Autonomia, CorVeneto: “scontro sulla legge Calderoli, rischio impugnazione”

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Autonomia, l’asse di governo Venezia-Roma imprime un’accelerazione che non lascia nulla al caso. E, detta a mezza voce nei palazzi della Regione, spunta una deadline: settembre. Settembre per portare a casa la firma sull’intesa Stato-Regione. Settembre per bypassare la legge-delega da cui la marcia autonomista sarebbe dovuta passare. Il mezzo, in questo meccanismo a orologeria, è quel disegno di legge di iniziativa parlamentare firmato da Roberto Calderoli e annunciato dal palco di Pontida non tanto, si dice, per intestarsi tardivamente la svolta quanto, piuttosto, per evitare che l’intesa si trascini per mesi da una commissione parlamentare all’altra, materia per materia. 


Il governatore Zaia sulla partita dell’autonomia si è giocato molto e pare ben deciso a non por tempo di mezzo. Anche se la partita, giocata così, potrebbe non essere esente da rischi. A partire dall’impugnabilità dei decreti del presidente del consiglio dei ministri per disciplinare nel dettaglio le 23 materie. Fra i più scettici c’è Gian Claudio Bressa, ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, il dem (bellunese) ha seguito in prima persona la vicenda e ha pochi dubbi: «Questa cosa di Calderoli non ha né capo né coda, come sarebbe possibile disciplinare le materie con decreti di quel tipo in un secondo momento? Sarebbero impugnabili». E, più impugnabile di altre, dicono i bene informati, potrebbe essere quello sulle risorse dell’autonomia. Dubbi che serpeggiano in questi giorni a Roma e il ministro per le Autonomie, la vicentina e leghista Erika Stefani, alfiere dell’autonomia veneta ma nota anche per la propria prudenza, potrebbe essere fra chi, per blindare la svolta, preferisce la via iniziale della legge- delega. Dal ministero, per ora, bocche cucite per «correttezza istituzionale» visto che il testo di Calderoli è al vaglio del drafting di Palazzo Madama per la verifica formale e sostanziale. Ma andiamo con ordine, funzionerebbe così: gli uffici della Regione che hanno marcato stretto il Governo quando non era «amico» sulle prime cinque materie (sanità, lavoro, istruzione, lavoro e rapporti con la Ue), ha già pronti i restanti diciotto dossier destinati a finire quanto prima sulle scrivanie dei ministri competenti. A quel punto, con buona pace della pausa agostana, a settembre si dovrebbe arrivare alla cruciale firma dell’intesa. A questo punto, in uno schema di gioco che pare avere per regista lo stesso governatore, l’intesa sarebbe inglobata nella proposta Calderoli, una scorciatoia non da poco. Una volta strappato il sì delle Camere, infatti, si demanderebbero a dpcm (decreti del presidente del consiglio dei ministri) successivi, i «dettagli» materia per materia. Senza il vaglio delle commissioni parlamentari competenti e le inevitabili lungaggini. La «scorciatoia» dovrebbe permettere di superare, soprattutto, lo scoglio maggiore: la parte di autonomia finanziaria. Quei famosi nove decimi di imposte da trattenere sul territorio che probabilmente saranno ridimensionati ma che sarà più semplice (e più rischioso) decidere a livello di governo anziché di parlamento. Fin qui si è parlato, genericamente, di coperture legate alliva. Un paio di mesi appena, insomma, per dare scacco matto alla burocrazia romana e concretizzare ciò che poco meno di un anno fa, alla vigilia del referendum veneto sull’autonomia, sembrava solo una chimera. Un paio di mesi utili per perfezionare, d’altro canto, la proposta del senatore Calderoli che dovrà passare al vaglio della prima commissione di Palazzo Madama. Che la Lega di Zaia faccia sul serio e pigi sull’acceleratore è confermato anche dalle agende di governo, fra una settimana è in programma un incontro del governatore con il sottosegretario alla Presidenza dei ministri, Giancarlo Giorgetti. Il suo predecessore, Bressa, taglia corto: «La proposta Calderoli non sta in piedi, è propaganda».

dal Corriere del Veneto