorriso. Ho visto poche figure (omissis) così…».

L’altro, più analitico, è Giovanni Schiavon, non uno qualunque, ma uomo di legge (è stato presidente del tribunale di Treviso) e di banca (è stato vice presidente di Veneto Banca dopo le manganellate di Banca d’Italia e mai sospettato di qualcosa di meno che lecito).

Schiavon ci scrive paragonando il dramma, per ora irrisolto di Veneto Banca, con quello epocale di Ustica in cui nello sfondo si muovono servizi segreti di certo pratici anche delle stanze vicine a quelle della Popolare di Vicenza, con la targhetta Banca Nuova.

«Sono passati quaranta anni dalla tragedia di Ustica. Il mistero è ancora fitto e i veri responsabili della tragedia sono rimasti ignoti. Ma non è l’unico caso, perché l nostro Paese è abituato ai misteri, riferiti a stragi o ad opachi intrecci nel mondo economico e finanziario. Tra questi mi pare ormai d’obbligo inserire il calvario di Veneto Banca (nella quale io, già presidente del Tribunale di Treviso, ho avuto l’onore di ricoprire il ruolo di vice presidente ancorché per brevissimo tempo), ma anche di Banca Popolare di Vicenza.

Ho letto un recente articolo su “la Repubblica di Bari”. Il giornale scrive che   la Procura di Bari sta indagando per verificare i comportamenti dei controllori.

È un fatto – scrive il giornalista Giuliano Foschini – che gli Iacobini avessero ottimi rapporti con alcuni dei più alti dirigenti di Banca d’Italia. Si legge ancora che l’ex amministratore delegato, Giorgio Papa parla di “rapporti stretti” fra Iacobini e l’ex capo della Vigilanza di Banca d’Italia, Carmelo Barbagallo.

Nei giorni scorsi l’ex presidente della Banca Popolare di Vicenza, Zonin, ha fatto dichiarazioni spontanee nel processo BPVi che lo vede imputato a Vicenza. Fra l’altro afferma che, su indicazione precisa della Banca d’Italia, erano state avviate trattative per l’incorporazione di Veneto Banca nella BPVi. Ricorda ancora l’incontro a Roma con il governatore Visco e il capo della Vigilanza Carmelo Barbagallo che durò circa 2 ore e mezzo in cui gli fu dato esplicitamente l’input di incontrare gli esponenti di Veneto Banca.

Quanto precede coincide perfettamente con le dichiarazioni del presidente di Veneto Banca rese e verbalizzate nel cda del 14 gennaio 2014. Coincide anche con quanto risulta dalla registrazione di un incontro di Zonin (fatta a sua insaputa) con il direttore Generale di Banca Nuova dr. Cauduro.

Il governatore Ignazio Visco e il capo della Vigilanza di Banca d’Italia dott. Carmelo Barbagallo nel corso delle audizioni in commissione parlamentare sulle banche hanno smentito questo incontro. La vicenda è molto delicata, perché tocca una delle Istituzioni più importanti del Paese. Mi auguro  che venga fatta la massima chiarezza da parte della Magistratura, ma anche che si possa contare su un più  significativo impegno della  politica e delle Istituzioni per dipanare i tanti lati oscuri della vicenda, della quale mancano all’appello tante verità.

Ho riletto l’audizione del 2 novembre 2017 del dr. Barbagallo alla commissione parlamentare d’inchiesta nonché quella del 19 dicembre 2017 congiuntamente con il governatore Visco.

Le contraddizioni, le mancate risposte, le incertezze, le inesattezze e le difese d’ufficio sconcertano, lasciano l’amaro in bocca e fanno aumentare i dubbi su quanto accaduto e richiedono che venga fatta finalmente piena luce sulla caduta di Veneto Banca.

Concordo con quasi tutti gli interventi, le considerazioni e le domande fatte all’epoca dagli onorevoli al dr. Barbagallo.

Voglio richiamarne due in particolare.

Onorevole Sibilia:

“… A me sembra che ci sia una situazione di controllo e di induzione del sistema bancario piuttosto che di vigilanza. Penso ci sia un’induzione a dare direttive precise per far andare il mercato bancario, o meglio le istituzioni bancarie italiane in una certa direzione.”

E ancora.

“Ho la sensazione che ci sia stata un’operazione di induzione di una fusione, tra l’altro scegliendo, tra le due, la banca più debole, BPVi, che si andava a rafforzare con il patrimonio dell’altra banca più forte, Veneto Banca, facendo fare alla Banca Popolare di Vicenza la parte del leone”

Onorevole Brunetta:

“Dunque, senza data room, con improbabili partecipanti alla gara, con quell’euro versato mezzo e mezzo per le 2 banche, a completamento di una storia oscura, in cui tutti abbiamo perso… Io parlerei piuttosto di procedura oscura, opaca, frettolosa e iniqua”

Alla luce anche del recente scandalo “Palamara”, vorrei richiamare l’attenzione su un ultimo aspetto: come mai, per Veneto Banca, l’indagine giudiziaria è stata svolta dalla Procura della repubblica di Roma, che (solo in questo caso) ha “preteso” l’avocazione a sé dell’inchiesta e il trasferimento di tutti gli atti, mentre per la Popolare di Vicenza e per le stesse ipotesi di reato, non ha mai dubitato della competenza dei magistrati della città berica? E perché mai la restituzione degli atti a Treviso è avvenuta non immediatamente ma solo dopo che la stessa Procura di Roma ha svolto direttamente non pochi importanti accertamenti tecnici, pur senza essere competente ad eseguirli, come molti avevano segnalato e come poi è accaduto?

Anche questi trasferimenti di atti hanno contribuito ad ingenerare non pochi dubbi e sospetti».

Giovanni Schiavon

già presidente del Tribunale di Treviso


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