11 aprile 2015: per Zonin soci BPVi non persero soldi col titolo giù a 48 €, Sorato spiegò perché non sapevano fare i conti…

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L’11 aprile 2015 una conferenza stampa qui da noi qui integralmente pubblicata seguiva l’assemblea della Banca Popolare di Vicenza in cui il valore delle azioni era stato tagliato da 62.50 euro a 48, mentre 44 euro erano il massimo ipotizzabile per Emanuele Gatti, che per Bce stava vivisezionando BPVi (vedi i nostri video della sua deposizione al processo in corso, ndr) e ne stava comunicando a Gianni Zonin, presidente, e Samuele Sorato, ad e dg, le infrazioni dei vertici vicentini alla valorizzazione del capitale di vigilanza “gonfiato” da centinaia di milioni di operazioni baciate da detrarre con l’aggravante delle 62 lettere di riacquisto,

Eppure, rispondendo alle domande di Federico Nicoletti (Il Corriere del Veneto) Zonin rivelava un ignoto “patto con Prato che non lo rispettò”, e che quindi non poteva lamentarsi del taglio della quotazione, lui e Sorato sorvolavano sul numero e sul valore complessivo dei titoli BPVi in vendita e l’ad/dg annunciava un fantomatico borsino per quelle azioni (anche “da acquistare” sottolineava il presidente di allora) e, dulcis in fundo, il manager massimo con Zonin accanto in quella conferenza stampa dichiarava, su domanda di Matteo Buffolo (VeneziePost), a che non serviva un “aumento di capitale”.

Era bastato questo per farci chiedere, a commento dei due estratti del video totale da noi pubblicati ieri e l’altro ieri e di queste frasi pronunciate a ispezione Bce in corso e con i suoi tragici dati di fatto già resi noti ai vertici della BPVi,: “C’è ancora qualcuno che crede a lorsignori, fuori e dentro l’aula del processo?“.

Ci fosse ancora qualcuno che avesse bisogno di qualche secondo in più prima di rispondere con convinzione gli mostriamo la terza e ultima parte selezionata dal video completo, quella con le nostre domande su cosa la banca pensasse di fare per ridurre il danno causato dal deprezzamento delle azioni non solo per l’effetto diretto di oltre un miliardo di euro in meno nella musìna (il salvadanaio tanto vantato da Zonin) di circa 116.000 soci risparmiatori ma anche per quello indotto dal freno al volano economico per l’assenza nel territorio di quelle risorse potenziali.

La nostra domanda iniziale porta Gianni Zonin a sottolineare subito che “la perdita ci sarebbe solo per chi decidesse di vendere. Intanto adesso non è facile vendere (sorrisetto, ndr). Secondo, intanto adesso il direttore vi spiega che poi (i soci, ndr) non hanno perso anzi… Adesso (rivolto all’ad, ndr) vorrei che lei spiegasse quali sono i meccanismi. Forse anche i soci stessi non hanno capito che di soldi non ne hanno persi. Se guardiamo il passato e il presente e anche le ultime azioni i soci non hanno perso…

Poi, passa, al solito, la palla a Sorato, il tecnico lui dice, e non il decisero capiremmo noi, per illustrare il fantastico algoritmo del mancato danno che vi sintetizziamo così: siccome con la sottoscrizione di titoli e obbligazioni (carta, quindi) spesso collegate si maturavano bonus la somma di perdita di valore e di bonus si compensava se non, addirittura, m era algebricamente positiva per i sottoscrittori.

Peccato solo che la somma positiva era sempre costituita da azioni e non da euro e che quelle azioni, Zonin dixit, non erano vendibili e monetizzabili salvo rivolgersi al borsino fantasma.

I calcoli di Zonin e Sorato convinsero, tra i numerosi colleghi presenti in sala, così tanto uno di loro, il più noto a livello locale per aver sempre “promosso” mediaticamente le gesta e i titoli BPVi, che il suo quotidiano locale titolò che di certo non sarebbe convenuto vendere in quel momento…

Allora pensammo e scrivemmo, e mal ce ne incolse, “se non ora quando?“.

Passati i secondi, ma anche di più, concessi agli indecisi, a cui più mal incolse, riproponiamo ora la domanda: “”C’è ancora qualcuno che crede a lorsignori, fuori e dentro l’aula del processo?“.