Da “Città Bellissima” a “Vicenza capitale della cultura 2024”. Intervista alla consigliera Caterina Soprana, tra le prime anime del progetto

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Basilica Palladiana
Basilica Palladiana

Una città che ha voglia di “fare rete” in campo culturale. È questo il seme che Caterina Soprana, consigliera vicentina e curatrice del progetto “Città Bellissima”, ha saputo cogliere e coltivare scavando sotto la superficie che etichettava Vicenza come una città dall’individualismo infecondo. Il percorso di condivisione con la città ha dato i suoi frutti e oggi Vicenza è tra le finaliste per diventare capitale italiana della cultura 2024.

città bellissima
Caterina Soprana, consigliera comunale

Da “Città Bellissima” a Vicenza potenziale Capitale della cultura 2024, cosa è scattato nel 2020?
Soprana. «L’idea di “Città Bellissima” è nata durante il Covid. Il mio desiderio era quello di scombinare gli schemi e cercare un punto di vista trasversale per fare la cultura. Da qui l’idea di mettere insieme le forze presenti in città per cercare di fare rete e sviluppare qualcosa di nuovo. Per questo l’amministrazione si è fatta promotrice di un dialogo allargato con tutti gli attori culturali del territorio. L’obbiettivo primario era quello di mettersi tutti intorno ad un tavolo e costruire una “cultura di sistema” per rilanciare la città sia dal punto di vista culturale sia dal punto di vista turistico. L’ambizione iniziale consisteva quindi nella creazione di un dialogo, attraverso tavoli di lavoro, tra il mondo della cultura, dell’architettura, dell’arte e quello della formazione, del turismo e dell’impresa per arrivare a condividere delle mete da raggiungere insieme. Gli obiettivi individuati sono rimasti anche nel progetto di “Capitale della cultura” perché si era lavorato sull’idea di tracciare un’identità vicentina. In particolare, si era pensato di costruire un brand su Vicenza e soprattutto, già nella prima presentazione del 24 giugno, si era individuato un grande obbiettivo da raggiungere insieme: Capitale italiana della cultura. Un altro elemento risultato fondante del progetto era la partecipazione, il fatto di coinvolgere la cittadinanza».

Cosa prevedeva il progetto “Città bellissima”?
Soprana. «Inizialmente si era parlato di una serie di incontri che nelle intenzioni avrebbero dovuto essere pubblici, ma a causa del Covid il rapporto di relazione tra i vari interlocutori si è sviluppato principalmente da remoto. Sono stati inoltre avviati dei lavori anche attraverso dei questionari inviati alle persone che riguardavano lo studio dell’identità vicentina, gli elementi utili per poter costruire un brand, l’analisi dell’offerta culturale in città e la ricerca di modalità per sviluppare nuove strategie per un’offerta culturale più integrata e coordinata. I questionari sono stati uno strumento di conferma: l’identità vicentina è stata immediatamente rilevata nel suo intreccio indissolubile di cultura e impresa. Questo il binomio da cui abbiamo preso il via anche per sviluppare il dossier con cui Vicenza si è presentata come Capitale della Cultura 2024. I questionari ci hanno inoltre dimostrato che l’offerta culturale a Vicenza era davvero ricca, forse più di quanto noi pensassimo e che desiderio di fare squadra era tanto».

Quali consapevolezze ha portato il Covid per il settore della Cultura?
Soprana. «Il tempo del Covid ha fatto maturare una consapevolezza in senso lato che poi si è ripercossa anche nella cultura. A livello generale, ci ha insegnato che da soli non si va da nessuna parte e questa nuova relazione tra l’io e la collettività ha investito sicuramente anche l’ambito culturale che è stato motivato a “fare rete”. A livello individuale, ha portato una consapevolezza profonda: la cultura e la condivisione della cultura sono ingredienti fondamentali della vita che devono essere accessibili a tutti».

Qual è a suo avviso la chiave per la rinascita di cultura e turismo a Vicenza?
Soprana. «Vicenza è una città già ricca dal punto di vista culturale, quindi parte avvantaggiata rispetto ad altre realtà. La chiave su cui lavora il progetto “Vicenza capitale della cultura 2024” è l’estensione del significato di cultura e della cerchia dei suoi produttori. Abbiamo intuito che la cultura non è solo qualcosa per gli addetti ai lavori in senso tradizionale, ma tutti coloro che contribuiscono ad arricchire la società di nuove invenzioni contribuiscono anche a creare cultura in città. Quindi, se l’invenzione nel significato che gli dava Palladio è la creazione di qualcosa di nuovo e soprattutto di utile, cultura non è solo invenzione in senso strettamente artistico ma anche impresa, terzo settore e sport. Questo concetto dilatato di cultura che esce dal vestito troppo stretto dei musei allarga anche le maglie dell’offerta culturale e quindi moltiplica l’attrattività. Ben 20 aziende hanno aperto le loro porte e costruiranno dei veri e propri itinerari culturali. Infine, non va dimenticato che la partecipazione a un bando come “Capitale italiana della cultura 2024” può produrre accelerate importantissime dal punto di vista dell’attrattività e noi le stiamo già toccando con mano ora: Vicenza è po’ più conosciuta di prima ed ha iniziato ad essere sulla scena nazionale (ne parla Repubblica, Avvenire…)».

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Logo del progetto “Città Bellissima”

Come è possibile rendere una città protagonista e non spettatrice della cultura?
Soprana. «Non è solo la cultura a non dover essere spettatrice, ma anche i fruitori della cultura devono farsi attori. Questa è la linea guida che ha accompagnato tutta la costruzione del Dossier. Si è scelto di fare un lavoro di condivisione importante e in questo senso è stata utile “Città bellissima” che aveva già avviato il dialogo con le forze culturali vicentine. Ci siamo resi conto che costruire un progetto condividendo ogni passo con gli attori che sono i cittadini ha pagato tantissimo perché il nostro dossier fa trasparire un clima di condivisione costante».

Quali sono le difficoltà di accendere i riflettori sulla cultura in una città da molti ritenuta “provinciale”?
Soprana. «Nel momento in cui i cittadini sono stati chiamati la risposta è stata entusiastica sia da parte delle imprese sia da parte degli operatori culturali e infine anche da parte del mondo del terzo settore e dei giovani. Anche la Diocesi ci ha aperto le porte. Lanciare l’idea di candidare Vicenza come capitale italiana della cultura 2024 ha automaticamente sprovincializzato Vicenza. Inoltre, non vanno dimenticati i 90 comuni che hanno sottoscritto il protocollo d’intesa (tra gli altri Bassano del Grappa è uno dei più attivi)».

Lei che è stata tra le prime anime se non la prima anima del risveglio culturale vicentino crede che Vicenza possa vincere?
Soprana. «In termini di potenzialità ne sono assolutamente convinta in quanto credo nel nostro patrimonio artistico e nei nostri produttori culturali (artisti, imprenditori e associazioni). Sono fermamente convinta del valore del nostro progetto che è profondo, articolato e ha un significato importante: il fatto di essere arrivati in finale ne dà piena attestazione. Ovviamente per la vittoria finale i fattori in gioco sono tanti e imprevedibili».

È un messaggio… civico che i tre principali protagonisti e animatori della corsa di Vicenza a Capitale della Cultura (il sindaco, lei e l’assessore Siotto) siano espressione di una Lista civica?
Soprana. «Mi piace credere che sia così. In quanto persona civica sono sempre stata convinta che la cultura debba essere apartitica perché è un bene che appartiene a tutti e tutte le forze devono impegnarsi a coltivarlo perché la cultura è base fondante per far crescere la cittadinanza. Il fatto che i primi promotori siano anche espressione di una lista civica non fa che avvalorare questo concetto e se può essere interpretato come un messaggio ben venga».

La cultura promossa e non solo promessa dai partiti può essere il volano socio-economico di una città?
Soprana. «Credo che la cultura non solo sia un volano socio economico, ma debba diventarlo sempre di più. L’impresa stessa sta capendo che la cultura è qualcosa da sostenere. Dobbiamo superare il vecchio concetto del mecenatismo fine a sé stesso nella consapevolezza che cultura è creatrice di valore. La cultura crea bellezza, inclusione, opportunità ed è un qualcosa che educa, accoglie e rigenera anche a livello economico una città perché la cultura è anche impresa. La cultura è impresa e l’impresa è cultura a sua volta perché contribuisce a far crescere la città».