Il caporalato e l’imprenditoria migrante in Veneto

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Il caporalato in Veneto: convegno
Il caporalato in Veneto: convegno

Si è svolto martedì sera, presso i locali dell’istituto San Gaetano a Vicenza, l’incontro pubblico promosso dalla Rete Verso Città Migranti, di cui fa parte anche l’Ufficio Migrantes della Diocesi di Vicenza, per discutere sulla realtà del caporalato nella nostra regione e presentare i dati degli apporti dei lavoratori immigrati all’economia.

Sono intervenuti alla serata Grazia Chisin – UIL, Silvana Fanelli – CGIL, Sergio Spiller – CISL, Fabio Valerio – Centro Astalli Vicenza.

Fabio Valerio ha spiegato che il caporalato, sistema illegale di reclutamento e organizzazione della mano d’opera attraverso intermediari, viola la dignità dei lavoratori e gli artt. 1-4-35-36 della Costituzione, che fanno riferimento al lavoro.

Oggi, dal punto di vista legislativo, ci si può ritenere soddisfatti, con l’introduzione dell’articolo 603 bis del codice penale, avvenuta nel 2011, mentre prima si doveva  applicare l’art. 600 sulla riduzione in schiavitù; si tratta di una normativa completa.

Il caporalato non esiste più solo al sud e non è più prerogativa solo dell’agricoltura, ma oggi ha assunto diverse forme

Ci sono attualmente 400.000 soggetti sotto caporale in agricoltura e nel primo trimestre del 2019 sono triplicate le denunce per caporalato rispetto al 2018, (263 persone denunciate, 59 arrestate e 530 milioni il recupero contributivo). L’ agricoltura resta il campo dove più operano i caporali, soprattutto perché è la grande distribuzione che fissa il prezzo, senza tenere conto dell’incertezza dei risultati dei raccolti, il coltivatore si deve adeguare e tutto ciò si scarica sul lavoratore migrante.

Nel Veneto l’impatto visivo del caporalato è minore, ma esiste e le Procure di Vicenza e Bolzano hanno scoperto questa realtà nel volantinaggio; le persone venivano reclutate nei supermercati e nelle stazioni alle 4 del mattino, venivano pagate 2 euro e mezzo l’ora e venivano monitorate, attraverso sistemi GPS nelle biciclette.

Grazia Chisin ha detto che oggi i caporali si presentano come persone preparate, che hanno un approccio moderno di organizzazione e soluzione del lavoro, che compiono varie forme di illegalità con infiltrazioni mafiose. E’ stato sottoscritto un protocollo d’intesa sul contrasto al caporalato dalla Regione del Veneto, Veneto Lavoro, Anpal, Ispettorato Interregionale del Lavoro di Venezia e Parti Sociali, riferisce Grazia Chisin e aggiunge; “noi siamo, però, per l’applicazione del contratto collettivo di lavoro, che è l’unico che può realizzare l’obiettivo della sicurezza e dell’informazione sui diritti”.

A Vicenza sono presenti il 9,7% di stranieri. La comunità più numerosa è quella rumena (17%), seguono quella serba, marocchina e moldava (4%). Queste ultime sono costituite soprattutto da donne, badanti a cui noi affidiamo i nostri cari più deboli. Le imprese straniere rappresentano l’8,9% del totale mentre le donne percepiscono il 25% in meno dello stipendio.

Silvana Fanelli ha spiegato il valore aggiunto dei lavoratori stranieri, che in Veneto sono una presenza costante con 2188 permessi che non coprono neppure gli stagionali; gli stranieri occupati sono 38.000 (11%), soprattutto nei servizi sociosanitari, domestici (collettivi e personali), nel settore alberghiero e nella ristorazione, nelle costruzioni e nella logistica. E conclude con il dato dei contribuenti nati all’estero: 419.000, mentre sono 6175 gli imprenditori immigrati.

Sergio Spiller ha riferito che, purtroppo molti degli iscritti non ritengono veritieri i dati. Il tema dell’immigrazione si muove su due binari: quello della sicurezza e quello dell’accoglienza. L’immigrazione è un fenomeno storico, normale, ma non con le dimensioni che presenta oggi; gli stranieri scelgono di venire in Italia o in Spagna perché qui il lavoro è più segmentato e sono sovra istruiti e più giovani per il lavoro che svolgono mentre è anche per questo che gli italiani se ne vanno. Sono disfunzioni del mercato del lavoro, che invece andrebbe elevato per ridurre lo spazio del lavoro povero e permettere l’integrazione. Non da ultimo bisogna valorizzare le imprese etiche.