Paola Marini presiede la Fondazione Roi dal 27 novembre ma da allora nulla più si sa: come prima? Le 4 decisioni anti Gattopardo

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Dopo le laboriose trattative che hanno portato alla cooptazione nel cda della Fondazione Roi di Paola Marini, poi diventata degnissima presidente dal 27 novembre 2018, è stato nominato suo vice mons. Francesco Gasparini, il direttore del museo diocesano, cooptato in cda da Gianni Zonin ma che, ora in quota diocesi di Vicenza, nulla aveva e ha a che vedere con i musei civici, a cui deve dedicarsi per statuto la fondazione voluta dal marchese Giuseppe Roi. Si dice che il monsignore sia stato gratificato dalla vice presidenza per frenarne gli eccessi anti azione di responsabilità contro il suo sponsor precedente, Zonin.

 

Rimarrebbe, così, sola Giovanna Rossi di Schio, l’altra “reduce” dell’era fallimentare dell’ex bi-presidente di banca e Roi, moglie di Alvise, braccio destro storico del pensionato principe di Gambellara, e presidente del Fai di Vicenza in cui ha come vice Silvana Zuffellato in… Zonin…

Se non si è riusciti, quindi, a far sedere accanto a Paola Marini come vice presidente uno dei due altri membri non coperti dalle croste del passato, il neo direttore dei musei civici del Comune Mauro Passarin (membro di diritto) e Paolo Menti (in quota Accademia olimpica) e dal 27 novembre ad oggi nulla più si sa dei passi compiuta dal cda, rimane ancora una brutta storia quella della Fondazione: la presidentessa Paola Marini, che pure aveva promesso trasparenza totale, è ancora muta su eventuali passi intrapresi e decisioni attivate.

Se sarebbe oltremodo urgente far ricordare ai due consiglieri nostalgici dell’era Zonin che sarebbe opportuno che una tornasse ad occuparsi della cura del patrimonio d’arte e natura italiano e l’altro si ricordasse che la tonaca l’ha presa per la cura delle anime, non per comprare anche con i soldi della Roi il ritratto del Vescovo Matteo Priuli e ricevere indebiti contributi, torniamo noi ancora una volta ad elencare a Paola Marini le decisioni che almeno lei e gli altri due nuovi consiglieri dovranno e avrebbero già dovuto imporre per voltare veramente pagina e cioè:

1 – l’approvazione immediata dell’azione di responsabilità contro Zonin e, si spera, i precedenti amministratori coinvolti nell’incauto acquisto di 29 milioni di euro di azioni BPVi e dell’ex cinema Corso(l’azione per essere attivata non ha bisogno di alcuna approvazione regionale come si voleva far credere)

2 – il cambio, per discontinuità almeno parziale col passato (vista la continuità inossidabile assicurata da Gasparini e Rossi di Schio), dei professionisti da tempo al “capezzale” della Roi e sempre di era Zonin, cioè, a prescindere dalla loro professionalità, del commercialista Giovanni Sandrini e dell’avvocato Enrico Ambrosetti, se quest’ultimo non è stato già cambiato da Diamanti come promesso

3 – la compilazione di un inventario preciso da lasciti notarili dei beni mobiliari (quadri, avori, collezioni di monete…), che la Guardia di Finanza ritiene credibile siano statiin parte trafugati o asportati a prezzi di favore da parte di membri del cda della Banca Popolare di Vicenza

4 – infine, atto non meno importante degli altri, la “desecretazione” dei bilanci e degli atti amministrativi dell’epoca successiva alla morte del marchese, cioè dal 2009 alle dimissioni imposte di Zonin, un’operazione di trasparenza, cioè, che non si potrà più nascondere dietro l’essere la Fondazione una Onlus, caratteristica ora persa proprio a causa delle vecchie gestioni

Se non verranno compiuti questi passi, lo scrivevamo il 28 novembre, lo ripetiamo oggi alla presidente Paola Marini, e continueremo a farlo finchè ciò non avverrà, il palazzo della Fondazione Roi non sarà altro che il castello di Donnafugata, caro al “Gattopardo” Principe Fabrizio di Salina perché tutto, o quasi, in Roi sarà cambiato perché nulla cambi. Scenografia a parte.