Covid, virologo Clementi: “troppo allarmismo su variante inglese, nel 2021 vinceremo battaglia”

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virologo Massimo Clementi
virologo Massimo Clementi

Professor Massimo Clementi, cosa cambia la “variante inglese” nella storia di questa pandemia?

In realtà non cambia niente. Si chiama così perché gli inglesi l’hanno individuata per primi grazie alla loro particolare e interessante rete di studio sul sequenziamento. Ma il 18 dicembre, quindi prima della rivelazione inglese, un caso è stato registrato a Loreto, in Italia. E non deve sorprendere perché attualmente qui avremo una dozzina di varianti fissate più o meno nella popolazione.

Quindi dobbiamo preoccuparci di più o no?

Non deve preoccupare perché nella storia delle epidemie è molto difficile che le varianti siano più patogene. Perché il virus non ha interesse a danneggiare l’ospite ma ha interesse a replicarsi il più possibile. Quindi cerca di infettare meglio la cellula, come una chiave prova a entrare in una serratura. Varia per sopravvivere.

Quindi è una evoluzione positiva della pandemia?

Non possiamo dire che sia un’evoluzione positiva, ma al momento attuale possiamo certo dire che non sia negativa. Quasi tutti i soggetti con la “variante” sono addirittura asintomatici. Si diffonde maggiormente e potrebbe nel tempo prevalere sulle altre varianti, cosa già in parte successa con quella spagnola rilevata la scorsa estate.

C’è stato un po’ di allarmismo mediatico sulla “variante” secondo lei?

Sì. Poteva essere giustificata la preoccupazione sulla possibilità che il virus che muta possa rendere il vaccino inutile, ma pare non sia questo il caso dai dati che abbiamo su chi è già stato vaccinato nel Regno Unito. Io su questa variante metterei una pietra sopra.

Ma è possibile che arrivi una “variante” più patogena?

Non abbiamo elementi allo stato, ma non possiamo escluderlo al cento per cento.

I vaccini in arrivo da oggi anche in Italia sono davvero la cavalleria? Quale la convince di più?

I primi due, a Rna, quelli di Pfizer e Moderna: sono straordinari non solo per l’efficacia, superiore all’auspicabile. Ma anche perché si tratta di vaccini modulabili, in poche settimane possono essere modificati sulla base delle nuove “varianti” del coronavirus e questo si collega anche alla domanda precedente. La loro tecnologia, inoltre, può rivoluzionare la cura di malattie in cui entra la possibilità di stimolare il sistema immunitario ammalato: dalle malattie neoplastiche come il melanoma ad altre forme di cancro a malattie infettive croniche. E non solo, molti dei vaccini attuali, penso a morbillo, rosolia, parotite, possono essere rifatti; possono essere resi più efficaci e meno tossici; può essere migliorato lo stesso vaccino anti-influenzale che è un antidoto vecchio e poco efficace (solo fino al 60 per cento). Il grande dramma della diffusione pandemica di SarsCov2 di buono lascia che potrà essere riscritta la storia delle vaccinazioni.

Quando si vaccinerà?

Spero di poterlo fare presto: sono un operatore sanitario e ho 69 anni.

In Italia a che punto sta l’epidemia?

Una situazione di controllo, ma di stallo. È senz’altro un dato positivo la seppur lenta diminuzione di ricoverati in terapia intensiva e nei reparti. Però finché non riportiamo il numero di casi giornalieri sotto quota cinquemila è difficile che il tracciamento dei nuovi casi corrisponda davvero alla realtà. Le misure di Natale del governo, a mio avviso, si riveleranno fondamentali, altrimenti a gennaio avremmo dovuto fare i conti con problemi enormi.

Secondo lei l’obiettivo di 42 milioni di vaccinati a fine estate, inizio autunno, per avvicinare l’Italia all’immunità di gregge, è realistico?

Con una buona organizzazione sì, dipenderà anche dalla disponibilità dei vaccini. Ma sono fiducioso, il 2021 sarà l’anno in cui vinceremo questa battaglia contro SarsCov2 e Covid-19. Bisognerebbe, insieme ai vaccini, iniziare a utilizzare seriamente anche gli anticorpi monoclonali come elemento di profilassi, non solo come farmaco per la terapia. Non su grandissima scala, ma nelle rsa per esempio. Questo permetterebbe di far ancora prima.

La riapertura delle scuole il 7 gennaio la preoccuperebbe?

L’istruzione dei nostri ragazzi è una ricchezza che non si può perdere. Sarà fondamentale la gestione dei trasporti. Speriamo che i prefetti se ne stiano occupando davvero.

Come passerà il Capodanno?

A casa con mia moglie, non so se ci saranno anche mio figlio e mia nuora: abitano qui a Milano a cento metri da noi, non credo vogliano venire ma sono invitati. Io in realtà spero di riuscire a rimanere sveglio fino alla mezzanotte.

Intervista di Giampiero Calapà  sul Il Fatto Quotidiano