Le Grotte di Stiffe, passeggiata nelle viscere delle montagne abruzzesi

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Grotte di Stiffe
Le Grotte di Stiffe (foto Flickr: Jon Gudorf Photography)

Cosa si prova a passeggiare nelle viscere di una montagna, circondati da costoni di roccia, nella luce artificiale che illumina sale dai soffitti alti trenta metri, accompagnati dal sottofondo di un fiume che scorre impetuoso attraverso quegli stessi corridoi? Seguiamo il Rio Gamberale nel suo viaggio attraverso le montagne del Velino-Sirente, in Abruzzo. Nel comune di San Demetrio dei Vestini, a pochi chilometri dal capoluogo L’Aquila, sorge infatti un complesso carsico dalla straordinaria bellezza, le Grotte di Stiffe.

Cascata Grotte di stiffe
La Cascata, uno dei cinque ambienti visitabili (Foto Flickr: Giorgio Raffaeli)

Il percorso visitabile, di circa 700 metri, parte dal punto che in gergo geologico è definito come “risorgenza” (o risorgiva). Lì dove il corso d’acqua, fino a quel punto sotterraneo, torna in superficie. Il Rio Gamberale, infatti, prima di sgorgare fuori dalla grotta, percorre quasi tre chilometri sottoterra. I cosiddetti “inghiottitoi” dell’Altopiano delle Rocche, piccoli laghetti dal fondale sabbioso, assorbono e filtrano l’acqua del Rio, che continua quindi a scorrere sottoterra fino alla grotta. Il complesso è di formazione geologicamente recente: con i suoi 600.000 anni di età risale al Pleistocene, un periodo compreso tra i 2,5 milioni e gli 11 mila anni fa; i corridoi nella roccia sono stati pazientemente scavati dal fiume, che continua ancora oggi la sua opera: le Grotte di Stiffe possono definirsi geologicamente come “attive” o “vive”, in contrapposizione alle grotte “fossili”, prive quindi di acque in movimento.

grotte di stiffe stalattiti
Le formazioni calcaree conosciute come stalattiti e stalagmiti nelle Grotte (Foto FB: YesAbruzzo)

La bellezza delle Grotte è quindi ancora nel corso della sua lentissima evoluzione. Sebbene cosa sarà di quelle stanze e di quei corridoi tra alcuni millenni si possa soltanto immaginare, basta sapere che ciò ad oggi si presenta davanti al visitatore è uno spettacolo da togliere il fiato. Sulle pareti delle “sale” (così sono definiti i vari ambienti in cui è suddivisa la grotta), al bianco del carbonato di calcio che forma la roccia, si fondono il nero e il rosso dei minerali portati dall’acqua nel corso del tempo; la roccia porosa, inoltre, filtra l’acqua a piccole gocce, che nell’arco di centinaia di anni costruiscono, grazie al rilascio di calcare, le formazioni conosciute come stalattiti. L’acqua che dalle stalattiti finisce al suolo, grazie allo stesso processo chimico, dà invece forma alle stalagmiti.

Le Grotte sono visitabili da poco più di trent’anni. Prima di diventare patrimonio di tutti, il fiume che le ha scolpite alimentava, attraverso dei canali artificiali, una centrale idroelettrica, installata nei primi anni del XX secolo. La centrale fu dismessa dopo la Seconda guerra mondiale, in seguito al crollo, per mano dei tedeschi, della diga che deviava il corso del fiume. La recente proposta di installare una nuova centrale, che avrebbe avuto importanti conseguenze sulla portata del corso d’acqua, ha incontrato una decisa opposizione dei cittadini, decisi a preservare il piccolo grande tesoro nascosto nel cuore delle loro montagne.