La Vicenza delle curiosità: quando Vicenza fu al top dei crimini… nobili. Da “ammazzatine” tra famiglie e in famiglia nacquero “I Promessi sposi”

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Nel 1648 ci fu la rivolta del grano capeggiata da una certa Maria perché i nobili anziché vendere il grano lo accumulavano per rivenderlo a maggior prezzo e guadagnare, lasciando il popolo alla fame. Maria entrò nei palazzi dei nobili, insieme ai rivoltosi, e prese il grano che distribuì equamente alla popolazione. Dopo 4 giorni arrivò il magistrato da Venezia che redarguì i nobili e giustiziò Maria e i suoi complici. La storia si ripete ai giorni d’oggi. Vi dò, quindi, appuntamento alla prossima puntata in cui vi toglierò qualche curiosità proprio sui criminali storici a Vicenza“.

Così concludevo la terza puntata di “La Vicenza delle curiosità“, che provo a raccontarvi come “Una vicentina curiosa“.

E di malfattori e criminali storici a Vicenza ve ne parlo, quindi, oggi (qui tutte le puntate, passate, presente e future).

Nel 1570 circa, Ottaviano Valmarana, convinto che la moglie Belluccia Repeta lo tradisse, l’aveva denunciata per adulterio (nel video la “storia” raccontata dalla “vicentina curiosa”, ndr). Non ottenendo nulla, tornò di soppiatto una notte e, anziché entrare dalla porta principale, salì con una scala per accedere attraverso una finestra. Un servo con una pietra lo uccise. Probabilmente, il servo era un sicario della moglie. Infatti, poco tempo dopo, fu ucciso fuori dalla città di Vicenza.

Nel 1580 circa, Orazio Godi aveva una casa tra il palazzo dei conti Capra e dei Bissari (l’attuale sede di Coin). Riuscì ad entrare nel parentado dei Capra e divenne l’uomo più ricco di Vicenza. A causa di un alterco con i conti Piovene, uccise un contadino e venne bandito. Quando rientrò, uccise il parroco del paese perché riteneva che fosse l’autore del complotto.

La sua casa in Corso fu rasa al suolo e i suoi beni andarono nelle casse della Serenissima Repubblica di Venezia per 120/150 anni. Solo alla caduta della Serenissima, il diritto di costruzione fu rinnovato.

Leonardo Da Porto era un ecclesiastico, ma amava appropriarsi del denaro delle vedove veneziane: prima le seduceva, poi le derubava.

Venne scoperto e incarcerato nella Torre del Palazzo Vescovile. Venezia lo voleva mettere nelle sue carceri. Non riuscendo a trasferirlo a Venezia, i gendarmi veneziani si recarono a Vicenza a prenderlo, ma Leonardo riuscì a fuggire sui tetti, raggiungendo le Fiandre.

Suo fratello, Ludovico Da Porto, non era da meno. Fu comandante di una delle due navi che la città fece costruire per la Battaglia di Lepanto.

Tornato dalla guerra a Vicenza, riconobbe nei Capra i suoi avversari. Infatti  le due famiglie più importanti a Vicenza nella seconda metà del 1500 erano i Da Porto e i Capra. Dopo varie litigate, si mise a compiere saccheggi con l’aiuto dei suoi bravi. Era talmente violento e brutale che venne decapitato dai suoi stessi uomini che offrirono la sua testa ai Godi per liberare Orazio.

La battaglia tra le due famiglie, Capra e Da Porto, continuò anche per futili motivi, come il diritto di precedenza sui marciapiedi. La Serenissima, dopo varie diatribe, sancì il diritto ai Da Porto. Per vendetta, Orazio Capra uccise alcuni Da Porto davanti al Duomo, all’uscita dalla messa domenicale. Ma la vendetta di questi ultimi non tardò ad arrivare.

Giangiorgio Trissino aveva due figli: Giulio, nato dal primo matrimonio, e Ciro, nato dal secondo.

Giulio era cameriere segreto del papa Clemente VII e, nonostante avesse avuto quell’importante carica grazie al padre, ebbe sempre con lui rapporti difficili.

Dopo molti anni di vedovanza, Giangiorgio si innamorò di un’altra donna ed ebbe Ciro a cui lasciò la sua dimora situata in Corso Fogazzaro a Vicenza.

Giulio, rivale del fratello, cacciò il padre febbricitante da casa in pieno inverno per impossessarsi della dimora.

Giangiorgio e Ciro andarono ad abitare altrove, ma dopo tre anni il primo morì.

Alla morte del padre, Ciro si vendicò del fratellastro denunciandolo per eresia, per ben 4 volte, senza risultato. Alla fine ci riuscì e Giulio venne messo in carcere.

Dopo qualche tempo, Ciro fu ucciso in casa davanti alla moglie e al figlio, Marcantonio, che aveva 10 anni, da 5 figure nere incappucciate, parenti di Giulio.

A 17 anni, Marcantonio uccise Giulio Cesare, parente di Giulio, all’uscita dal Duomo con un solo colpo di pugnale.

Pompeo Trissino, figlio di Marcantonio, cercò invano di promuovere la pace tra i due rami della famiglia, ma subì un agguato in cui fu ucciso suo figlio. La statua di Pompeo è situata nel Teatro Olimpico.

Ottavio Sale, proprietario del Palazzo Sale, si innamorò perdutamente di una serva, pur essendo sposato. La sua gelosia era talmente insana che dubitò di un servitore, pensando che ne fosse l’amante. Così diede ad un altro servitore l’ordine di ucciderlo.

Quest’ultimo confessò il delitto, venne giustiziato e Ottavio venne condannato ad un esilio di 25 anni.

Ritornato a casa clandestinamente, visse per 20 anni in cantina, segregato, fino a che non ereditò il palazzo Repeta in Piazza San Lorenzo in cui entrò come un grande signore perché erano trascorsi i 25 anni.

I Capra della Rotonda erano i successori di Paolo Almerico che l’aveva fatta costruire da Andrea Palladio. Tuttora sono i proprietari della villa.

Nella torre della Basilica e nel vicino Palazzo della Ragione veniva amministrata la giustizia. Un certo Paolo Orgiano, signorotto del Basso Vicentino, aveva avuto molte denunce finché non venne messo in carcere ai Piombi di Venezia per aver rapito una popolana prima delle nozze con un suo pari e vi morì.

Sembra che Alessandro Manzoni, avendo un amico archivista a Vicenza – un certo Bucci-, sia venuto a conoscenza della storia e ad essa si ispirò per scrivere “I Promessi Sposi“, che pubblicò dopo la morte dell’amico Bucci.

Iseppo Almerico uccise il notaio Gian Battista Monza per vendicare una parente che era stata messa incinta da lui o da suo figlio e quindi disonorata.

Infatti, questa partorì tre mesi dopo le nozze, venne scoperta la tresca e quindi fu ripudiata.

Il nipote del notaio, Fabio Monza, tenne un diario sui fatti cittadini e in esso aveva annotato il progetto della vendetta.

In Corso Palladio, a fianco della attuale libreria Traverso, si trova la Colonna Infame a testimoniare l’omicidio commesso da Galeazzo da Roma, insieme a Iseppo Almerico, al fratello Leonardo da Roma e altri complici il 3 Luglio del 1548.

La colonna testimonia l’assassinio commesso dai proprietari, poiché la casa dei Da Roma fu rasa al Suolo.

La causa del brutale omicidio di massa di Alberto Valmarana, di alcuni suoi fratelli e di alcuni servi accorsi in aiuto fu il rifiuto di Alberto alla proposta di matrimonio di Isabetta da Roma, rimasta vedova, che aveva un vero e proprio amore ossessivo verso il giovane Valmarana, suo vicino di casa. Era arrivata al punto di proporre in matrimonio la sua giovane figlia, ma Alberto rifiutò.

Questo venne vissuto dai da Roma come un grave affronto. Dapprima Isabetta cercò di avvelenare Alberto per mano di una serva da lei pagata. Questa, però, all’ultimo momento si pentì, mettendosi a piangere in casa Valmarana e confessando tutto.

Allora la famiglia da Roma, per vendicarsi, progettò il piano. A mezzogiorno, Galeazzo e i suoi complici si presentarono dai vicini Valmarana (a quel tempo i  nobili  aprivano le porte delle loro case per dare da mangiare ai poveri) e uccisero barbaramente Alberto e altre persone.

Solo Iseppo Americo pagò per i suoi misfatti venendo impiccato a Firenze.

Tra il 1500 e il 1600, Vicenza fu, di fatto, la città in cui avvenivano più omicidi di tutta la Serenissima Repubblica di Venezia. In città la giustizia era amministrata dagli stessi nobili in conflitto o in combutta e solo nel 1700 passò a Venezia.

Ma per fortuna la storia di Vicenza annoverò non solo, nobili, criminali ma, si spera, ancora più uomini illustri. Appuntamento alla prossima puntata in cui cambierò registro per raccontarvi non le bruttezze ma chi diede ben altro lustro a questa terra.

 

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