Darwin e Spinoza tra dominio dell’Uomo e asservimento della Natura: un punto di vista filosofico

1837
Darwin e Spinoza, l'Uomo e la Natura
Darwin e Spinoza, l'Uomo e la Natura

«L’uomo nella sua arroganza si crede un’opera grande, meritevole di una creazione divina. Più umile, io credo sia più giusto considerarlo discendente dagli animali»[1]. Così scrisse il biologo e naturalista britannico Charles Darwin, padre dell’evoluzionismo, che si occupò di ricercare quale fosse l’origine dell’uomo, fino ad allora affidata alla teologia o a teorie non dimostrate, elaborando solo successivamente la teoria della selezione naturale.

Fondando l’evoluzionismo e sostenendo la selezione naturale, Darwin criticò fortemente l’antropocentrismo di stampo religioso e conservatore, che considerava l’uomo come un essere perfetto, superiore alla natura stessa e creato direttamente da Dio.

Nella storia della filosofia e della scienza antica e moderna, infatti, prima dell’arrivo delle teorie evoluzionistiche di Darwin, l’ipotesi dominante era quella di una presunta superiorità dell’uomo nei confronti degli altri esseri naturali, creando una vera e propria scala gerarchica in cui l’essere umano era sempre stato al vertice. Dalla filosofia greca, che considerava l’uomo come l’unico essere razionale dotato di intelletto, alle filosofie moderne, tra cui quella di Francis Bacon, che asservì la natura alle esigenze dell’uomo, è sempre stata presente nella storia del pensiero umano la presunzione di considerarci esseri superiori.

Queste riflessioni sono particolarmente attuali in un mondo che stiamo condannando alla distruzione: possiamo realmente dominare la natura dall’alto, asservendola ai nostri bisogni senza condannarci all’estinzione, o siamo in definitiva legati indissolubilmente alla natura stessa?

La storia del pensiero naturale parte dalla Grecia, luogo di nascita della filosofia e del pensiero razionale, dove per la prima volta l’osservazione naturalistica è stata accompagnata dalla formulazione di teoremi dimostrabili. I filosofi greci, però, avevano una concezione estremamente alta della loro posizione nel mondo e si consideravano di fatto come l’unico popolo in grado di costruire una società civile, denigrando tutte le altre civiltà, considerate come inferiori. Questo concetto “suprematista” è stato poi ampiamente applicato nella filosofia della natura, bollando tutte le altre specie naturali come degli esseri senza intelletto e dichiarando l’uomo come l’unico essere razionale.

Oggi, dopo secoli, possiamo dire di aver acquisito un certo grado di potere sulla natura, facendo persino estinguere delle specie di animali esclusivamente per cause umane? Siamo sicuri che questo ci stia portando verso un futuro migliore?

Sicuramente il progresso della scienza è un dato positivo e ha consentito di migliorare la qualità della vita in un modo impensabile nei secoli precedenti, ma non esisterebbe progresso, se non pensassimo ad alcuni limiti di quest’ultimo nell’ambito di un più grande equilibrio naturale, che, se distrutto, porterebbe alla nostra estinzione.

Nella storia successiva, l’idea della superiorità dell’uomo fu assunta come un dogma dalla teologia cristiana, che affermava che solo gli uomini sono dotati di anima, escludendo tutti gli altri esseri naturali. All’epoca, però, queste idee erano affermate da teologi e da filosofi, sostenute quindi da argomentazioni logiche, filosofiche o teologiche, ma che non avevano una base scientifica e sperimentale da cui partire.

Il primo pensatore che cercò in modo sistematico di rompere il dogma della superiorità dell’uomo fu il filosofo olandese Baruch Spinoza, che affermò il principio della naturalità dell’uomo. L’affermazione di Spinoza secondo cui «l’uomo non è che una parte della natura»[2] non era sostenuta da una teoria scientifica evoluzionistica che dimostrasse empiricamente le sue concezioni filosofiche.

È stato, infatti, Darwin a riuscire in quella impresa: «Quando si riflette sul problema dell’origine delle specie, considerando i mutui rapporti d’affinità degli esseri organizzati, le loro relazioni embrionali, la loro distribuzione geografica, la successione geologica e altri fatti analoghi, si può concludere che ogni specie non è stata creata indipendentemente dalle altre, bensì discende, come le varietà, da altre specie»[3].

Con questa formulazione scientifica Darwin sintetizzò il processo di selezione naturale, una vera e propria “lotta per la sopravvivenza” tra esseri naturali, alla base per capire le relazioni fra noi e la natura. Ma oggi come può influenzarci questa teoria sul rapporto con la natura?

Le teorie di Darwin non hanno generato solo interpretazioni scientifiche, utili per la storia del pensiero naturale e umano, ma hanno prodotto anche applicazioni negative della teoria della “lotta per la sopravvivenza” nell’ambito politico e sociale, ad esempio con il “darwinismo sociale”. L’applicazione dell’evoluzione in campo sociale può essere molto pericolosa perché genera teorie suprematiste che credono nella superiorità “evolutiva” del proprio popolo o gruppo sociale.

E, allora, viene da chiederci: come possiamo ripensare la nostra relazione con la natura? La natura, e quindi gli animali, le piante e gli altri esseri naturali hanno uguale dignità morale rispetto all’uomo?

[1] C. Darwin, L’origine dell’uomo e la selezione sessuale, citato in P. Singer, Liberazione animale, Il Saggiatore, Milano, 2010, p. 214.

[2] B. Spinoza, Opere. Breve trattato su Dio, l’uomo e il suo bene, Mondadori, Milano 2007.https://www.libreriauniversitaria.it/tutte-opere-testo-latino-nederlandese/libro/9788845264184

[3] C. Darwin, L’origine della specie per mezzo della selezione naturale, 1859.


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a cura di Michele Lucivero

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Questo articolo è il frutto della collaborazione tra il giornale Vipiù.it e il Liceo Scientifico, Scienze Applicate, Linguistico e Coreutico “Da Vinci” di Bisceglie (BT) per i Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento (PCTO).