Indagine operai Fincantieri Porto Marghera, Rifondazione: “abolire leggi Treu e Maroni che hanno precarizzato il lavoro”

Il segretario veneto Benvegnù aggiunge: "abrogare Bossi-Fini e Jobs Act, nodi alla gola dei lavoratori"

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fincantieri
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“Ancora una volta il sistema Fincantieri finisce sotto inchiesta per lo sfruttamento della manodopera e l’evasione nelle ditte dei subappalti. Oggi è la volta di sette società albanesi a Porto Marghera ma il fenomeno riguarda praticamente tutti gli stabilimenti in giro per l’Italia” afferma in una nota Rifondazione Comunista a proposito dell’indagine in cui sarebbe emerso che alcuni operai nei cantieri navali venivano pagati poco e fatti lavorare tanto.

“Questa giungla degli appalti e dei subappalti fino agli anni ’90 non c’era. Fincantieri, come tutti i grandi gruppi industriali, doveva assumere direttamente e questo garantiva retribuzioni decenti, diritti e potere contrattuale per lavoratori. Nel 1960 la sinistra e la CGIL avevano conquistato la legge 1369 che vietava espressamente l’intermediazione e l’interposizione di manodopera. Come scrisse la Corte di Cassazione in una sentenza nel nostro ordinamento era stato introdotto “il divieto di interposizione parassitaria nelle prestazioni di lavoro” – prosegue ancora la nota di Maurizio Acerbo, segretario nazionale
e Antonello Patta, responsabile lavoro del Partito della Rifondazione Comunista – . Questa fondamentale conquista fu cancellata dal centrosinistra con il famigerato Pacchetto Treu e poi con il decreto legislativo 276 del 2003 del ministro leghista Maroni. Le pseudo-riforme del lavoro sono criminogene e i grandi gruppi come Fincantieri non possono far finta di essere innocenti perchè sanno bene cosa accade. La Fincantieri è un’azienda pubblica. Dia l’esempio re-internalizzando tutto quanto è stato subappaltato. Destra e centrosinistra sono corresponsabili di questa situazione. Le inchieste sono benvenute – conclude la nota – ma per risolvere il problema bisogna abolire le norme neoliberiste di precarizzazione del lavoro”.

Sullo stesso tema si è espresso anche il segretario veneto di Rifondazione Paolo Benvegnù: “nuovi arresti e denunce al cantiere navale di Marghera rendono di nuovo evidente la condizione di precarietà e sfruttamento a cui sono sottoposti migliaia di lavoratori nella più grande realtà industriale del Veneto. Migliaia di lavoratori, ogni giorno, varcano i cancelli per produrre le grandi navi. Sono soprattutto migranti costretti, spesso, ad accettare salari da fame per un lavoro che gli garantisce la possibilità di avere un qualche reddito ed il permesso di soggiorno. Lavorano prevalentemente nel sistema degli appalti, sempre denunciato con forza dalla Fiom e dai sindacati di base, dai nostri compagni dentro lo stabilimento,, che permette all’azienda, di proprietà dello stato, di competere sul prezzo delle navi e vincere sulla concorrenza internazionale. Uno degli strumenti fondamentali su cui si basa il ricatto contro i lavoratori è la stessa legislazione che regola il mercato del lavoro in Italia”.

“Sono la legge Bossi-Fini, che lega il rinnovo del permesso di soggiorno al contratto di lavoro, e il Job Act gli strumenti in mano ai padroni per stringere alla gola gli operai delle ditte in Fincantieri e non solo – aggiunge Benvegnù -. Migranti con il permesso in scadenza, richiedenti asilo che non ottengono la regolarizzazione nonostante siano impiegati in molte attività dell’industria e dei servizi, sono costretti ad accettare qualsiasi condizione venga loro imposta in cambio di un contratto di lavoro. Bene e, bisogna dire finalmente!, il ripetersi degli interventi della magistratura, ma è necessario andare oltre. Bisogna abrogare la Bossi-Fini – conclude Benvegnù – e il Job Act e finalmente realizzare una sanatoria che regolarizzi chi vive e lavora nel nostro paese”.