
La drammatica vicenda dei due coniugi della provincia di Vicenza indagati per omicidio volontario, con l’accusa di aver impedito “cure adeguate” al loro figlio adolescente malato di cancro, ha innescato un ampio dibattito che vede intervenire autorevoli figure sul tema delle cosiddette “cure alternative”. La scelta dei genitori di ritardare l’avvio delle chemioterapie ha sollevato interrogativi cruciali nella comunità medico-scientifica.
Come riportato da Il Corriere del Veneto, diversi esperti hanno espresso le proprie posizioni. Angela Mastronuzzi, presidente dell’Aieop (Associazione ematologia e oncologia pediatrica), ha dichiarato: “Desideriamo sottolineare che l’onco-ematologia pediatrica ha raggiunto negli ultimi decenni risultati straordinari, con tassi di guarigione che superano l’80% per molte forme di tumori infantili e adolescenziali”.
Anche il dottor Matteo Bassetti, direttore del reparto malattie infettive di Genova, lancia l’allarme: “Siamo arrivati ad un punto di non ritorno. Questo vale per i genitori che decidono di non curare i propri figli con le terapie oncologiche ufficiali ma di seguire invece qualche personaggio che li convince che ci si può curare con la cacca di capra o le lampade di sale, ma vale anche per l’omeopatia o chi non vaccina i figli e li mette a rischio di malattie invalidanti come il morbillo”.
Salvo Di Grazia, medico ospedaliero del SSN e divulgatore anti-bufale su X (@MedBunker), esprime tutto il suo disappunto sulla vicenda: “Anche in questo caso – sottolinea -, i genitori hanno scelto per un figlio giovanissimo. Peccato ci sia ancora gente convinta che certe truffe siano cure misteriose e alternative. Pensate a quanti avvoltoi ci sono in giro”.
La sorte giudiziaria dei due genitori, tuttavia, è ancora tutta da definire. Come ricostruito dal CorVeneto, la procura berica ha inviato solo pochi giorni fa l’avviso di conclusione indagine ai due vicentini. Il papà e la mamma del ragazzino, che frequentava la terza media in un Comune del Vicentino, sono già stati sentiti in procura: tuttavia, sul contenuto degli interrogatori, i difensori, gli avvocati Lino Roetta e Jacopo Roetta, mantengono il riserbo, così come ricorrono alla massima discrezione su altri aspetti di questa vicenda. Ora toccherà al pm Paolo Fietta decidere se chiedere il rinvio a giudizio per i due vicentini o optare per l’istanza di archiviazione del fascicolo.
Chi ha parlato recentemente con i genitori del tredicenne morto un anno e mezzo fa, parla di due persone molto provate, sicuramente infastidite dalla diffusione della notizia su social, siti e giornali. Per loro, è come rivivere la tragedia una seconda volta. “Una volta conosciuta la diagnosi di tumore per il loro figlio nel marzo del 2023, i genitori hanno consultato altri medici per capire se lo potevano curare con terapie alternative”, rivela il legale vicentino. Il tentativo, però, è andato a vuoto e comunque, precisa l’avvocato Roetta, “il responso dei medici era nefasto fin dall’inizio”.
Una volta concluse le consultazioni con altri medici, i due genitori hanno deciso di affidarsi al Servizio sanitario nazionale. “È accaduto ad un mese dalla diagnosi di tumore e la loro scelta è stata autonoma – fa sapere il legale -. Il tredicenne è stato curato poi nelle strutture pubbliche fino al decesso. Ha seguito tutte le terapie che i sanitari dell’Usl 9 hanno ritenuto necessarie”. Ma l’attenzione della procura si è concentrata proprio su quel mese in cui non sono state fatte le chemioterapie così come avevano prescritto i medici, una volta diagnosticato il tumore al tredicenne. “Sarebbe vissuto solo due, tre mesi in più – replica l’avvocato Roetta – come sostiene lo stesso consulente della procura”.