Covid, nel decreto anche norma “salva Mediaset”. Un favore a Berlusconi in cambio dell’appoggio di Forza Italia?

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Berlusconi Silvio
Foto Fabio Cimaglia / LaPresse 13-06-2019 Roma Politica Palazzo Grazioli. Comitato di presidenza di Forza Italia Nella foto Silvio Berlusconi Photo Fabio Cimaglia / LaPresse 13-06-2019 Roma (Italy) Politic Palazzo Grazioli. Summit by Forza Italia In the pic Silvio Berlusconi

Prima ancora di scendere in campo in prima persona in politica con un suo partito (con l’azione determinante del condannato per concorso esterno in associaizone mafiosa Dell’Utri) l’imprenditore milanese Silvio Berlusconi sfruttò le sue conoscenze politiche, in particolare con i socialisti di Craxi, per poter espandere senza ostacoli il suo impero televisivo. Si è anche scritto, sui giornali, che la sua avversione all’elezione di Mattarella come presidente della Repubblica nel 2015 risalisse agli anni ’90 quando l’attuale presidente osteggiò una legge che invece avrebbe favorito Mediaset. Poi dal 2001 al 2006 e dal 2008 al 2011 Berlusconi è stato direttamente capo del governo controllando quindi sia Rai che Mediaset e facendo scrivere al fido Gasparri la legge sulle telecomunicazioni. Nel frattempo, come ricordò lo stesso Luciano Violante, anche con governi di centrosinistra le concessioni televisive e il conflitto d’interessi non sono mai stati veramente toccati. Gli ultimi avvenimenti dicono che Forza Italia dell’84enne Berlusconi ha votato lo scostamento di bilancio assieme al governo e anche se l’ex Cav ha smentito di poter entrare direttamente nella compagine giallorossa, si è detto disponibile a collaborare con Conte. Insomma, una specie di appoggio esterno all’attuale esecutivo. In cambio, anche se ovviamente nessuno parla in via ufficiale di scambio, il governo ha inserito nel decreto Covid una legge che alcuni hanno già ribattezzato “salva-Mediaset”.

Come riporta Public Policy la norma riguarda il caso Vivendi-Mediaset e la sentenza della Corte Ue del settembre scorso che ha dato ragione a Vivendi sulla presunta violazione della legge Gasparri come sostenuto dall’Agcom in quanto Vivendi aveva più del 40% in Tim e più del 10% in Mediaset, cosa che l’attuale legge sulle telecomunicazioni in Italia vieta. Il miliardario francese Bolloré dal 2016 sta cercando di mettere le mani sulla creatura di Berlusconi con una scalata che potrebbe portare il gruppo Fininvest in minoranza se non estrometterlo del tutto. Insomma se la scalata di Vivendi riesce, Mediaset non sarà più della famiglia Berlusconi (il che comunque risolverebbe un conflitto d’interessi mai affrontato seriamente dalla politica). Il testo prevede un periodo transitorio di 6 mesi (nell’attesa della riforma della legge Gasparri sul tema delle partecipazioni nelle aziende tv) entro cui l’Agcom dovrà svolgere una sua istruttoria “volta a verificare la sussistenza di effetti distorsivi o di posizioni comunque lesive del pluralismo, sulla base di criteri previamente individuati, tenendo conto, fra l’altro, dei ricavi, delle barriere all’ingresso”. Secondo diversi parlamentari, l’istruttoria ‘rallenterebbe’ la scalata di Vivendi.


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