Putin e l’Occidente: paura reciproca

Putin, Biden e Occidente, braccio di ferro sull'Ucraina
Putin, Biden e Occidente, braccio di ferro sull'Ucraina

Jens Stoltenberg, già Primo ministro norvegese e attuale Segretario generale della NATO, ha detto nel mese di gennaio di quest’anno che la Svezia e la Finlandia potrebbero divenire membri della NATO “molto rapidamente” se dovessero decidere di farne richiesta. I due Paesi però hanno una lunga tradizione di neutralità.

La Svezia non è stata coinvolta in guerre dal lontano 1814 e ha una lunga storia di “non partecipare ad alleanze militari”. Ambedue Paesi però hanno recentemente inviato armi all’Ucraina e il desiderio di associarsi alla NATO sta aumentando. Un recente sondaggio ci informa che il 51% degli svedesi è adesso favorevole all’ingresso in NATO, un aumento del 9% dal mese di gennaio.

In Finlandia più delle 50 mila firme necessarie per avviare la discussione al Parlamento sul possibile ingresso in NATO sono già state raccolte. Un recentissimo sondaggio ci dice che il 53% dei finlandesi favorisce l’ingresso. La Finlandia condivide un lungo confine con la Russia e l’essere membro della NATO causerebbe ancora più timori a Putin. Al momento però nessun cambiamento sembra probabile all’ampliamento della NATO ma la paura causata dalla recente invasione russa in Ucraina sta fomentando una revisione dei rapporti con Vladimir Putin.

Nei suoi venti anni di leadership della Russia Putin è stato legittimato dall’Occidente e nonostante le sue “scaramucce” in Georgia, Cecenia, Crimea, Siria e Kazakhstan aveva pagato prezzi molto lievi per le sue azioni bellicose. La soppressione dentro i confini della Russia e le sue manipolazioni della costituzione, modificata per farsi diventare presidente a vita, non avevano causato grossissimi grattacapi all’Occidente. Si continua tuttora a comprare gas russo, indispensabile per l’Europa.

L’invasione dell’Ucraina ha però costretto l’Occidente a rivalutare i rapporti, aumentando la paura, creando, paradossalmente compattezza nella reazione degli alleati a Putin. Il presidente Joe Biden, criticato ingiustamente per il ritiro disorganizzato dalle truppe dall’Afghanistan, ha ricevuto lodi per avere gestito la reazione all’invasione dell’Ucraina, concentrandosi sulle sanzioni che fino ad adesso hanno colpito Putin.

Il rublo è in caduta libera, la vita in Russia sta diventando difficile per la gente comune, i viaggi all’estero sono quasi impossibili e le code per servizi basici richiamano quelle dell’ex Unione Sovietica. La legge approvata dalla Duma, il Parlamento russo, sulla pubblicazione di fake news punibili con quindici anni di carcere, ci segnala che l’invasione non stia andando molto bene. La stretta sull’informazione che parla dell’invasione come “operazioni militari speciali” invece di “guerra” suggerisce preoccupazione da parte di Putin causata anche in parte dalle manifestazioni di cittadini russi contro la guerra.

La paura di Putin però è scaturita anche dalla crescita della NATO. Impedire l’entrata dell’Ucraina nell’alleanza atlantica è una delle ragioni per la critica situazione attuale. Putin non ha tutti i torti, vedendosi circondato da Paesi sempre più numerosi della NATO. Dai 12 Paesi iniziali dalla sua fondazione nel 1949 l’alleanza atlantica adesso ne ha 30. Quattordici dei più recenti membri facevano parte del blocco sovietico che con ogni probabilità hanno aumentato l’ansia di Putin.

L’idea che l’Ucraina potesse anche divenire membro della NATO è stato troppo non solamente per il fatto del confine con la Russia ma anche con la “scusa” di Putin che i due Paesi in realtà non sono altro che uno. La definizione di ciò che vuol dire Paese è ovviamente poco chiara e spesso viene decisa tragicamente da conflitti armati. L’Ucraina per l’Occidente e per gli ucraini consiste di un Paese indipendente come dimostra la resistenza nel recente conflitto che sotto la guida del presidente Volodymyr Zelensky ha creato notevole ammirazione.

Putin avrà fatto male i suoi calcoli non prevedendo che l’invasione dell’Ucraina potesse generare una tale compattezza dei Paesi occidentali. Durante il mandato di Donald Trump la NATO era stata messa in subbuglio. L’ex presidente aveva creato non poche preoccupazioni e dissensi con gli alleati asserendo che non contribuivano abbastanza finanziariamente. John Bolton, il suo consigliere di sicurezza nazionale fra il 2018 e 2019, ha detto al Washington Post in una recente intervista che Trump aveva intenzione di abbandonare la NATO nel caso fosse stato rieletto.

Lo scompiglio creato da Trump dunque avrà suggerito a Putin che una reazione coerente dall’Occidente non si sarebbe materializzata. Trump da parte sua aveva inizialmente lodato l’invasione ma poi ha fatto marcia indietro avendo notato che l’opinione pubblica americana rimane compatta contro Putin. Un recente sondaggio ci dice che l’86% degli americani ha un’opinione negativa di Putin e un altro sondaggio sostiene che l’81% ha una visione favorevole dell’Ucraina.

Alcuni analisti hanno asserito che Putin ha perso la guerra. C’è una certa dosi di verità in questa presa di posizione. È possibile che le forze russe alla fine riusciranno militarmente a prendere il controllo dell’Ucraina ma farla governare da un leader surrogato alla Russia stile Alexander Lukaschenko in Bielorussia sarà molto più difficile. Se vi riesce, la paura causerà la Svezia, Finlandia e altri Paesi occidentali a fare richiesta di entrare nella NATO, cercando sicurezza nello scudo dell’alleanza atlantica.

La reazione compatta dell’Occidente a Putin ha finalmente aperto gli occhi a tutti che i rapporti con la Russia richiedono serie rivalutazioni. Putin non è motivato solo dalla paura della NATO ma come ha scritto in parecchie situazioni rimpiange il passato “glorioso” dell’Unione Sovietica. Vorrebbe, in effetti, per dirla con lo slogan di Trump, “Make Russia Great Again”, ritornare alla grandezza della Russia. Difficile ritorno come lo è stato anche per Trump.

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Qui gli articoli su ViPiu.it di Domenico Maceri, PhD, professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della  National Association of Hispanic Publications.