
(Articolo sul lutto da VicenzaPiù Viva n. 302, sul web per gli abbonati tutti i numeri, ndr).
Con i gruppi AMA (Auto-Mutuo-Aiuto, la Caritas Diocesana di Vicenza aiuta chi vive un lutto a ritrovare ascolto e conforto insieme a volontari e persone che condividono la stessa esperienza.
Per chi sta vivendo la perdita di un familiare, il periodo del lutto può rivelarsi molto difficile da attraversare. Le emozioni diventano ingestibili e spesso si ha bisogno di aiuto. Esiste una realtà, all’interno della Caritas Diocesana di Vicenza, che copre il territorio di Vicenza e gran parte della Provincia, che si compone di gruppi AMA (Auto-Mutuo-Aiuto), in cui si può essere aiutati ad attraversare questo periodo così difficile da dei volontari chiamati “facilitatori”, che sono “addestrati all’ascolto e alla comprensione” e da altre persone che stanno vivendo la stessa esperienza. Si tratta di un servizio gratuito della Caritas diocesana vicentina ed è unico in Italia. Non esiste qualcosa di simile nelle altre Caritas a livello nazionale.
“In gruppo ci si trova e ci si mette in cerchio perché tutti siamo uguali, alla pari- spiega Viviana Casarotto, responsabile e coordinatrice del servizio di Caritas Vicenza “Lutto Solitudine ed Esperienza del Limite” in tutto il territorio di Vicenza e provincia. (E’ psicologa e psicoterapeuta ha fatto per 14 anni l’operatrice addetta all’assistenza in RSA)-. Si tratta di uno spazio di condivisione dove ogni persona è libera di esprimere quello che sente e che vive in un clima di non giudizio e riservatezza. Le persone in genere arrivano un po’ diffidenti e poi si aprono perchè si sentono accolte, rispettate, riconosciute nel proprio vissuto emotivo. Quello che si prova viene legittimato. Non c’è nessuno che vuole convincere che si deve stare bene per forza, viene riconosciuta la sofferenza della persona in lutto”.
In totale fra Vicenza e provincia sono 38 i facilitatori, 17 i gruppi attivi e distribuiti a livello diocesano (a Vicenza città, periferie, Arzignano, Bassano del Grappa, Cologna Veneta, Cornedo Vicentino, Nove, Noventa Vicentina, Sandrigo, Schio, Villaganzerla, Lonigo, Povolaro di Dueville).

Quando sono nati i primi gruppi di Auto-Mutuo-Aiuto (AMA)?
“A Vicenza il primo gruppo AMA è nato fuori dalla Caritas nel 1997 all’interno dell’Istituto Salvi e Trento, una struttura per persone anziane. Per volontà dei due religiosi che erano presenti lì è stato promosso il gruppo di supporto ai familiari che avevano un caro che moriva in casa di riposo. Poi si è visto che arrivavano persone anche dalla provincia e da fuori della struttura e si è deciso di aprire a tutti.
Nel 2007 sono stata invece chiamata dal Direttore della Caritas Diocesana vicentina don Giovanni Sandonà, che era molto sensibile a queste tematiche e mi aveva chiesto se si poteva fare qualcosa a livello diocesano per le persone che vivevano l’esperienza del lutto. Quindi è nato un primo gruppo di lavoro, abbiamo aperto uno sportello di ascolto ed era partito il primo gruppo di auto mutuo aiuto che era dedicato ai superstiti al suicidio. Nel 2010 i gruppi sono diventati 3: un gruppo per genitori che avevano perso figli, un gruppo per persone che erano rimaste vedove in età giovanile e un gruppo per superstiti al suicidio. Via via negli anni sono cresciuti i facilitatori e i gruppi. Abbiamo raggiunto l’apice a 22 gruppi e attualmente i gruppi sono 17, distribuiti sul territorio diocesano”.
Quali caratteristiche devono avere i facilitatori? Quale formazione hanno? Qual è il loro ruolo?
“E’ importante che siano del posto, radicati nel territorio e nella propria comunità parrocchiale, che conoscano le situazioni delle famiglie che potrebbero beneficiare del servizio. Come Caritas sarebbe bello che ci fosse un gruppo AMA per ogni vicariato.
I facilitatori AMA vivono lo stesso problema e si ritrovano insieme per condividere l’esperienza. La figura del facilitatore è stata introdotta come figura che ha il compito di ascoltare mettendo a disposizione le proprie risorse, la propria esperienza alle persone che stanno vivendo un lutto. Il facilitatore non è un professionista, ma ha il compito di accogliere, ascoltare, moderare la comunicazione. Non dà consigli. Ognuno deve trovare dentro di sé la propria soluzione.
Per quanto riguarda la formazione, esistono formazioni che preparano su che cos’è un gruppo, in che cosa consiste la facilitazione. In Caritas diocesana vicentina abbiamo fatto qualcosa di più approfondito, di più esteso perché partiamo dal presupposto che una persona, prima di aiutare gli altri, deve avere un minimo di conoscenza di se stesso. Il percorso formativo è di 25 ore articolato in 10 incontri, che toccano autoconoscenza, bisogni, valori, mondo delle emozioni, elementi base della comunicazione nella relazione di aiuto, aspetti di elaborazione del lutto e psicosociali. E’ un percorso di tipo esperienziale, non è solo teoria, ma gli argomenti che vengono trattati vengono anche esperiti. Esperiti significa fare esperienza a partire dal proprio vissuto. Ci sono modi diversi di vivere e affrontare la stessa situazione perché ognuno ha bisogni diversi. Anche all’interno della stessa famiglia, i familiari vivono il lutto in modo diverso. Non esiste un metro per misurare il dolore. Ognuno soffre in maniera soggettiva”.

Quella dei gruppi AMA per persone in lutto è una realtà poco conosciuta?
“Direi di no. C’è un coordinamento nazionale che organizza ogni anno convegni itineranti, un coordinamento regionale Veneto. E’ una realtà abbastanza diffusa. Naturalmente dipende sempre da come viene promossa nel territorio”.
Quali sono le fasi emotive e psicologiche che attraversa una persona in lutto?
“Ci sono varie teorie di riferimento. Una delle prime teorie è stata quella di Elisabeth Kübler Ross, psichiatra svizzera-statunitense, che si è occupata del processo di elaborazione del lutto. La Kubler Ross diceva che inizialmente c’è una fase di shock, di stordimento. Nelle teorie attuali, in base al tipo di legame, c’è un livello diverso di sofferenza e dei momenti in cui si è più orientati verso la sofferenza, la mancanza, il vuoto e dei momenti dove si oscilla verso la riorganizzazione. Naturalmente è importante la fase del poter esprimere quello che si prova, dare voce alle emozioni per poi arrivare a una riorganizzazione o reinvestimento della propria vita. Mentre nella fase iniziale “si sopravvive”, si va avanti per inerzia, poi si riesce a cambiare il modo di far fronte alla vita”.
Il dolore di un lutto va quindi attraversato, è soggettivo, non è misurabile né quantificabile. E non è possibile sapere quanto può durare e in quali forme. L’importante è cercare di non isolarsi. Si tratta di un’esperienza che prima o poi tutti dobbiamo passare nella vita. Se si trova un gruppo accogliente e comprensivo, è possibile essere accompagnati meglio in questo dolore, riuscire a riorganizzare la propria vita, ritrovare la serenità e imparare a rinascere.







































