8 marzo, ‘Azione contro la fame’: “le donne rischiano di più ma sono l’arma più efficace per combatterla”

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Foto_AzioneControLaFame_LysArangosouth sudan 2017 malualkon base ACF US
Foto_AzioneControLaFame_LysArango south sudan 2017 malualkon base ACF US

In occasione della “Giornata internazionale dei diritti della donna”, in programma lunedì 8 marzo, l’organizzazione umanitaria internazionale “Azione contro la Fame” riaccende i riflettori sulle enormi disparità che le donne sono costrette ad affrontare, oggi, in tutto il mondo e sulle conseguenze anche in termini di fame e malnutrizione.

Secondo l’organizzazione “in quasi due terzi dei Paesi, le donne continuano a rischiare, più degli uomini, di soffrire la fame e l’insicurezza alimentare. Le giovani che decidono di mettere su famiglia, inoltre, hanno il 25% di probabilità in più degli uomini di vivere una condizione di estrema povertà. Infine, sono donne l’80% delle persone sfollate a causa dei cambiamenti climatici (dati del Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite).

Si tratta di dati allarmanti e vanno tutti nella direzione opposta rispetto a quanto stabilito dagli Obiettivi di sviluppo sostenibile, che auspicano entro il 2030 le pari opportunità nello sviluppo economico, oltre che l’eliminazione di tutte le forme di violenza nei confronti delle donne.

“Sembra che questi dati provengano da Marte – ha dichiarato Alessandra Favilli, vicepresidente di Azione contro la Fame – invece rappresentano la triste realtà. Le donne, che sarebbero in grado guidare il cambiamento e la lotta alla fame, sono le prime vittime di questa grave piaga. Eppure, sono loro che rappresentano la prima ‘arma’ per prevenire e combattere la malnutrizione. Non si tratta di una questione ideologica ma di una constatazione fortemente pragmatica”.

Le donne, d’altra parte, nei paesi a basso reddito rappresentano circa il 50% dell’occupazione nel settore agricolo. Si stima che riservare loro più risorse, mettendole nelle condizioni di agire in qualità di decisori, potrebbe diminuire il numero di affamati di 100-150 milioni di persone. Nel mondo, come nelle singole comunità, se le donne partecipano alle decisioni consentono alle proprie famiglie di godere di un aumento del reddito familiare fino al 20%.

“Nei presidi sanitari e nei nostri centri di cura – ha aggiunto Maurizia Iachino, componente del consiglio di amministrazione di Azione contro la Fame – le donne, siano esse medici, infermiere, operatrici sanitarie di comunità, guidano i nostri sforzi per prevenire e trattare la malnutrizione. Inoltre, nelle comunità in cui lavoriamo, le madri sono le prime a individuare i ‘segni’ della malnutrizione nei loro bambini”.

Per questa ragione, quest’anno Azione contro la Fame lancia l’hashtag #seledonne.

“Se le donne che abitano nelle aree rurali disponessero di maggiori risorse economiche e di opportunità in tema di formazione – ha affermato Giorgina Gallo, anche lei parte del consiglio di amministrazione dell’organizzazione umanitaria – diverrebbero l’asset principale della lotta contro la fame e la malnutrizione, rendendo i sistemi alimentari più produttivi e sostenibili. Quanti altri ‘se le donne’ dobbiamo elencare per convincerci che l’empowerment femminile costituisce la prima strada per contrastare l’insicurezza alimentare?”.

Ciononostante, in molte parti del mondo, continuano a essere oggetto di notevole discriminazione sociale ed economica. Una piaga, quella della disparità, che Azione contro la Fame intende sradicare alla radice anche con un nuovo progetto destinato a sensibilizzare gli uomini nelle missioni in cui opera.

“In Nigeria, dove come in tanti Paesi del mondo la cura dei bambini è vista come una responsabilità primaria della donna, abbiamo realizzato un progetto per spezzare le barriere culturali. Con i Fathers group, riuniamo migliaia di uomini in piccoli gruppi per educare, incoraggiare e garantire l’adozione da parte dei padri di adeguate pratiche di alimentazione dei neonati e dei bambini piccoli. L’obiettivo è quello di creare una parità uomo-donna che è necessaria nel processo decisionale e operativo della cura della casa e della famiglia”, ha concluso Alessandra Favilli.