Autonomia differenziata? No, Riprendiamoci il Comune. Parte la campagna di raccolta di firme per i beni comuni e per una finanza al servizio delle persone

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riprendiamoci il comune

Riprendiamoci il comune è la raccolta firme per i beni comuni e per una finanza al servizio delle persone. Due firme contro la privatizzazione dei servizi pubblici e per un nuovo modello sociale ed ecologico fondato sulle comunità locali.

Il 4 e 5 febbraio parte a livello nazionale la campagna “Riprendiamoci il Comune”, promossa da decine di organizzazioni e movimenti sociali (dall’Arci e dalle Acli a Cittadinanzattiva, da ATTAC Italia a Medicina Democratica, dal Forum dei movimenti per l’acqua all’associazione dei Comuni Virtuosi) e che punta a raccogliere nei prossimi sei mesi 50 mila firme a sostegno di due proposte di legge di iniziativa popolare per la riforma della finanza locale e la ripubblicizzazione della Cassa depositi e prestiti.

Con la prima proposta di legge “Principi e disposizioni per la riforma della finanza pubblica locale”, si vuole cambiare radicalmente le regole di austerità che da trent’anni governano la gestione economica e finanziaria dei Comuni e delle Province. Un quadro normativo che ha finito per strozzare gli enti locali e pregiudicarne la funzione pubblica, come dimostra, da ultimo, il fatto che la legge di Bilancio approvata a fine 2022 abbia spostato al 30 aprile i termini per l’approvazione dei bilanci. Se così non fosse accaduto gli enti locali avrebbero dovuto riconoscere uno squilibrio strutturale e, teoricamente, dichiarare una situazione di pre-dissesto o di dissesto finanziario. Il taglio dei trasferimenti statali, infatti, si aggrava.

Le politiche di austerità applicate ai Comuni sono state giustificate in questi anni con la motivazione del debito. Eppure, il debito dei Comuni corrisponde solo all’1,5% di quello complessivo. Nonostante questo, il contributo richiesto ai Comuni, tra tagli ai trasferimenti e pareggio di bilancio finanziario, è passato da 1,65 miliardi di euro del 2009 ai 16,66 miliardi del 2015.  I tagli e le misure di austerità hanno inoltre drasticamente ridotto il personale dei Comuni, comportando la perdita di oltre 50mila occupati e un invecchiamento del personale attivo, la cui età media oggi supera i 53 anni.

La proposta di legge di “Riprendiamoci il Comune” introduce dunque l’obiettivo per i Comuni del raggiungimento dell’equilibrio finanziario ma anche del pareggio di bilancio sociale, ecologico e di genere. Abolisce i vincoli per la spese di personale e consente di riportare all’interno degli enti locali la gestione dei servizi pubblici, a partire dall’acqua, come richiesto dal vittorioso referendum del 2011. Afferma l’autonomia finanziaria nella definizione dei tributi locali, nel pieno rispetto del principio costituzionale della fiscalità progressiva, e stabilisce l’equilibrio finanziario triennale e non invece annuale, con possibilità di deroghe in casi di gravi emergenze. E vuole porre inoltre fine alla cementificazione del territorio. Nel 2021 -ultimo dato disponibile prodotto dall’Ispra- le nuove coperture artificiali hanno infatti interessato 69,1 chilometri quadrati, cioè 19 ettari in media al giorno: è il valore più alto degli ultimi 10 anni. La copertura artificiale del suolo in Italia è giunta così al 7,13% -contro la media dell’Unione europea che è del 4,2%-, oltrepassando il 10% nel caso del “suolo utile”. Le norme sulla finanza locale consentono ancora oggi di utilizzare gli oneri di urbanizzazione per finanziare le spese correnti e finanziare i bilanci. Questo ha portato gli amministratori locali non solo a non regolamentare la pianificazione urbanistica ma ad accettare le proposte dei privati di cementificazione e di opere pubbliche che hanno consumato territorio.

“Sì, d’accordo, ma i soldi dove li trovate?”. La risposta a questa domanda si lega alla seconda proposta di legge, intitolata “Principi e disposizioni per la tutela del risparmio e per la socializzazione di Cassa Depositi e Prestiti“.

Con l’avvento delle politiche liberiste e di austerità, la funzione pubblica e sociale della Cassa depositi e prestiti è stata fortemente pregiudicata. Eppure, Cdp, quando è nata nel 1850, aveva uno scopo preciso: raccogliere e tutelare il risparmio dei cittadini e utilizzare questa enorme massa di denaro -pari a 280,5 miliardi di euro nel 2022, per oltre 20 milioni di risparmiatori- per finanziare gli investimenti degli enti locali a tassi agevolati.

Come è andata a finire? Che Cassa Depositi e Prestiti ragiona e agisce come un soggetto finanziario privato, orientato agli utili e ai profitti, e non invece all’interesse pubblico e delle comunità territoriali. Non concede più mutui a tasso agevolato agli enti locali, costringendoli a rivolgersi al mercato, cioè alle banche privati; quindi, a tassi di mercato che assorbono buona parte della spesa: mediamente il 10% delle spese correnti di un Comune serve a pagare gli interessi sul debito, questa cifra sale al 12% per 1.403 piccoli Comuni e supera addirittura il 18% per altri 727 di questi. Tutte risorse sottratte ai servizi pubblici. Cadono proprio quest’anno i 20 anni della trasformazione in società per azioni per volere del governo Berlusconi, con Giulio Tremonti ministro dell’Economia.

Ecco perché con la seconda proposta di legge di “Riprendiamoci il Comune” si vuole ottenere un ribaltamento della missione di Cdp, riportandola al servizio delle comunità locali e non invece dei grandi interessi della rendita, della finanza e delle privatizzazioni.

Non vogliamo un semplice ritorno al passato. Proponiamo che Cdp torni a essere un ente di diritto pubblico che ha come compito quello di finanziare gli investimenti degli enti locali. La parte privata, ovvero le Fondazioni bancarie, devono uscire dal capitale sociale, liquidate dal ministero dell’Economia.

Cdp deve finanziare a tassi agevolati gli investimenti degli enti locali che vanno nella direzione di un nuovo modello di sviluppo, tenendo fede ai bilanci sociali, ecologici e di genere indicati nella prima proposta di legge. Non è più possibile che Cdp continui a far pagare ai Comuni alti tassi di interesse, a consentire l’estinzione dei mutui assunti solo pagando penali non sostenibili per i bilanci degli Enti Locali.

Vogliamo che Cassa depositi e prestiti torni a essere decentrata territorialmente, a contatto con le realtà. Immaginando ovviamente dei meccanismi di perequazione: il 60% del risparmio prodotto in quel territorio deve essere reinvestito in quel territorio mentre il restante 40% deve servire a una redistribuzione. Segnando con questo una netta discontinuità con le dannose proposte di “autonomia differenziata”.

Al centro delle due proposte c’è la partecipazione dei cittadini. Elemento centrale che in questi anni è stato calpestato da decisioni imposte dall’alto o referendum traditi. Ecco perché “Riprendiamoci il Comune” è una campagna urgente e che tocca la vita quotidiana delle persone. Ci rivolgiamo ai cittadini, agli amministratori locali e ai lavoratori degli Enti Locali perché sostengano con forza queste proposte.

L’avvio della raccolta firme sarà al momento solo attraverso banchetti fisici. Purtroppo, non è ancora possibile firmare online. Il governo ha finalmente predisposto una piattaforma pubblica e gratuita ma la stessa risulta in fase di test da fine novembre. Stiamo esercitando tutte le pressioni possibili affinché venga resa disponibile e venga così garantito un diritto fondamentale. La campagna si fonda infatti sull’autofinanziamento dal basso e non ha le risorse per “risolvere” il problema attraverso piattaforme private. Ecco perché è importantissimo firmare ai banchetti e nelle iniziative pubbliche per sbloccare la possibilità della firma digitale.

 

Il comitato promotore della campagna. Reti e realtà nazionali e regionali

Acli, Altreconomia, Arci, Associazione Comuni Virtuosi, Associazione Laudato Sì, Associazione per la Decrescita, Associazione Rurale Italiana, Attac Italia, Cadtm Italia, Cittadinanzattiva, Comune.info, Ecoistituto del Veneto “Alex Langer”, Forum italiano dei movimenti per l’acqua, Forum Nazionale Salviamo il Paesaggio, Forum Per il Diritto alla Salute, Funzione Pubblica Cgil, Fridays For Future, Fuorimercato autogestione in movimento, Iniziativa Femminista Europea Italia, Mag4 Piemonte, Medicina Democratica, Movimento Dipende da Noi Marche, Pastorale Sociale e del Lavoro, Popoff Quotidiano, Rete Emergenza Climatica e Ambientale Emilia-Romagna, Rete delle Città in Comune, Rete delle Comunità Solidali, Rete Italiana Economia Solidale, Rete nazionale beni comuni emergenti e a uso civico, Tavolo Verde Puglia Basilicata e Sicilia, Unione Inquilini, Usicons, Valori, Yaku, Zero Waste Italy