Mose, l’ex sindaco di Venezia Paolo Costa: emozioni contagiose per me e i veneziani, la miglior soluzione per Veneto, Italia ed Europa

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Paolo Costa

di seguito la riflessione sul CorVeneto di Paolo Costa, ex sindaco di Venezia ed ex ministro con Prodi

Alle 9.15 di sabato, 3 ottobre 2020, ho saputo che si poteva seguire su Facebook la diretta del sollevamento delle paratoie del MoSE. Un servizio scarno, immagini senza commento, conclusosi alle 9.52. Da quel momento – atteso da almeno vent’anni – Venezia era al riparo dalle acque alte «eccezionali», come quella da poco annunciata dalle solite lugubri sirene.

Chiuso il pc, ho pensato di uscire di casa per un caffè e, riflesso condizionato, ho cercato gli stivali che di solito mi servivano per raggiungere l’imbarcadero alla Palanca. Li stavo infilando con difficoltà quando mi sono reso conto che non mi sarebbero dovuti servire più! Eppure…. sono sceso in strada con un filo di inquietudine, figlio inconscio di quella domanda che mi era stata rivolta tante volte, in ogni parte del mondo: «ma il MoSE funzionerà?».

Una incredulità che ritrovavo dipinta in tutte le sue sfumature sulla faccia dei giudecchini che incrociavo. La delusione: di chi dell’opposizione al MoSE aveva fatto una ragione di vita, magari scambiando la sacrosanta lotta alla corruzione di pochi con il rifiuto di un’opera tanto complessa nella sua realizzazione quanto semplice nell’applicazione del principio di Archimede. La titubante speranza dei molti che ne avevano sofferto l’attesa, frustrata dai rinvii e minata dal bombardamento mediatico di chi ne sentenziava l’inutilità. In fondamenta alla Giudecca donne e uomini, tutti muniti di stivali, guardavano l’acqua che non si decideva a salire ed allagare il selciato.

Verso mezzogiorno le facce cominciarono a cambiare espressione. L’incredulità si stava sgretolando di fronte all’evidenza della marea bloccata a 75 cm sopra il medio mare: il MoSE ci stava tenendo all’asciutto! I sorrisi si diffondevano veloci, accompagnati dalle prime battute ironiche su prossime svendite di stivali di gomma e pompe idrauliche.

Emozioni contagiose e per me amplificate dal ricordo delle molte circostanze speciali che mi avevano fatto incrociare il MoSE. Di MoSE non mi sarei mai occupato se non mi fossi trovato a fare il rettore, il ministro, il sindaco di Venezia e il presidente del Porto proprio e solo in quei diversi singoli momenti. Come non riandare dunque ai giorni (1995) spesi sul dossier MoSE da esperto del Collegio internazionale incaricato della valutazione di impatto ambientale sull’opera. Al luglio 1998 quando –inversione dei ruoli– avevo ricevuto da Ministro dei Lavori Pubblici il parere positivo del Collegio internazionale. Ma soprattutto ai primi di aprile 2003 quando si tenne il Comitatone che avrebbe autorizzato l’avvio dei lavori. Vi partecipavo da sindaco di Venezia, pro-MoSE convinto, preso tra l’incudine della mia maggioranza consiliare, sensibile a tutte le sirene anti-MoSE, e il governo Berlusconi, determinato ad accelerare l’iter dell’opera. Dovetti rischiare. Accettai di andare a Roma con un mandato ad oppormi al MoSE «a meno che» il Governo non avesse accettato ben 11 condizioni poste dalla mia maggioranza. A Roma dove si dava per scontato il voto negativo del Comune di Venezia trovai per fortuna la disponibilità del sottosegretario Gianni Letta ad ascoltare le mie ragioni: in fondo chiedevamo «solo» una maggior attenzione alla morfologia lagunare, al rialzo di San Marco e soprattutto- alla salvaguardia della piena agibilità portuale. In una notte di trattative la delibera venne ribaltata e, con le 11 condizioni accettate, approvata all’unanimità.

Cinque anni dopo da presidente del Porto avrei constatato, con rabbia, che la conca di navigazione a Malamocco, pensata per garantire l’accessibilità al porto a MoSE alzato, non era stata costruita come dovuto. Bisognava rioccuparsi di MoSE e far accettare al Governo una soluzione aggiornata: una struttura permanente di accesso che accoppiava alla conca una piattaforma d’altura capace di estromettere dalla laguna i traffici container e petroliferi.

Una soluzione perfezionata con il meglio dell’ingegneria mondiale e approvata in Comitatone nel 2011. Purtroppo poi miopemente rallentata. Per fortuna senza impedirle di essere ancor oggi la miglior soluzione ricca di vantaggi per Venezia, per il Veneto (la navigazione interna fino a Padova e Mantova) per l’Italia e per l’Europa.

Ma questo è tema nuovamente di attualità solo perché «il MoSE funziona».

E questa volta saranno altri ad affrontarlo.