Processo BPVi, i pm di Vicenza Salvadori e Pipeschi: Gianni Zonin sapeva tutto e va processato

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Gianni Zonin non era un inconsapevole pensionato, ma un lucido manager che aveva le conoscenze di un economista e la capacità gestionale di un amministratore delegato. E dunque non poteva non sapere: non poteva essere all’oscuro delle operazioni baciate e delle altre irregolarità che hanno contribuito al tracollo del!’ex Bpvi. È la convinzione della Procura di Vicenza che nell’udienza preliminare di ieri per il crac dell’istituto, ha chiesto il rinvio a giudizio del potentissimo presidente.
E anche de­gli altri sei imputati: l’ex vicedirettore generale responsabile della Divisione Mercati Emanuele Giustini di Roma; l’ex vicedirettore generale Divisione Finanza Andrea Piazzetta di Pederobba; l’ex vicedirettore generale Divisione Crediti Paolo Marin di Vi­cenza; l’ex dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili Massimiliano Pellegrini di San Donà; l’ex membro del Cda Giuseppe Zigliotto (ex presidente di Confindustria Vicenza) e BPVi in liquidazione coatta amministrativa. Resta stralciata per motivi di salute, e verrà discussa a settembre, la posizione dell’ex dg Samuele Sorato. Tutti gli imputati devono rispondere, a vario titolo, di ostacolo alla Vigilanza, aggiotaggio, falso in prospetto.
La richiesta di processo. La richiesta di rinvio a giudizio è arrivata in anticipo rispetto alle previsioni di calendario, con un’improvvisa e inattesa accelerazione del procedimento penale. I pm Luigi Salvadori e Gianni Pipeschi hanno parlato per oltre due ore, il primo illustrando l’inchiesta nel suo complesso, il secondo soffermandosi sulle singole posizioni degli imputati. Salvadori ha chiarito il meccanismo perverso delle baciate (i finanziamenti ai clienti per acquisto di azioni proprie). Un «fenomeno enorme», ha detto, del valore di circa 1 miliardo di euro: «Di queste operazioni non c’è traccia nei documenti interni ed esterni della banca». In sostanza sono state nascoste. E poiché le baciate incidono sul!’effettiva consistenza del patrimonio, è stata data di esso una rappresentazione non reale. Si configura così quel reato di ostacolo alla Vigilanza contestato dall’accusa. «Il fenomeno è pacifico e documentato», ha sottolineato ancora il magistrato secondo il quale si è alimentato con le baciate un mercato secondario (senza il quale il mercato delle azioni sarebbe, ndr) risultato in realtà «un mercatino». Il pm Pipeschi ha passato al setaccio le posizioni dei singoli. A cominciare da quella di Zonin: «Ci sono a suo carico elementi logici», ha rilevato, ricordando come nei verbali del Cda l’ex presidente parlasse con la competenza di un economista e come i dirigenti dicessero che si comportava come un amministratore delegato. Per quanto riguarda Piazzetta e Marin, essi avevano una posizione preminente nel fare da tramite.

Istanza di remissione. «Deserto probatorio», ha liquidato le accuse il professor Enrico Ambrosetti, legale di Zonin, all’uscita dall’aula. Le difese si preparano alla battaglia che inizierà nell’udienza della prossima settimana. Gli avvocati hanno preannunciato, seppur ufficiosamente, un’istanza di remissione. Chiederanno in sostanza il trasferimento del processo in altra sede perché, è la tesi, a Vicenza non ci sarebbe la serenità dell’Ufficio sufficiente per giudicare Zonin e gli altri imputati. La richiesta andrà in Cassazione che, a quel punto, deciderà se accoglierla e spostare altrove il processo, oppure se respingerla e consentire la prosecuzione a Vicenza.

Incompetenza territoriale. E già ieri, in apertura di udienza, c’è stato un tentativo di spogliare Vicenza del processo e di portarlo a Roma. L’istanza di incompetenza territoriale è stata avanzata dall’avvocato Concetta Miucci, legale di Giustini (a cui si sono associate le altre difese) sostenendo che le prime segnalazioni sulle baciate erano state trasmesse alla capitale, sede di Bankitalia, in epoca precedente l’ispezione sul territorio del 2012. E quindi il luogo in cui è stato commesso il primo reato è Roma, dove le comunicazioni sono arrivate. Il giudice Roberto Venditti ha respinto la richiesta rilevando che il primo reato è stato commesso a Vicenza perché è da qui che, comunque, sono partiti i prospetti. Si tratta, seppur con esiti opposti (in effetti con lo stesso esito visto che anche per Veneto Banca il processo è tornato a Treviso, ndr), dell’argomentazione con la quale il giudice di Roma ha mandato gli atti di Veneto Banca a Treviso, rilevando come le prime comunicazioni di irregolarità fossero partite da Montebelluna.

Le parti civili. Le parti civili intendono associarsi alla Procura nella richiesta di rinvio a giudizio.
«Ma avremmo voluto fossero contestati anche la truffa e l’associazione a delinquere», ha osservato l’avvocato dei risparmiatori Michele Vettore, «Così sarebbe stato possibile procedere contro Consob e Banca d’Italia»

di Sabrina Tomè, da Il Mattino di Padova