Trinca guadagna la fascia di “Scaiola del giorno” dopo Zonin e Barbagallo

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Flavio Trinca
Flavio Trinca
Dopo Gianni Zonin, che, emulo dell’ex ministro Claudio Scaiola antesignano di ogni successiva “vittima” di fatti avvenuti a propria insaputa, nulla sapeva di quanto facessero i suoi manager della BPVi, e dopo Carmelo Barbagallo che ancora oggi non sa di aver spinto, sia pure invano e per conto di Banca d’Italia, Veneto Banca, che per Bce stava bene, tra le braccia di Banca Popolare di Vicenza, che la banca centrale europea in prima istanza bocciò, la collega Sabrina Tomè mette oggi nero su bianco quello che tutti possono verificare digitando su Google “curriculum di Flavio Trinca“.
Vengono così fuori le “competenze” tecniche dell’ex presidente di Veneto Banca Flavio Trinca di cui riportiamo qui quelle sommate ai tempi del suo ingresso nel cda di Ascopiave a cui vanno aggiunte la sua nomina nel 2012 nel comitato esecutivo dell’Associazione Bancaria Italiana (ABI) e la sua attività parlamentare, che, da eletto nel CCD di Casini, che nel 2018 fu poi presidente della Commissione di Inchiesta parlamentare sulle banche, lo portò ad essere nominato componente della Commissione Finanze della Camera dei deputati dal 25 maggio 1994 al 13 settembre 1995.
Queste competenze, ci racconta oggi la collega Sabrina Tomè, sono alla base di una denuncia dei risparmiatori che la Tribuna di Treviso titola così: «I risparmiatori depositano in tribunale opposizione alla richiesta di archiviazione chiesta dalla Procura per l’ex presidente. «Trinca era in Veneto Banca da 30 anni. Non poteva non sapere: va processato»

Ecco l’articolo con i dettagli

L’ex presidente di Veneto Banca Flavio Trinca non poteva non sapere. Non poteva, perché le competenze per comprendere i meccanismi bancari le possedeva tutte: dalla laurea in Economia e Commercio all’iscrizione all’Albo dei Revisori contabili; dalla trentennale presenza nell’istituto di credito (dal 1981) a quella nel cda di una società come Asco Holding spa; senza infine tralasciare l’esperienza parlamentare.
Per tutto questo, sostengono i risparmiatori, la richiesta di archiviazione non è ammissibile: Trinca va processato insieme all’ex direttore generale Vincenzo Consoli per il disastroso tracollo dell’istituto di credito. E, a tale scopo, hanno depositato ieri in tribunale a Treviso, ufficio del gup, l’opposizione alla richiesta di archiviazione formulata dalla Procura.
Il curriculum I risparmiatori, un centinaio rappresentati dall’avvocato Luigi Fadalti (il legale che presentò l’istanza di fallimento aprendo così la strada all’inchiesta per bancarotta), contestano la tesi della Procura secondo cui l’ex presidente non aveva poteri gestionali né per statuto, né effettivi in quanto tutto veniva deciso da Consoli.
Ma la “marginalità” di Trinca rispetto alla direzione dell’istituto viene etichettata dagli ex azionisti di Veneto Banca come «sconcertante e per nulla credibile». Il motivo? Anzitutto il profilo personale e professionale dell’uomo: «Non è stato semplicemente un dottore commercialista e in banca era già presente dal lontano 1981», sottolineano i risparmiatori. Che poi ripercorrono il curriculum: nato nel ’39, diplomato ragioniere nel ’61, laureato in Economia e Commercio all’Università di Perugia nel ’68, iscritto all’Ordine dei Dottori Commercialisti dal ’70, all’Albo dei Revisori ufficiali dei conti dal ’77 e all’Albo dei Revisori Contabili dal ’95. Ancora: in Veneto Banca è entrato nel 1981 come sindaco effettivo e poi nel 1993 è diventato presidente del collegio sindacale.
«Un curriculum professionale di altissimo livello che mal si concilia con l’affermazione di essersi trovato, per così dire, “a sua insaputa” protagonista della vita di Veneto Banca per oltre 30 anni».
Rapporto con Consoli Non convince i risparmiatori neppure la subalternità di Trinca al ragioniere Vicenzo Consoli che diventa vice direttore generale il 24 marzo 1997 (stesso giorno in cui Trinca viene nominato presidente). Qualche mese più tardi, il 6 dicembre, Consoli scala la posizione e diventa direttore generale. «Ne deriva pertanto che, ben diversamente da quanto sostiene la richiesta di archiviazione, Trinca è stato sodale di Consoli nei reati incomprensibilmente solo a quest’ultimo attribuiti dal pubblico ministero», si sostiene nella opposizione all’archiviazione.
La negligenza La Procura, escludendo comportamenti dolosi di Trinca, gli “rimprovera” un comportamento negligente per aver incassato per anni 350 mila euro di stipendio senza aver esercitato di fatto le funzioni legate alla sua carica. Le conclusioni a cui arrivano i risparmiatori sono diametralmente opposte rispetto a quelle degli inquirenti: «Il presidente del Cda di una banca che omette di attivarsi a fronte di comportamenti percepiti come illegittimi non è semplicemente negligente, ma concorre in eventuali reati commessi».Di qui la richiesta al gup di procedere con il rinvio a giudizio dell’ex presidente.