Zonin al processo BPVi accusa Banca d’Italia. L’avv. Bertelle: “accusa perché l’hanno mollato?”. Guadagnini: “Marin, Giustini, Caoduro confermano”

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Zonin in aula del tribunale
Zonin in aula del tribunale

Gianni Zonin ha preso la parola al processo BPVI per una deposizione spontanea di oltre un’ora contenuta in un documento di 66 pagine che pubblicheremo a breve in esclusiva. L’ex presidente si è dichiarato all’oscuro di quanto di sbagliato è successo nella Banca Popolare di vicenza, di cui è stato presidente per 19 anni, e ha accusato gli ispettori di Banca d’Italia di sapere delle “baciate” già nel 2012 ma di averlo nascosto a lui e al Cda.

“Bankitalia era consapevole – ci spiega il giorno dopo l’avvocato delle parti civili Renato Bertelle -, era 15 anni che sapeva che le azioni erano sopravvalutate, ma anche Zonin sapeva. I finanziamenti erano indicati con altre parole usando il termine ‘acquisti beni mobili’, ma non evidenziavano le baciate”.

“Zonin ha dichiarato che non sapeva niente – aggiunge Bertelle – ma in realtà sapeva, alle cene ne parlavano e tutti sapevano che il problema erano le baciate, avevano paura che uscissero allo scoperto queste pratiche”.

“Zonin ha accusato Banca d’Italia – conclude – probabilmente perché l’hanno mollato”. O perchè la strategia difensiva gli consiglia questa strada, innocua per Bankitalia, che nel processo è addirittura parte civile e che ha “donato” il suo capo della vigilanza, Carmelo Barbagallo, al Vaticano.

Anche il vicentino Antonio Guadagnini, candidato presidente alla Regione Veneto per il Partito dei Veneti, da sempre impegnato sul fronte del crac BPVi e delle sue connessioni con quello di Veneto Banca, interviene oggi sulle dichiarazioni rese da Zonin: “dice che è stata Banca d’Italia a “consigliare” a BPVI di incorporare Veneto Banca. Insomma sarebbe Banca d’Italia il mandate dell’assassinio delle banche venete. Fatto confermato anche dalle deposizioni di Consoli. E non c’è alcun motivo per credere che essi possano aver mentito“.

“Diventa determinante – afferma l’autonomista doc veneto – chiedere conto delle loro dichiarazioni ai dirigenti di Banca d’Italia sentiti dalla Commissione di inchiesta parlamentare, a suo tempo, in quanto essi hanno detto l’esatto contrario. La questione non è di poco conto, in quanto il  principale elemento di debolezza nei piani di salvataggio delle due popolari è stato proprio questo: la pervicace e perniciosa idea di fonderle queste due banche”.

“Il tutto va aggiunto – aggiunge Guadagnini – a quanto detto nelle precedenti deposizioni dai dirigenti della BPVI in merito alle informazioni date da loro stessi agli ispettori in merito alle baciate. Marin, Giustini, Caoduro e altri confermano di aver informato gli ispettori rispetto all’esistenza in BPVI di tale pratica, la quale è stata ritenuta da Banca d’Italia uno degli elementi che hanno maggiormente indebolito la popolare”.

“Altro aspetto da considerare – conclude – è quello relativo alla vigilanza europea. È in effetti vero, che la BCE ha imposto criteri contabili che non erano in quel momento vigenti in Italia; i quali avrebbero comportato, se applicati autonomamente dalle due popolari in altri momenti, accuse di falso in bilancio, e che in quel momento invece hanno costretto a accantonamenti miliardari, minando ulteriormente la già debole condizione delle due banche”.


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