«Situazione complessa per le vocazioni in calo»

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Il cardinale Elia Dalla Costa sosteneva che uno dei maggiori tormenti per un Vescovo sono i trasferimenti dei sacerdoti. Non sappiamo se questo sia uno dei maggiori tormenti anche per il vescovo Beniamino, ma sicuramente è un passaggio molto impegnativo in cui non sempre è facile contemperare scelte che tengono conto della Diocesi nel suo insieme, con esigenze (legittime) dei singoli preti coinvolti e delle singole comunità interessate dagli avvicendamenti. Nella settimana in cui sono pubblicati i nomi dei presbiteri e delle comunità interessate da questo passaggio, abbiamo incontrato il vescovo Beniamino. È stata l’occasione anche per un bilancio sull’anno pastorale appena concluso e per guardare alle prospettive del prossimo cammino.

Vescovo Beniamino, gli avvicendamenti sono sempre un momento delicato. Come sono vissuti?

«Devo lodare i preti che dopo le loro iniziali e legittime considerazioni di fronte a una mia proposta, si rendono disponibili al cambiamento in spirito di obbedienza e responsabilità ecclesiale. Altre volte si fa fatica sia con i preti, sia con le comunità cristiane. La situazione è oggettivamente complessa. In generale è preoccupante non solo il calo demografico ma anche il calo delle vocazioni al presbiterato, alla vita consacrata, al sacramento del matrimonio.  Questo calo del numero dei preti, in una diocesi che per molti anni ha avuto tante ordinazioni presbiterali, rende particolarmente difficile questo passaggio. Si pensi che in 4 anni avremo una quarantina di preti che raggiungeranno i 75 anni (età normalmente in cui il presbitero conclude le sue responsabilità pastorali, Ndr) a fronte di quattro o cinque nuove ordinazioni, a Dio piacendo».

Come reagiscono le parrocchie coinvolte nei cambi?

«Accanto a chi comprende la complessità della situazione, spesso c’è chi fa molta più fatica. Non poche volte ci si concentra solo sulla propria parrocchia senza considerare la realtà oggettiva della diocesi nella sua globalità. Anche i trasferimenti dei preti sono in ordine alla comunione, alla corresponsabilità, alla sinodalità e alla evangelizzazione, questi sono i fondamenti dell’azione pastorale di ogni comunità cristiana e di ogni singolo battezzato. È opportuno aver presente anche la situazione oggettiva della nostra diocesi: 428 preti, 162 con oltre 75 anni, 355 parrocchie, 870mila abitanti, 37 diaconi, 95 unità pastorali, 39 parrocchie singole».

In questo quadro nella veglia di Pentecoste Lei ha conferito il mandato a 84 componenti dei gruppi ministeriali. Cosa rappresentano oggi?

«I gruppi ministeriali sono un segno di speranza in ordine alla comunione, alla corresponsabilità, alla sinodalità e alla missionarietà della Chiesa. È fondamentale ricevere questa responsabilità in spirito di servizio. Dobbiamo essere consapevoli che c’è sempre il rischio, per tutti, di cercare di garantirsi uno spazio di azione che nessuno potrà più toglierti. I Gruppi ministeriali sono preziosi nel cammino verso le Unità Pastorali. Alla fine del mio mandato vorrei portare tutte le parrocchie in Unità Pastorale. Teniamo conto che tra 10-15 anni, 60mila persone avranno 3 o 4 preti e non essendoci la messa in ogni parrocchia saranno i fedeli a spostarsi, laddove viene celebrata l’eucaristia».

Questo richiama il cammino verso una Chiesa con una nuova presenza sul territorio, un nuovo volto, un nuovo stile. Come sta procedendo?

«Il cammino procede con qualche fatica, è necessaria una conversione pastorale. A Vicenza abbiamo avuto nel passato molti preti, con la conseguenza di una forte concentrazione sulla figura del presbitero, determinando quello che si può chiamare un ‘clerocentrismo’».

Si sta concludendo un anno pastorale che ha posto una attenzione speciale sui giovani. Che bilancio traccia il nostro Vescovo?

«Questi due anni, in virtù del Sinodo e poi della esortazione postsinodale ‘Christus Vivit’, hanno sollecitato la Chiesa a prendere consapevolezza della presenza dei giovani. Questa è un’età di per sé positiva, se non altro per le energie, per le prospettive di vita, per gli affetti che i giovani vanno mettendo a servizio della comunità cristiana e della società civile. Constato che c’è stata una maggiore accoglienza dei giovani nelle comunità di adulti sia come rappresentanza effettiva nei consigli pastorali, sia in quello diocesano, come all’interno delle Unità Pastorali.  Va riconosciuto che nella nostra Diocesi esiste un ricco impianto di pastorale giovanile a tutti i livelli, con una proposta molto articolata».

Lei ha anche incontrato le commissioni di pastorale giovanile vicariali. Come è andata?

«Sono stato molto contento perché ho trovato dei giovani responsabili e ho percepito che c’è da sperare bene per il futuro della nostra Chiesa, osservo con gioia e stupore la crescita di giovani seri, preparati e generosi».

Una delle grandi sfide lanciate dai giovani è avere degli adulti credibili di riferimento. Cosa ne pensa?

«È un punto cruciale, soprattutto oggi che non si può più contare principalmente sui preti (come spesso avveniva per il passato). I giovani hanno bisogno di persone mature che sappiano offrire loro delle proposte in ordine alla propria vocazione. Per questo occorre essere adulti credibili capaci di assumere uno sguardo vocazionale sulla comunità cristiana».

A Pentecoste ha annunciato quello che sarà il tema pastorale per il prossimo biennio. Vuole presentarcelo?

«Per due anni pregheremo, rifletteremo e agiremo a partire dalla dimensione missionaria, costitutiva di ogni battezzato e di ogni comunità cristiana. Il 7 settembre consegnerò la lettera pastorale a Monte Berico, l’8 settembre la messa sarà presieduta, in modo significativo, da mons. Egidio Bisol vescovo d’Afogados da Ingazeira, il 4-5 ottobre ci sarà la veglia e il Meeting diocesano, nell’ambito del mese missionario voluto da papa Francesco. In questi due anni proseguirà il cammino sinodale compiuto insieme ai giovani, che rimane una nostra scelta prioritaria».