Memoria, esperienze e linguaggio sono liberi o manipolabili?

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Memoria, esperienze e linguaggio liberi o condizionati
Memoria, esperienze e linguaggio liberi o condizionati

Se la memoria, le nostre esperienze e soprattutto il linguaggio con cui ci esprimiamo sono la colonna portante di noi stessi e della nostra verità, possiamo essere davvero liberi o sono condizionate dai processi di apprendimento?

«La tua memoria assomiglia ad un articolo di Wikipedia. Puoi modificarla, e anche gli altri possono farlo»[1]. Queste parole le ha pronunciate la psicologa Elisabeth Loftus, che si è occupata di studiare la memoria nei suoi vari aspetti e la sua relazione con il linguaggio. Secondo il poeta argentino Jorge Luis Borges «noi siamo la nostra memoria, noi siamo questo museo chimerico di forme incostanti, questo mucchio di specchi rotti»[2]. Ma, se noi siamo le nostre stesse esperienze e ciò che ci ricordiamo, siamo sicuri di poter affidarci alla nostra memoria?

Per approfondire l’affidabilità di quest’ultima, gli psicologi Loftus e John Palmer hanno condotto uno studio approfondito[3] che conduce alla conclusione che non possiamo più essere sicuri nemmeno di ciò che vediamo, in quanto il nostro modo di vedere e di ricordare può essere manipolato.

Loftus e Palmer condussero due esperimenti: al primo parteciparono 45 studenti su base volontaria dell’Università di Washington divisi in 5 gruppi da 9 studenti ciascuno. A ogni gruppo fu fatta vedere una stessa serie di video di incidenti automobilistici e, alla fine, fu chiesto loro a che velocità andassero le auto in media. L’unica differenza fra i gruppi fu il verbo utilizzato: infatti fu chiesto loro a che velocità le auto “si sono toccate” (contacted), “si sono urtate” (hit), “sono andate a sbattere” (collided), “si sono scontrate” (bumped) oppure “si sono schiantate” (smashed). Il solo cambio di verbo all’interno della domanda ha modificato la percezione della velocità delle auto. È molto difficile intuire in modo preciso la velocità delle auto da un video, ma è interessante la correlazione tra l’uso dei verbi e le risposte medie degli studenti. Utilizzando il verbo “toccarsi” la velocità media stimata è stata 52,2 km/h, mentre utilizzando “schiantarsi” la velocità media stimata aumenta a 62,5 km/h. Si può anche notare come progressivamente la stima media aumenti con l’aumentare della forza del verbo utilizzato.

Fu condotto un secondo esperimento simile su 150 studenti. Ai diversi gruppi stavolta fu chiesto se le auto avessero un vetro rotto, dettaglio che non emergeva nel video. Il 32% degli studenti a cui fu posta la domanda con il verbo “schiantarsi” rispose affermativamente, mentre solo il 14% del gruppo a cui la domanda fu posta con il verbo “urtarsi” fece lo stesso. La nostra memoria è labile: possiamo davvero essere sicuri di ciò siamo e pensiamo?

«La memoria non è una cosa solida e immutabile. In realtà ogni volta che ricordi qualcosa, apporti alcune modifiche a quella memoria che è immagazzinata nel tuo cervello. Ecco perché si evolve durante il tempo»[4]. Così scrive il neuroscienziato Xu Liu, a commento della sua ricerca condotta insieme al collega Steve Ramirez. Entrambi condussero un esperimento nel quale alcuni topi furono portati in due scatole e presero la scossa nella seconda scatola. I due neuroscienziati hanno fatto in modo da indurre un falso ricordo nei topi, manipolando la memoria, inducendo i topi a pensare d’aver preso la scossa nella prima scatola. I topi, se venivano messi nella prima scatola, avevano reazioni di paura stimolate dal falso ricordo indotto. In realtà, non hanno creato nuovi falsi ricordi ma, come precisano loro stessi, hanno modificato e manipolato ricordi già esistenti per condizionare la memoria.

Il tema è sicuramente molto ampio, ma qui si vuole solo utilizzarlo come stimolo da cui trarre riflessioni pur con la notevole complessità tecnico-scientifica dell’argomento, ancora aperto e inesplorato. Le nostre considerazioni, anche su ciò che vediamo direttamente, possono essere condizionate da come ci viene presentata la situazione. Anche le deposizioni di testimoni nei processi sono state messe in dubbio riguardo alla loro affidabilità, per la manipolabilità della memoria umana[5]. In questi esperimenti non sono però stati presi in considerazione i condizionamenti che ci possono essere nella presentazione della situazione.

Spesso non è solo il linguaggio che ci condiziona, ma anche l’omissione intenzionale di dati rilevanti alla questione stessa. Lo scrittore Philip K. Dick scrisse che «la base per la manipolazione della realtà è la manipolazione delle parole. Se si riesce a controllare il significato delle parole, è possibile controllare le persone che le devono usare»[6]. Se la memoria, le nostre esperienze e soprattutto il linguaggio con cui ci esprimiamo sono la colonna portante di noi stessi e della nostra verità, possiamo essere davvero liberi? Possiamo essere sicuri di qualcosa? Oppure la nostra manipolabilità ci apre le porte verso un nuovo “tutto è falso”, del filosofo greco antico Gorgia, che chiude le strade delle certezze e apre quelle del dubbio radicale e della liberazione continua dai nostri dogmi?

[1] https://www.ted.com/talks/elizabeth_loftus_how_reliable_is_your_memory?language=en#t-320055

[2] J.L. Borges, elogio dell’ombra, 1969, pag. 7:  https://sites.google.com/site/biblibrospdf/jorge%20luis%20borges-Elogio-De-La-Sombra-.pdf?attredirects=0&d=1

[3] J. Palmer e E. Loftus, Reconstruction of Automobile Destruction: An Example of the Interaction Between Language and Memory, «Journal of Verbal Learning and Verbal Behaviour» 13, 585-586, Università di Washington, 1974;

[4] https://behavioralscientist.org/manipulating-memory-through-optogenetics-qa-with-neuroscientists-xu-liu-and-steve-ramirez/

[5] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4409058/

[6] P. K. Dick, citato in Gianrico Carofiglio, Con parole precise, RCS, Milano 2020, pag 105.


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a cura di Michele Lucivero

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