Veicoli elettrici, oggi e domani. Aduc: «L’Europa? ‘In fondo a destra…’»

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Veicoli elettrici
Veicoli elettrici

Mercato in calo a luglio (-24%) per difficoltà di produzione (mancanza materie prime), perdurare di difficoltà di approvvigionamento (colonnine rare con grandi assenze soprattutto a sud) e prezzi al dettaglio che continuano ad essere alti (mentre l’inflazione galoppa),… i veicoli elettrici continuano ad essere secondari e praticamente ignorati da chi si appresta a chiederci consenso il prossimo 25 settembre per governarci.
Eppure su di essi grava una scadenza fissata dall’Unione europea: entro il 2035, stop a vendita di auto a combustione.

Sembra che i nostri futuri governanti non prendano tanto sul serio questa data, aiutati anche da sindacati che, giustamente preoccupati per il calo di unità lavorative (produrre veicoli elettrici comporta molte meno braccia che non quelli a combustione) premono per conservazione piuttosto che conversione industriale. Entrambi in buona compagnia dei produttori, quasi esclusivamente dediti al procacciamento di denaro “tutto e subito”, con scarsa considerazione del servizio comunitario che svolgono e – cosa che li rende drammaticamente stupidi – del futuro delle proprie aziende.

Gli orientamenti di chi non prende sul serio la scadenza del 2035 vanno da chi – centrodestra – vorrebbe che l’Unione fosse una sorta di Confederazione (1), a chi – centrosinistra – dice le stesse cose del centrodestra ponendoci però un’etichetta diversa, fino ai populisti che fanno finta che non esista l’Ue.
Centrodestra. Evitare che i veicoli elettrici diventino uno spauracchio da contrastare, giocando sul fatto che si tratta dell’ennesima imposizione degli eurocrati europei che, lavorando quasi sempre per giustificare la loro esistenza, ci vogliono sul lastrico. Il centrodestra, infatti, vorrebbe una riforma dell’Unione per meglio dimensionarla a Confederazione (1), limitando/cancellando la sovranità sovranazionale.
Centrosinistra. Evitare che le direttive Ue siano prese sul serio. Bruxelles non è infallibile e il compromesso fa parte della sua natura: la scadenza del 2035 è un’indicazione per stimolare confronto fra le parti: occorre far capire agli Stati più ligi a questa scadenza che è bene non insistere perché, ogni Stato a suo modo, deve contribuire con proprie peculiarità.
Populisti. Evitare le velleità green e, sostanzialmente il Green Deal. Monopattini e piste ciclabili non solo base della mobilità futura. Scadenze come il 2035 sono dannose: infrastrutture e servizi di trasporto sono fermi agli anni Ottanta del secolo scorso. La realtà è altrove.

Queste politiche, per chi voglia approfondire, sono una cartina al tornasole con cui misurare l’importanza del progetto Europa per chi ci chiede consenso per il prossimo governo italiano: supermercato degli Stati nazionali o governo degli europei?
Sembra quasi che quanto fatto, ottenuto e consolidato fino ad oggi non abbia insegnato nulla (2). Appunto: “l’Europa?” “In fondo a destra”.

1 – dove a Bruxelles non dovrebbero essere prese decisioni valide per tutti, ma registrare (e finanziare, ovviamente) le decisioni degli Stati nazionali.
2 – la moneta Euro che vale quanto il dollaro e – nella sua dimensione cultural/politica – il franco svizzero, avrà pure un qualche significato. Così come il Pnrr, i diritti dei consumatori, l’abbattimento delle dogane in un mercato di 450 milioni in espansione coi nuovi Stati che stanno per entrare nell’Unione, la potenza/considerazione di trattativa a livello internazionale, etc.

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Fonte: Veicoli elettrici, oggi e domani. L’Europa? ‘In fondo a destra…’

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