Carenza infrastrutturale, Meritocrazia Italia: “Puntare sul trasporto per la migliore competitività”

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carenza infrastrutturale

Carenza infrastrutturale: per tutta una serie di problemi economici, ideologici, di interessi di parte, uniti spesso alla mancanza di una volontà politica, l’Italia non ha potuto finora beneficiare di quello sviluppo economico che sarebbe seguito agli investimenti effettuati per ammodernare e ampliare il sistema infrastrutturale su base nazionale.

La mancanza di fondi, i ritardi nelle decisioni politiche dei vari amministratori e governi che si sono succeduti e l’opposizione, spesso pregiudiziale, di coloro che vedono nella realizzazione di opere infrastrutturali qualcosa che va combattuto ‘a prescindere’ hanno impedito la realizzazione di moltissime opere, necessarie a sostenere la domanda di mobilità delle merci e delle persone, con conseguenti danni diretti e indiretti all’economia del Paese.

La carenza infrastrutturale incide pesantemente sui costi e le modalità di trasporto delle merci. Le infrastrutture sono ormai obsolete, talvolta addirittura fatiscenti. Si pensi ad alcuni tratti della Superstrada E45, corridoio europeo che, partendo dalla Norvegia, attraversa Finlandia, Svezia, Danimarca, Germania, e Austria, per arrivare fino a Gela in Sicilia, sostituiti da autostrade a pagamento: all’inefficienza si aggiunge la insostenibilità dei costi per chi si sposta per lavoro o per turismo. Molti turisti del Nord Europa non riescono a comprendere che per viaggiare si paghino pedaggi che spesso superano la spesa sostenuta per il carburante, spesso poi per percorrere tratti autostradali puntellati da cantieri e insidie.

L’Italia è il Paese con il record europeo del costo dell’autotrasporto di merci su gomma.
Se si considera un autoarticolato con cinque assi che percorra 100.000 km all’anno, il costo al chilometro è di 1,451 euro; in Francia questo costo scende a 1,340 euro, in Germania a 1,289, in Spagna a 1,078, in Romania addirittura a 0,729 euro. Questi dati emergono da una elaborazione compiuta dall’Osservatorio Due Torri, su uno studio del Comitato Centrale per l’Albo Nazionale degli autotrasportatori, che ha determinato il costo per le imprese di autotrasporto di cose per conto terzi in otto paesi europei.

Negli ultimi 10 anni, il trasporto su rotaia ha perso ben il 40% di mercato.
Alcuni osservatori attribuiscono ai sussidi, di cui gode il trasporto su gomma, la causa della diminuzione del trasporto su rotaia. Ma un’osservazione più attenta del fenomeno dimostra che nel corso degli ultimi 15 anni, il trasporto merci su rotaia in Italia non è riuscito a rispondere in modo efficace alla competitività del trasporto su strada perché manca di flessibilità, per i tempi molto lunghi per il carico e scarico delle merci, e perché presenta anch’esso costi troppo elevati, che non ne incentivano l’utilizzo.
Il sistema ferroviario nazionale risponde (solo) alle esigenze di trasporto di quelle grandi aziende che possono beneficiare, negli stabilimenti, di un collegamento su rotaia alla rete ferroviaria nazionale, quelle che hanno l’esigenza di trasportare carichi molto pesanti che non potrebbero essere trasportati con altre modalità. Per il resto delle piccole e medie aziende, il trasporto su rotaia non soddisfa le esigenze, specialmente per quanto riguarda i collegamenti con il c.d. ultimo miglio.

I costi di trasporto delle merci incidono sulla competitività del Paese.

Questo accade, come detto, in ragione del costo delle autostrade, ma anche per i ritardi che un trasporto su gomma o su ferrovia accumula a causa di un sistema infrastrutturale ormai saturo, che rischia di collassare in qualsiasi momento e al minimo imprevisto o evenienza che possano verificarsi sulla rete viaria: un cantiere di lavori autostradale o un incidente possono causare ore, se non giorni, di ritardo ai trasportatori.
Infine, le micro dimensioni delle imprese di trasporto e i costi esagerati che gli operatori del settore devono scontare sulla loro pelle, amplificate dalle inefficienze di tutto il sistema viario nazionale, come ad esempio la viabilità per accedere ai principali porti italiani di Palermo, Napoli, Livorno e Genova (per citare solo i principali porti del Tirreno) minano la capacità del sistema Paese di crescere e competere in Europa.

Ecco, dunque, che la necessità di investire per colmare la carenza infrastrutturale in infrastrutture si mostra in tutta la sua evidenza. Investimenti di questa natura diventano prerequisito essenziale per rilanciare l’economia, creando a un tempo nuovo lavoro.

Ma non basta costruire infrastrutture per risolvere il problema.
Si deve pensare a un nuovo modo di trasportare le merci, utilizzando tutte le varie possibilità disponibili che devono operare in perfetta sinergia tra di loro.
Quando si parla di trasporto multimodale, si devono studiare i flussi di movimentazione delle merci e delle persone per analizzare tutti i problemi esistenti, identificare i colli di bottiglia, per risolvere quei problemi, in modo da adottare le soluzioni più efficienti e più vantaggiose con riguardo al rapporto costi/benefici.
Non sempre l’intermodalità raggiunge questi obiettivi. Allora meglio analizzare in modo empirico i flussi delle merci e cosa fare per agevolare questi flussi.
In Italia ci sono, altresì, da considerare anche molti impedimenti geografici. Le Alpi, ma anche gli Appennini, rappresentano barriere naturali che richiedono investimenti enormi per limitarne gli effetti sul trasporto delle merci. Anche in questo caso bisogna cominciare a ‘pensare in grande’. Le tecnologie oggi consentono di perforare le montagne per realizzare tunnel che riducono le distanze e annullano i dislivelli da superare.
La realizzazione di un ‘passante’ fra Adriatico e Tirreno, mediante la realizzazione di un tunnel potrebbe sembrare un’opera fantascientifica, ma non lo è. Con le tecnologie attuali è possibile. Per altro un sistema di gallerie ben congegnato oltre a ridurre i tempi e le distanze da percorrere, consente anche di rendere il tragitto protetto dalle condizioni climatiche avverse: neve, vento o pioggia diventano ininfluenti quando si viaggia dentro un tunnel.
I tunnel possono essere anche la soluzione per facilitare l’accesso ai porti nelle grandi città super congestionate dal traffico, com’è ad esempio Napoli.
La realizzazione di un tunnel, che possa consentire a chi arriva da Sud e un altro tunnel che consenta a chi arriva da Nord di accedere direttamente nel porto, potrebbe generare vantaggi notevoli per ciò che riguarda il traffico, con effetti benefici anche sull’inquinamento.
Certamente si tratta di investimenti caratterizzati da importanti esborsi finanziari, ma gli investimenti sono tali perché ritornano nel tempo.

Dal punto di vista dei volumi, non vi è dubbio che il trasporto su strada rappresenti la gran maggioranza degli spostamenti di merci e passeggeri, e che attualmente il mercato non offre agli utenti incentivi sufficienti per passare ad altri modi di trasporto, che in genere rimangono meno competitivi.
Resta però il fatto che il settore del trasporto su gomma è quello da cui deriva la maggiore percentuale di emissioni di Co2.

Investimenti mirati nella realizzazione delle infrastrutture necessarie non sono solo importanti per rendere il Paese competitivo nei rapporti commerciali, ma sono anche doverosi per un trasporto di merci e persone che sia sempre più sostenibile, in vista dell’obiettivo della decarbonizzazione, che non va mai perso di vista.

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Fonte: Sito di Meritocrazia Italia

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