Morti sulla strada, una lettrice: non chiamiamolo incidente, ma disprezzo della vita

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E’ accaduto di nuovo – ci scrive Irma Lovato Serena – e meravigliarsi e stupirsene non serve, è l’ indignazione che deve scuotere le nostre e le altrui coscienze, è la non omertà che deve prevalere affinchè le strade siano di tutti e in sicurezza. E’ un cambio di prospettiva che dobbiamo fare nostro e con esso dobbiamo guardare a questi tragici fatti. E’ accaduto lo scorso fine settimana, in una frazione dell’ Alto Vicentino, l’ennesimo incidente: mettere assieme l’insieme dei fattori che hanno portato a questo tragico evento mi risulta misero esercizio perchè ciò che intendo mettere a fuoco, esula dai fattori fisici o psicologici, per colpire il soggetto o i soggetti, che sono i coscienti fautori di tali fattori.

Non è più giustificabile che una persona guidi ubriaca, nè tanto meno che affronti un piccolo centro abitato ad una velocità superiore ai 100 KM orari. Non è giustificabile il continuare a dare la colpa agli alcolici o alla sostenuta velocità: è alla persona/persone che hanno bevuto e che hanno premuto sull’ acceleratore che dobbiamo guardare. Eppure viene più facile, quasi scontato giustificare: ma fino a quando intendiamo rimanere ciechi difronte a tanta spregiudicatezza? Non c’ entra la giustizia o la relativa pena, qui stiamo parlando di una donna che per essere stata al posto giusto e al momento giusto in cui la sua vita l’ aveva portata, ha trovato nella sua corsia di marcia persone che fanno del disprezzo della vita il loro unico, e per loro sacrosanto, valore. 
Donna, la cui vita non sarà più quella di prima.

Possiamo chiamare cittadini/e responsabili coloro che guidano ubriachi? Coloro che sfidano gli altri ad altissima velocità? Coloro che, forse, fanno ciò come fosse una gara? Coloro che fanno delle regole del vivere civile semplici addobbi della loro stoltezza e superbia?
C’è una sconfitta della ragionevolezza e del buon senso in tutto questo; c’è una sconfitta del senso di umanità che ognuno di noi dovrebbe coltivare, per quel rispetto di sé e degli altri senza i quali una vita di comunità non può più considerarsi tale.
Ma la realtà ci parla di altro, ci parla di incidenti che non dobbiamo più considerare incidenti ma, che sono la manifestazione lampante di un immenso disprezzo della vita.