Thomas Sankara, Il 15 ottobre 1987 veniva ucciso il presidente del Burkina Faso

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Il 15 ottobre 1987 Thomas Sankara, presidente del Burkina Faso, veniva ucciso durante un colpo di stato organizzato per cancellare la sua rivoluzione. Thomas Sankara fu un grande uomo che tentò di sollevare il suo paese dalla miseria al quale era costretto dall’avidità di potenze starniere e dare dignità a un popolo.

È bene ricordare queste figure sconosciute ai più e delle quali si tende a dimenticare la grandezza e l’importanza. Se persone come Sankara (e furono tanti i capi di Stato progressisti assassinati con l’appoggio determinante dei governi delle sedicenti democrazie occidentali … ricordiamo Patrice Lumumba, Salvador Allende, Samora Machel, Amilcar Cabral, Maurice Bishop …) fossero vissute e avessero potuto portare avanti i loro progetti di riscatto dei popoli sicuramente il mondo sarebbe migliore e più libero. Tutti noi potremo, grazie a loro, vivere in un mondo più giusto.

Con l’assassinio di Thomas Sankara hanno voluto cancellare la speranza. Per questo è bene avere memoria. Oggi vogliamo ricordare alcune frasi di Thomas Isidore Noël Sankara (Yako, Alto Volta, 21 dicembre 1949 – Ouagadougou, Burkina Faso, 15 ottobre 1987) che sono esempi di integrità e coraggio di un uomo libero che ha sempre vissuto a testa alta.  È necessario farlo, perché è giusto porsi almeno il dubbio che si può combattere quel sistema spaventoso che sta opprimendo il mondo producendo guerre, fame, devastazione ambientale, emigrazioni forzate, e cancella i diritti elementari che ogni essere umano deve avere. Un modello di sviluppo insostenibile per la stragrande maggioranza delle persone che ha un nome: capitalismo.

“Per l’imperialismo è più importante dominarci culturalmente che militarmente. La dominazione culturale è la più flessibile, la più efficace, la meno costosa. Il nostro compito consiste nel decolonizzare la nostra mentalità.”    “Quello che esce dall’immaginazione umana è realizzabile.” “Crediamo che il mondo sia diviso in due classi antagoniste: gli sfruttati e gli sfruttatori. Non possiamo esimerci dalla ricerca ad oltranza della giustizia sociale.” “Voi avete di che nutrirvi, ma se la popolazione è nella miseria e continua a restarci, un giorno vi impedirà di mangiare tranquillamente.” “Quelli che ci hanno prestato denaro, sono gli stessi che ci avevano colonizzato, sono gli stessi che gestivano i nostri stati e le nostre economie. […] Noi non c’entravamo niente con questo debito. Quindi non possiamo pagarlo. Il debito è ancora il neocolonialismo, con i colonizzatori trasformati in assistenti tecnici, anzi dovremmo invece dire “assassini tecnici”. Sono loro che ci hanno proposto dei canali di finanziamento, dei “finanziatori”. […] Noi ci siamo indebitati per 50, 60 anni e più. Cioè siamo stati portati a compromettere i nostri popoli per 50 anni e più. Il debito nella sua forma attuale, controllata e dominata dall’imperialismo, è una riconquista dell’Africa sapientemente organizzata, in modo che la sua crescita e il suo sviluppo obbediscano a delle norme che ci sono completamente estranee. […] Facciamo in modo che il mercato africano sia il mercato degli africani. Produrre in Africa, trasformare in Africa, consumare in Africa. Produciamo quello di cui abbiamo bisogno e consumiamo quello che produciamo, invece di importarlo. Il Burkina Faso è venuto ad esporvi qui la cotonnade, prodotta in Burkina Faso, tessuta in Burkina Faso, cucita in Burkina Faso per vestire i burkinabé. Non c’è un solo filo che venga d’Europa o d’America. Non faccio una sfilata di moda ma vorrei semplicemente dire che dobbiamo accettare di vivere africano. E’ il solo modo di vivere liberi e degni.”  

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.