“Canzoni che raccontano la Storia”, n. 3 su “Il lavoro uccide?” con Morti bianche, La Costruzione, Era bello il mio ragazzo, Uguaglianza, Lubiam…

E poi con Non finisce qui, Non mi scorderò di te (Per le vittime della ThyssenKrupp) e Il Bonzo

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La seconda parte di questa storia d’Italia (qui tutte le puntate “Canzoni che raccontano la Storia“) che vuole evidenziare alcuni dei problemi che avvolgono il nostro paese da troppo tempo finiva con una canzone che ricordava un infortunio sul lavoro. Di questo e delle tragedie che ne conseguono si vorrebbe scrivere qualcosa adesso e tentare di rispondere alla domanda del titolo.

La storia del lavoro è costellata di un numero impressionante di infortuni e malattie professionali, di morti violente e tragedie devastanti. Morti che spesso avvengono in silenzio e solitudine, una alla volta, in solitudine, vengono trattate come tragiche fatalità. Si parla a volte di macchine assassine e di qualcosa di inevitabile che colpisce a caso qua e là. I numeri che appaiono qualche volta come statistiche di una oscena classifica sono impietosi. Centinaia di lavoratrici e lavoratori ogni anno muoiono per infortunio nei luoghi di lavoro, altrettanti muoiono in itinere, ancora di più muoiono di malattie professionali. E non è sempre e solo a causa dell’amianto (definito killer) anche se questa è la causa di oltre 7000 decessi solo nel 2020.

Molte canzoni sono state dedicate in maniera più o meno esplicita alle tragedie del lavoro. Come si può immaginare facilmente sono motivi quasi sempre tristi e sofferenti. Spesso sono state confuse con canzoni d’amore. In una certa misura è giusto perché in quelle che sono vere e proprie poesie in musica, con il dolore e la rabbia, si parla proprio di amore. Un amore che non può finire verso chi ci è stato strappato nel pieno della vita. Un amore che resta dentro coperto da un dolore che non trova consolazione.

Provate a pensare a cosa hanno provato i 7 operai morti nel rogo della ThyssenKrupp di Torino quando si sono accorti di cosa stava succedendo e la continua sofferenza che da quella tremenda notte continuano a provare i loro parenti. I sopravvissuti. E si provi a immaginare cosa è successo a inizio maggio di quest’anno a Luana D’Orazio inghiottita da un orditoio a Prato. Una notizia che ha scosso le coscienze e ha contribuito a far emergere il problema a livello nazionale. Ma ci voleva il sacrificio di una giovane mamma per dover affrontare l’argomento? E, adesso, lo si fa seriamente? Chi governa e ha il potere di farlo, si prende, forse, qualche impegno vincolante per risolvere la questione e investire le risorse economiche adeguate perché non avvengano più queste tragedie?

Non sembra. Quasi sempre si gira pagina. Si guarda altrove. Si pensa che è inevitabile. Magari si arriva a dire che si poteva essere più attenti o che ci si doveva vestire in maniera più adeguata. E si arriva ad affermare che il lavoro uccide, che nessuno è responsabile, che la pressa o l’orditoio sono assassini. Tutto diventa come il ricordo grigiastro di un orribile film di fantascienza che ci ha fatto tanta paura ma, poi, abbiamo chiuso gli occhi e siamo anche riusciti a dormire.

Ecco, questo succede facilmente. Ci si batte il petto, si promette, si dà solidarietà e, infine, si ricade nell’indifferenza. In definitiva la sicurezza nei luoghi di lavoro è un costo che si deve contenere. Ce lo vogliono insegnare e, a forza di ascoltarli, iniziamo anche e crederci. Così si continuerà a morire durante il lavoro, si inquinerà facendo ammalare chi lavora e chi vive vicino agli stabilimenti. E i nomi delle tragedie del lavoro saranno solo un insieme di sillabe.

Noi ricordiamo … Marcinelle … Ethernit … Breda … ThyssenKrupp … Marlane-Marzotto e … tutte le lavoratrici che sono morte da sole come Luana … tutti i lavoratori che sono morti come Angelo …

A loro dobbiamo una risposta. No, il lavoro non uccide. È il modello di sviluppo, il sistema che uccide. Sono gli sfruttatori del lavoro altrui i veri assassini. E chi tace ed è indifferente è complice.

Scusate lo sfogo.

E, adesso, alcune canzoni dedicate a chi non c’è più, a chi piange ancora la loro assenza, a chi crede ancora nella Giustizia anche se viene smentito da processi che finiscono senza responsabili, a chi ha smesso di credere, a chi continua a lottare per un mondo migliore …

È giusto iniziare con una poesia di Carlo Soricelli che cura L’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro. Recitata da Flavio Insinna, si intitola “Morti bianche” (https://www.youtube.com/watch?v=IO7gAUTYQqc&t=13s)

E poi …

Enzo Jannacci – La Costruzione (https://www.youtube.com/watch?v=xzY101VFgnw)

Anna Identici – Era bello il mio ragazzo (https://www.youtube.com/watch?v=JuAfkkzzYhE)

Paolo Pietrangeli – Uguaglianza (https://www.youtube.com/watch?v=ocdnKflb0IU)

Gualtiero Bertelli – Lubiam (https://www.youtube.com/watch?v=S0eRXaVGoVM)

Gang – Non finisce qui (https://www.youtube.com/watch?v=pstleQi21Y4)

Banda POPolare – Non mi scorderò di te, Per le vittime della ThyssenKrupp (https://www.youtube.com/watch?v=T7zUdqerbZU)

infine “Il Bonzo” una “canzonetta” di Enzo Jannacci che è un’accusa contro l’indifferenza e un’esortazione a cambiare lo stato di cose presente … (https://www.youtube.com/watch?v=zWT-q9NPWPw)

Ma quella delle lotte dei lavoratori per il cambiamento e i diritti sarà la prossima Storia.


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