Spalletti esonerato, previsioni rispettate

48

Spalletti esonerato. Previsioni rispettate. Torno indietro di una vita – settant’anni e passa – quando ai pezzi si dava spesso il titolo di un film. Nella fattispecie: SIAMO TUTTI ASSASSINI. Ovvero complici di una ultradecennale disfatta, cacciati dai Mondiali di Russia nel 2018, da quelli del Qatar nel 2022, vittime dello spallettismo agli Europei del 2024 e l’altra sera della Norvegia che ci fa tremare all’ipotesi di saltare il Trimondiale del 2026 senza aver mosso penna. Come se l’Azzurro dello scudetto del Napoli fosse due stagioni fa promotore dell’Azzurro-Italia. Fatemi prende fiato. Andrè Cayatte – regista e avvocato – trattava di autentici criminali ma offrì ai titolisti dei giornali una gustosa metafora, proprio mentre Jean Paul Sartre, filosofo, scrittore impegnatissimo, sorprendeva il colto e l’inclita con una sua battuta ancor più famosa: “Il calcio è metafora della vita”. Dopo la lezione di Bartali, i francesi si erano buttati sul pallone. Come l’algerino Camus, premio Nobel come Sartre (che lo rifiutò):”Quel poco che so della morale l’ho appreso sui campi di calcio”. Oltralpe giocavano un calcio per eletti – e colti – inventandosi la Coppa Rimet, il Campionato d’Europa, France Football, il Pallone d’Oro: senza nulla vincere, esaltando Just Fontaine quando nel ’58, ai Mondiali di Svezia, mentre esordiva Pelè, era diventato capocannoniere con 13 gol. Molti anni dopo arrivò Platini e cambiò tutto. Mentre in Italia saliva un calcio “ignorante” – niente filosofia, almeno fino a Scopigno, per scherzo – affidato ai tecnici/personaggi esperti come Viani, Rocco, Bernardini e la Nazionale promuoveva gli allenatori del parastato, quelli come Valcareggi, nato a Coverciano, e come lui Maldini, Zoff, Vicini, tanto esperti quanto risparmiosi. Si chiamavano CT, commissari tecnici. Selezionatori. Era “parastatale” – nel frattempo- anche Enzo Bearzot che nel ’74 si portò dietro Giovanni Arpino e anche un pò di cultura. Ma questa è un’altra storia. Finchè arrivò Sacchi, allenatore dell’Italia e si autonominò – da professionista – vicecampione del mondo. Mutando anche il linguaggio dei giornalisti. In principio era anche il Verbo – la parola – il tempo in cui certi giornalisti come Brera, Zanetti, Bardelli, Ghirelli, Del Buono e Barendson “suggerivano” la Nazionale ai Ct ottenendo risultati e pernacchie come quando per anni s’azzuffarono per Rivera e Mazzola. Fortuna volle che la palla capitasse poi in Germania a Marcello Lippi, allievo del grande Bernardini, e ancora dal 2006 dentro e fuori dal Mondiale, sconfitti in presenza o in assenza, salvo la stagione del mister/coach Roberto Mancini, la vittoria europea e il caos.
Prima di arrivare al pateracchio-Spalletti (finto anno sabbatico, finto invito a sorpresa a indossare la tuta azzurra, accordi presi mentre il Napoli festeggiava lo scudetto) ripensai al tecnico del parastato suggerendo a Gravina il nome di Alberto Bollini – un cinquantenne attivato con successo nel mondo di Coverciano con l’Italia Under-20 nel 2021-2022, 2023-2024 e vincitore del Campionato d’Europa Under-19. Spalletti l’aveva ricevuto in eredità da Mancini, fu subito rimosso. E adesso vediamo – mi dissi. E ho visto. Gli “assassini” dopo Oslo sono tornati in scena, hanno convinto Gravina a scansarsi dallo staff perdente e a cacciare l’incomodo/scomodo. E tutti insieme non hanno capito quello che vado dicendo da anni – anche alla vigilia di Oslo – e che ha detto appena ieri Ventura: “E’ un problema del sistema”. Della Federazione che da lunghi anni ha sostituito i giocatori italiani con stranieri negando la crescita di azzurrabili per i ruoli più importanti. E tutto è avvenuto senza contrasto dei media. Ho visto scendere in campo Lucca, l’altra sera, e ho ricordato di averlo “raccomandato” cinque anni fa, diciannovenne, quando giocava a Palermo. In un calcio dove i giovani possono avere anche più di vent’anni. E adesso sentirete gli “assassini” cantar vittoria.