Borgo Berga e l’urbanistica a Vicenza patrimonio dell’Unesco: Dalla Rosa e Rucco litigano su chi ne ha prodotta di più ma la polvere deve stare sotto il tappeto

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Non si può rimanere indifferenti alla lettura della dichiarazione stampa emessa lunedì 30 aprile (leggi “Urbanistica a Vicenza, Otello dalla Rosa: “mai più altri Borgo Berga, Francesco Rucco corresponsabile con Hüllweck anche per Dal Molin e tribunale di Vicenza, ndr) dalla fucina elettorale di Otello Dalla Rosa dedicata alle politiche urbanistiche prossime future e ai giudizi sugli irreparabili danni provocati al paesaggio urbano della nostra città negli ultimi vent’anni. Esprimo a questo riguardo il mio personale punto di vista.

Innanzitutto sorprende l’ingresso in campo, senza la dovuta riflessione sul quadro d’insieme, della parola urbanistica, tradizionale terra di scontro e di incontro di tutti i poteri forti locali (e non solo): interessi immobiliari potenti e ingombranti, omogeneamente distribuiti tra le due principali forze politiche che si contendono la vittoria di questa corsa elettorale: una par condicio giocata ai piani alti, a porte chiuse, che alla città e ai suoi valori di bene comune non lascia alcuno scampo.

Vicenza sbranata come il Veneto. Il Veneto sbranato come buona parte dell’Italia. In questo, forse qualcuno troverà di che consolarsi: siamo perfettamente in linea con le tendenze generali di consumo del suolo e di inquinamento urbano (si vedano i dati ISPRA/Legambiente), settori nei quali non diamo di certo alcun buon esempio.
Ma evidentemente qualche cosa deve essere successo in queste ultime ore se, dopo un lungo tergiversare e parlare in astratto si è deciso di infilare gli stivali per entrare nei terreni scivolosi e altamente imbrattanti dell’urbanistica, principale e più delicato crocevia del governo urbano.
Nel discorso di Dalla Rosa troviamo citate, in un unico tazebao, rigorosamente decontestualizzate rispetto alle scelte politiche che le hanno inizialmente volute (amministrazioni Hüllweck) e quelle che le hanno lasciate deliberatamente crescere e sviluppare (amministrazioni Variati, ancora in carica), le tre icone del Male: Dal Molin, Borgo Berga e nuovo Tribunale di Vicenza.

Opere militari, civili e pubbliche rispetto alle quali Otello Dalla Rosa non riesce a dire nulla che abbia la parvenza di una presa di distanza costruttiva sulle diverse, ma comunque concorrenti, volontà politiche che le hanno imposte alla nostra città. Opere edilizie mastodontiche brandite come clave in questo ultimo scatto di reni che porta alla meta elettorale, con lo scopo evidente di sferrare colpi all’avversario e sottolineare (non a sproposito) le responsabilità di chi ha agito per primo, ma glissando (autoassoluzione con formula piena) su quelle di chi ha completato l’opera (“Responsabilità Borgo Berga, Francesco Rucco a Dalla Rosa: “chieda a Maurizio Franzina, capo gabinetto di Variati e attivista del suo comitato elettorale”, ndr”), l’ha politicamente difesa zittendo il dibattito pubblico e banalizzando l’azione politica (si pensi alla pietosa conclusione dei lavori della  Commissione territorio dedicata a Borgo Berga).
Mentre questi signori (Dalla Rosa e Rucco) provano a darsene di santa ragione armati degli argomenti di cui abbiamo detto, cresce lo spaesamento ma anche una buona dose di indignazione tra coloro che (cittadini, comitati, associazioni) si sono spesi per far comprendere il significato del danno materiale e culturale prodotto al paesaggio urbano vicentino con atti di prepotenza politica perpetuati sino alle ultime battute del Consiglio comunale, in barba al senso di “comunità” e all’idea di un “futuro migliore” da garantire alle prossime generazioni.
Per sembrare ancora più convincenti si chiama in causa l’UNESCO e una pianificazione urbanistica modellata sulle cosiddette “valutazioni di impatto sul bene” (HIAHeritage Impact Assessment) evitando di dire che l’amministrazione Variati, con il suo stuolo di rappresentanti ancora in sella pronti sfacciatamente a ricandidarsi il prossimo 10 giugno, avrebbe potuto mantenere fede infinite volte agli impegni presi con l’UNESCO nel 1994 e poi nel 1996 (date che segnano le tappe del riconoscimento di Vicenza e delle ville del Palladio nel Veneto a bene dell’Umanità), dotandosi di strumenti urbanistici, e non solo, atti a garantire il rispetto delle norme di salvaguardia del patrimonio culturale, mostrando di voler segnare – non solo per bieco calcolo – una profonda distanza rispetto alle amministrazioni che l’avevano preceduta.
È utile ricordare a chi scopre tardivamente l’importanza dell’UNESCO che quest’ultima ha acceso i riflettori su Vicenza grazie alle segnalazioni e denunce giunte dal basso, dai cittadini, e che ha imposto la valutazione di impatto sul bene sempre su esplicita richiesta di quest’ultimi. Nessuno dei consiglieri di maggioranza e degli assessori (men che meno quelli ancora in pista) ha sentito il dovere di fare nulla che andasse nella direzione auspicata dai cittadini. Anzi. C’è chi, come il vicesindaco (Jacopo Bulgarini d’Elci, ndr), ha violentemente attaccato le associazioni e i comitati per aver esercitato il loro diritto a interpellare l’UNESCO, dando loro dei “criminali” mostrando all’opinione pubblica la debolezza del suo pensiero e l’inadeguatezza del suo ruolo.
Per dovere di cronaca, e per uscire dai discorsi astratti, è utile che si sappia che ci sono progetti che l’amministrazione comunale ha avallato di recente (dunque anche dopo l’ispezione dei commissari dell’UNESCO) e che non sono stati sottoposti al parere degli organi dell’istituzione internazionale, come prevedono le Linee guida di applicazione della Convenzione del 1972, malgrado in occasione dell’advisory mission (la missione ispettiva) di fine marzo 2017 sia stata fatta la promessa solenne di una drastica inversione di marcia.

Mi riferisco, tra gli altri, all’aberrante progetto che interessa le serre di Parco Querini: un intervento finanziato con fondi del “Bando per le periferie” (!) giunto alla fase esecutiva avendo stravolto la sua ragion d’essere (il restauro di un manufatto storico all’interno del parco monumentale); al parcheggio multipiano (200 posti auto, 3 milioni di euro in project financing) a Borgo Berga approvato dal Consiglio comunale agli inizi di novembre del 2017; e infine al progetto TAV, oscuro nei fini e obsoleto nei mezzi, con il suo inutile sconquasso urbano da ovest a est, che procede nel suo assordante silenzio.
Ma gli spiriti critici, come li chiamava Antonio Cederna (uno degli storici fondatori di Italia Nostra), non si fanno ingannare dall’effimero dei comunicati stampa elettorali. Chiedono fatti concreti, prese di posizione oneste e coraggiose, smarcature vere, non di circostanza o di facciata rispetto al passato.
Il j’accuse su Borgo Berga di Dalla Rosa non regge e produce, a mio parere, l’effetto boomerang. Quello di Rucco, costretto alla risposta piccata, appare monco e scarsamente convincente. Ciò che appare evidente nelle posizioni di entrambi è che la polvere deve stare sotto il tappeto. Si litiga semmai su chi ne ha prodotta di più.
Ma se le cose stanno davvero così, esaurito l’effetto ballon d’essai del comunicato stampa, non posso non chiedere a Dalla Rosa (e ai suoi): cosa aspettarsi di buono per il futuro?

Francesca Leder
UNESCO for VICENZA