Ieri circa 35 persone, genitori e figli, appartenenti al comitato Scuola in Presenza Vicenza si sono messi in viaggio per raggiungere la manifestazione romana organizzata e promossa dalla Rete Nazionale Scuola In presenza. Tra i partecipanti Daniele Novara, esperto di pedagogia: “Chiudere le scuole è una decisione sbagliata. Affermare che la Dad ha salvato la scuola è un’assurdità – ha detto in un comunicato -. La scuola è comunità, incontro non una piattaforma digitale formata da miglia di monitor. Chi ha chiuso la scuola afferma che l’ha fatto per salvaguardare la salute senza considerare che l’isolamento, la dipendenza tecnologia porta a gravi malattie come la depressione nella sua definizione e risvolti più ampi. Una persona infelice si ammala! Non possiamo continuare ad alimentare l’infelicità dei giovani! Questa condizione è altrettanto minacciosa del virus! l’infelicità, l’isolamento, la depressione ci mette in una condizione che sfocia in ogni tipo di altra malattia. E’ in atto un accanimento, un’aggressività contro bambini e ragazzi e non è mai successo nella storia che una generazione adulta si accanisse sui più giovani”.
Fiammetta Borsellino, figlia del giudice assassinato nella strage di Via D’Amelio: “Voglio portarvi la testimonianza di figlia di un uomo morto per lo Stato, per difendere l’idea più alta di Stato, nella sua forma più alta di salvaguardia dei diritti, della libertà e della dignità di ogni essere umano. Mio padre era fortemente convinto che la lotta alla mafia non si fa con la repressione, le pistole e le conoscenze “giuste”, ma con la cultura, quella che si insegna a scuola, quella che ti insegna a ragionare con la tua testa e oggi negando questo diritto, stanno uccidendo per la seconda volta mio padre. Con la chiusura delle scuole lo Stato sta facendo un grande favore alla mafia perché in questo lungo periodo, centinaia di ragazzi sono scomparsi dai radar degli osservatori scolastici e sono irrecuperabili, sono i futuri soldati della mafia”.
“Dobbiamo difendere la scuola, riappropriaci di questo diritto e lottare. Lottare senza paura, come diceva mio padre, perché chi ha paura muore ogni giorno mentre chi non ha paura muore una volta sola. Vi voglio raccontare, oggi, della lettera che mio padre scrisse alle 5 di mattina del 19 luglio, prima di morire, ad una sua ex alunna di Padova che lo rimproverava bonariamente di non aver trovato il tempo di partecipare ad un incontro a causa dei numerosi impegni. In questa lettera mio padre esprime tutto il suo amore per la scuola, la cultura, per quel movimento culturale che deve muovere le nuove generazioni e che deve essere ritenuto lo strumento più importante alla lotta contro la mafia. Scuola come luogo di scambio, sicuro e di relazione, non semplicemente di apprendimento di nozioni”.
Molto forte e decisa la sua presa di posizione verso il governo che sta sbagliando, facendo delle scelte che compromettono in modo grave la salute psicofisica dei ragazzi. Per questo motivo, Fiammetta, ha dichiarato che non parteciperà mai più a nessuna commemorazione organizzata dagli organi istituzionali, se questa situazione non cambierà. La nota epidemiologa e biostatista Sara Gandini che racconta il lavoro del suo team di scienziati e ricercatori, iniziato a maggio 2020, perché i dati a disposizione “parlano”: “Quello che abbiamo dimostrato concorda con tutti gli studi scientifici di ben 28 paesi, secondo i quali i contagi non arrivano dalle scuole. E’ ora di dire basta!” e alla piazza una ferma promessa “Noi non ci fermeremo”. A seguire altri interventi di taglio legale, che hanno cercato di tradurre gli sviluppi di una battaglia partita dal basso, da genitori ricorrenti e che si sta consumando ai più alti livelli dello Stato.
In tanti i giovani che hanno domandato di poter parlare, di poter raccontare il loro vissuto.
Sofia, 15 anni, voce decisa e con la disinvoltura di un adulto, dice alla folla che sta pagando un prezzo altissimo. Scavalcati, ignorati, illusi con una preparazione notevolmente peggiorata, gli studenti sono stanchi. “La mia bisnonna mi ha raccontato – dice Sofia – che quando era piccola, neppure durante la guerra mondiale le scuole hanno chiuso. La sua insegnante andava di casa in casa a convincere i genitori di mandare i figli a scuola, così sarebbero stati al sicuro perché non avrebbero avuto paura e diceva che se la gente avesse studiato di più, si sarebbe potuto evitare anche la guerra”. Lei chiede solo di poter togliersi il pigiama, prendere la sua bicicletta e tornare nella sua aula.
Si è sentita provocata anche Arianna, 23 anni, studentessa universitaria di lettere antiche che ha ricordato a tutti che anche gli universitari sono studenti. Gli universitari come i ragazzi delle superiori, i grandi dimenticati. Per Arianna, l’università non è Microsoft Teams, lei che si è laureata al tavolo di casa, tra squilli del telefono e il cane che abbaiava. Dice che non si può più andare avanti così, che la presenza è indispensabile e i libri sono necessari “invece non si può neppure più andare nelle biblioteche delle università portando un semplice foglio e una penna perché il virus persiste sulla carta” dice sorridendo ironica, bella e forte nella sua consapevolezza di giovane donna.
Mentre gli interventi scorrevano veloci, sullo sfondo degli striscioni portati da Vicenza e ci si avviava al termine, una signora anziana passeggia avanti e indietro con un cartello con la raffigurazione della morte e la scritta “Dad morte della didattica”. La nonna, da dietro la sua mascherina con i colori dell’arcobaleno dice: “una cosa così non si era mai vista, mi vergogno tantissimo con questi ragazzi, con questa generazione” Lei che di cose ne ha viste passare tante, con il suo cartello e le sue parole, inverte la narrazione dominante degli ultimi mesi, che ha visto giovani colpevoli contro anziani in pericolo di vita.
Da Vicenza, i partecipanti, riferiscono che ieri è andata in scena una battaglia civile straordinaria. Ieri è stato il primo appuntamento in presenza di un’unità di voci, che seppur con accenti diversi ha ridato dignità ai nostri figli e speranza a un cambio di rotta per il futuro del nostro paese che passa inevitabilmente da loro.