Riforma processo penale, l’avv. prof. Rodoldo Bettiol su tre proposte: concetto vittima reato, archiviazione procedimento e regola giudizio del Gup

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Riforma processo penale
Riforma processo penale

In data 24 maggio 2021 è stato presentata la relazione della commissione istituita dal Ministro della Giustizia per elaborare la proposta di riforma in materia di processo e sistema sanzionatorio penale, nonché in materia di prescrizione del reato attraverso la formulazione di emendamenti al Disegno di legge A.C. 2435, recante Delega al Governo per l’efficienza del processo penale e disposizione per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le Corti d’Appello. In pratica l’elaborato della commissione presieduta da Giorgio Lattanzi contiene integrazioni e modifiche al Disegno di Legge Delega presentato dal ministro Bonafede. Le proposte sono numerose, in questa sede si procederà ad esaminarne tre e, cioè, l’introduzione del concetto di vittima del reato, quelle relative all’archiviazione del procedimento, e la regola di giudizio del Giudice dell’udienza preliminare.

In conformità alla direttiva 2012/29/UE la Commissione introduce la definizione di vittima del reato intesa come la persona fisica che ha subito un danno fisico, mentale o emotivo, o perdite economiche che sono state causate direttamente da un reato, nonché il singolo famigliare di una persona la cui morte è stata cagionata da un reato e che ha subito un danno in conseguenza della morte della vittima.

Di conseguenza vanno modificati e razionalizzati nell’ambito del codice di procedura penale i riferimenti alle persone offese e alla parte offesa e alla vittima contenuti nel codice di procedura penale e nel codice penale, individuando quelle pertinenti alla sola vittima del reato secondo la succitata direttiva 2012/29/UE.

Importante modifica proposta è quella della limitazione della costituzione di parte civile alla vittima del reato e al soggetto giuridico offeso dal reato che abbia subito dallo stesso un danno diretto ed immediato. Secondo la proposta dunque i c.d. enti rappresentativi da reato non potranno dunque costituirsi più come parte civile ma al più intervenire con limitati poteri nel processo. Per vero tale limitazione è implicita nell’attuale codice di procedura, ma la giurisprudenza tende a consentire la costituzione di parte civile a tali enti. Con la proposta si vuole, in realtà, ridurre la presenza delle parti civili nel processo al fine di consentire una più rapida definizione dello stesso.

Ed è, invero, la ragionevole durata del processo che costituisce il filo conduttore delle proposte della Commissione Lattanzi. A tal fine le proposte della Commissione si indirizzano ad evitare i processi inutili. Va rilevato, invero, come in Italia paese unico al mondo più del 40% dei processi si risolve con una assoluzione. Tutto ciò significa un inutile dispendio di energia da parte dello Stato ed in un gravoso onere per imputati innocenti. Tutto ciò non è dovuto ad una particolare magnanimità dei giudici, ma alle regole che disciplinano l’archiviazione e le decisioni dell’udienza preliminare. A legislazione vigente il pubblico ministero richiede l’archiviazione quando gli elementi raccolti non sono in grado di sostenere l’accusa in giudizio. Nella sostanza la mera possibilità di una condanna esclude che possa procedersi all’archiviazione del procedimento pur nella debolezza degli elementi a carico. Sul punto la proposta della Commissione è tranciante. Il pubblico ministero deve chiedere l’archiviazione quando gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari non sono tali da determinare la condanna. Stando alla lettera della proposta solo la certezza della condanna consente la prosecuzione del procedimento. E’ probabile che nella prassi l’archiviazione sarà richiesta nel caso manchi una elevata probabilità della condanna. Va in ogni caso sottolineato l’intento deflattivo dei giudizi.

Sarà interessante, ove la proposta si trasformi in effettiva riforma del codice di procedura penale, verificare la prassi.

Ma la disciplina dell’archiviazione nelle proposte della Commissione non si ferma a quanto già scritto.

La Commissione propone l’introduzione di una particolare forma di archiviazione denominata archiviazione meritata.

Si propone, invero, per i reati puniti con la sola pecuniaria o con pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni solo congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, dopo l’avviso di conclusione delle indagini che il pubblico ministero e la persona sottoposta alle indagini possano chiedere al Giudice per le indagini preliminari l’archiviazione subordinata all’adempimento di prestazioni a favore della vittima o della collettività.

Eseguite le prestazioni il giudice pronuncia archiviazione per estinzione del reato.

E’ evidente la simmetria con il vigente istituto della sospensione del processo con messa alla prova con il quale va coordinato il nuovo istituto, così come vanno coordinati gli attuali istituti della non punibilità per la particolare entità del fatto, dell’oblazione, dell’estinzione del reato per condotta riparatoria.

E’ evidente la finalità deflattiva dell’istituto proposto.

Sotto tale profilo va collegata la proposta della commissione di modificare le regole di giudizio della sentenza di non luogo a procedere pronunciata dal giudice per le indagini preliminari.

Tale pronuncia deve avvenire laddove emerga che gli elementi acquisiti non sono tali da determinare la condanna. L’udienza preliminare è stata introdotta nel codice di procedura penale del 1989 per funzionare quale filtro delle accuse azzardate.

Tale filtro, peraltro, non ha funzionato malgrado si sia anche modificata la regola di giudizio, in sostanza quella della non superfluità del dibattimento.

La formulazione nuova proposta riprende quella dell’archiviazione. Nella sostanza il decreto di citazione a giudizio va pronunciato stando alla lettera della proposta sulla base della certezza della condanna, nella prassi è da ritenere nella elevata probabilità della stessa.

La riforma non sarebbe lungi dal sollevare perplessità. In effetti il decreto di rinvio a giudizio viene ad indicare una forte affermazione di responsabilità dell’imputato creando una sorte di pregiudizio nel giudice del dibattimento. La presunzione di innocenza è in effetti messa in discussione.

D’altra parte, senza una regola piuttosto forte l’effetto deflattivo dell’udienza preliminare come l’esperienza dimostra viene meno. Alla perplessità si può obbiettare comunque che le prove vengono assunte dal giudice nel dibattimento con rispetto del contraddittorio delle parti e, che, possono essere ribaltate le risultanze degli atti di indagine solo limitatamente ed eccezionalmente utilizzabili nello stesso.

Avv. Prof. Rodolfo Bettiol