Veneto Banca, De Bortoli in Commissione: “Bankitalia e Consob ingannate, io lasciato solo”

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Processo di appello Veneto Banca: Massimo De Bortoli, designato Pm anche in appello
Processo di appello Veneto Banca: Massimo De Bortoli, designato Pm anche in appello

“Non abbiamo armi per reprimere questi tipi di situazioni”, come la vicenda di Veneto Banca, “se non facendo rapidamente i processi. Ma vorrei dire che io mi sono sentito solo a fare questo tipo di indagine. L’unico aiuto l’ho avuto dalla Guardia di finanza. Però mi son trovato da solo a fare tutte queste indagini, abbiamo chiesto risorse e non abbiamo avuto nessuna risorsa aggiuntiva per questo processo. E abbiamo una carenza incredibile di personale amministrativo”.

Lo ha detto il procuratore della Repubblica reggente di Treviso, Massimo De Bortoli, in merito al crac delle banche popolari venete, rispondendo alle domande in audizione in commissione bicamerale d’inchiesta sul sistema bancario.

Banca d’Italia e Consob

“Credo che Banca d’Italia abbia fatto quello che poteva fare – ha aggiunto De Bortoli -. Noi pensiamo che abbia dei poteri ispettivi che consentano di vedere al di là delle apparenze ma la verità è che anche Banca d’Italia, quando fa le verifiche, si fa fornire i dati dalla società, in questo caso da Veneto Banca. Quindi se i dati forniti non erano reali, è evidente che anche Bankitalia è stata tratta in inganno. Così come la Consob”.

Quando Vincenzo Consoli passò dall’essere ad di Veneto banca a direttore generale, Bankitalia non poteva fare di più? “Ecco, forse questo è l’unico punto in cui forse Banca d’Italia avrebbe potuto fare di più. Perché Bankitalia aveva detto che la governance avrebbe dovuto essere cambiata. E infatti venne cambiato il cda, Consoli non è più l’ad ma diventa direttore generale e, di fatto, rimane lui comunque l’assoluto dominus, e decideva qualsiasi cosa all’interno della banca”. Lo ha detto il procuratore della Repubblica reggente di Treviso, Massimo De Bortoli, in merito alle più recenti vicende delle banche popolari venete, rispondendo alle domande in audizione in commissione bicamerale d’inchiesta sul sistema bancario.

“In questo contesto – ha chiarito – a un certo punto Banca d’Italia ha dato parere favorevole per un aumento di capitale, parere recepito dalla Consob. E forse in quel momento Bankitalia avrebbe dovuto dire ‘sì, va bene il parere favorevole, ma questo Consoli non deve rimanere nemmeno direttore generale’. Però in quel momento forse c’era ancora la possibilità di salvare Veneto banca. E questa è un’opinione che mi sono fatto io”.

“E’ chiaro – ha aggiunto ancora De Bortoli – che un’ispezione deve essere fatta con la collaborazione del soggetto che viene ispezionato. Ma se il soggetto ispezionato riesce a nascondere dei dati, che non vengono portati a conoscenza dell’autorità di vigilanza, è evidente che anche Banca d’Italia più di tanto non poteva fare. E del resto Bankitalia è stata sempre molto chiara nel dire che le cose non andavano. Consoli fino all’ultimo ha tentato di eludere i suggerimenti di Banca d’Italia”.

Risparmiatori truffati

“Il dottor Consoli (Vincenzo, ex ad di Veneto Banca; ndr) era riuscito di far in modo che la situazione reale della banca non venisse mai in superficie e soltanto grazie agli accertamenti di Banca d’Italia si è riusciti a capire quali fossero le reali condizioni delle banche. Tutti i risparmiatori sono quindi stati effettivamente raggirati: hanno acquistato le azioni a un costo effettivamente spropositato”.

“Moltissimi dipendenti di Veneto Banca, rassicurati da Consoli, hanno acquistato azioni di Veneto banca e le hanno fatte acquistare ai parenti, perdendo poi tutto – ha detto ancora De Bortoli -. Dunque, così come gli stessi amministratori di Veneto banca non erano stati in grado – perché Consoli impediva loro di accertare la reale situazione economico-finanziaria della banca – di conoscere qual era la realtà della situazione di bilancio della banca, è evidente che – a maggior ragione – i dipendenti delle filiali non potevano assolutamente essere a conoscienza della reale situazione” della banca.

“Le indagini sulla presunta truffa nel caso di Veneto banca “sono proseguite nella procura di Treviso ed è già stato notificato l’avviso di conclusioni delle indagini, da cui emerge non solo la truffa, ma è stata ipotizzata anche l’associazione per delinquere. Perché abbiamo ritenuto che Consoli (Vincenzo, ex ad di Veneto banca; Ndr) fosse al vertice di un gruppo di persone che, consapevolmente, nascondevano la realtà a tutti i dipendenti, ai risparmiatori, con false dichiarazioni, tra cui alcune clamorose. Quindi noi a Treviso abbiamo mandato avanti il procedimento che riguarda l’aggiotaggio, il falso in prospetto, stiamo mandanto avanti i reati di truffa e associazione a delinquere. E da ultimo stiamo anche mandando avanti – abbiamo quasi concluso le indagini – il reato di bancarotta fraudolenta”.

“Mi sono reso conto che purtroppo tutti i reati che erano stati ipotizzati” nel caso di Veneto banca (truffa, aggiotaggio, associazione a delinquere e falso in prospetto) “hanno termini di prescrizione molto breve. Infatti è molto probabile che questi reati alla fine si estingueranno se non in primo grado, sicuramente in secondo grado, per la maturazione del termine di prescrizione”.

“Consapevole di questo – ha aggiunto – avevo chiesto la declaratoria di insolvenza di Veneto banca e il Tribunale di Treviso ha accolto il nostro ricorso e ha dichiarato l’insolvenza. La sentenza è stata confermata a Venezia e dunque abbiamo potuto procedere con il reato di bancarotta fraudolenta. Nel corso delle indagini sono state accertate numerosissime ipotesi di condotte distrattive o dissipative. E in particolare sono tutte quelle che riguardano la concessione di crediti per importi considerevoli a soggetti – in particolare società – che non davano nessuna garanzia” e in questo modo “è stato depauperato il patrimonio della società”.

Ci si chiede: ma come mai la gestione di Veneto banca, così sconsiderata, è stata resa possibile nonostante ci fosse una società di revisione?

“Questa società è la PricewaterhouseCoopers (PwC). Ebbene, anche su questa società abbiamo indagato, abbiamo chiesto il parere di un consulente, e sono emerse condotte gravissime da parte di questa società, la quale sostanzialmente non ha mai ostacolato l’attività di Consoli, e anzi quello che ha ostacolato è stata le funzioni di vigilanza di Banca d’Italia. Questo procedimento poi è stato trasmesso a Roma per competenza nel febbraio dell’anno scorso, e credo, forse, che Roma abbia già fatto la richiesta di rinvio a giudizio. Quindi, oltre alla negligente attività del collegio sindacale” di Veneto Banca “si è anche aggiunta la dolosa omissione di controllo da parte della società Pwc, nei confronti della quale c’è un procedimento penale in corso”.

“Noi abbiamo diversi procedimenti: il procedimento che riguarda l’aggiotaggio e il falso in prospetto in cui Consoli (Vincenzo, ex ad di Veneto banca; Ndr) è imputato da solo. Ma poi abbiamo l’altro procedimento per truffe in induzione e associazione a delinquere, e in questo procedimento non c’è solo Consoli ma ci sono altre persone, che sono soprattutto alti dirigenti. Una decina di persone in tutto, all’incirca”. Lo ha detto il procuratore della Repubblica reggente di Treviso, Massimo De Bortoli, in merito alle più recenti vicende delle banche popolari venete, in audizione in commissione bicamerale d’inchiesta sul sistema bancario.

“E’ proprio la struttura della banca popolare che ha creato quello che è avvenuto – ha aggiunto – Ciascun socio ha un voto, quindi di fatto non c’era nessun socio che potesse dire all’ad ‘guarda che le cose così non vanno bene’. In realtà Consoli era padrone di se stesso, non aveva nessun padrone sopra di se. Perché gli bastava manipolare i dirigenti, che davano delle false informazioni, e non aveva nessun limite. Era il padrone assoluto. Addirittura è emerso che poteva anche far allontanare gli amministratori o i sindaci della società. Quindi era veramente un despota assoluto. E il valore dell’azione lo decideva lui, alla fine”.

La fusione con Banca Popolare di Vicenza

“Quando poi la banca è diventata una Spa poi chiaramente tutta questa messa in scena è crollata. Da quello che emerge, Banca d’Italia ha tentato di salvare Veneto banca e Popolare di Vicenza facendo tutto un percorso che tra l’altro portava a una fusione tra le due banche. E questa fusione, con l’aumento di capitale, forse – è un’ipotesi – avrebbe potuto salvare effettivamente le due banche. Ma Consoli (Vincenzo, ex ad di Veneto banca; ndr), dopo che venne estromesso, riuscì comunque a condizionare l’andamento della banca attraverso un gruppo di persone che ebbe la maggiornaza nell’assemblea dei soci nel 2015 e che era contraria a questa fusione. Non so se la fusione avrebbe potuto salvare le banche, ma credo che era un passaggio che avrebbe potuto dare qualche chance in più per il salvataggio”.

Il processo

“È molto molto probabile che tutti questi processi per il caso di Veneto Banca non arriveranno a una sentenza definitva – ha concluso De Bortoli -. Sarebbe importante almeno arrivare a una sentenza di condanna. La bancarotta fraudolenta per noi è un procedimento molto importante anche perché ha tempi prescrittivi più ampi e pene molto severe. Entro la primavera prevediamo di fare l’avviso di conclusioni dell’indagine e prima dell’estate prevediamo la richiesta di rinvio a giudizio per molti imputati”.

Le aspettative

“Per quanto riguarda la tutela dei risparmiatori, non credo si possa fare affidamento sulle indagini penali, che non hanno lo scopo di far recuperare denari ai risparmiatori ma di individuare delle persone, processarle e ottenerne la condanna. Ci vogliono anni. E considerando che Consoli (Vincenzo, ex ad di Veneto banca; ndr) ha già 70 anni, difficilmente questo signore farà qualche giorno di carcere. Quindi la risposta più forte per i risparmiatori – ha concluso Consoli – sono sicuramente le azioni di responsabilità”.

(Fonte Public Policy)