Undici supermercati. Quattro megastore di casalinghi o elettrodomestici. Altri quattro supermarket in costruzione o in attesa di autorizzazione. Il quadrante nord ovest di Vicenza è il regno degli acquisti, il paese del bengodi della spesa, la terra delle grandi catene e dei discount.
Una porzione della città di quindici chilometri quadrati, popolata da circa trentamila vicentini. È la Circoscrizione 6, la seconda per superficie e la prima per abitanti. I confini sono il Bacchiglione a est, il raccordo autostradale a nord e la linea ferroviaria a sud: grosso modo un quadrilatero fra viale del Sole, viale san Lazzaro e corso san Felice, viale Mazzini e viale Trento. Un’area in cui si è scatenata da qualche anno una corsa agli insediamenti di medie e grandi strutture di vendita che ha pesantemente inciso sull’ambiente, sulla viabilità e sulla urbanistica e che sembra destinata a non fermarsi più, neppure davanti a ostacoli e limiti come il freno all’economia imposto dal Covid.
La proliferazione di capannoni e strutture commerciali non ha certo migliorato la qualità di quartieri come quelli di san Felice e san Lazzaro, che già erano nati (nel dopoguerra) e poi cresciuti brutti e senza un disegno organico, o quello sorto al posto delle acciaierie negli Anni Settanta, o quello dei Pomari, tuttora non completamente urbanizzato.
La via crucis dei supermercati parte dal PAM di viale Trento e, imboccato viale del Sole, prosegue con il nuovo Aldi e l’altro storico insediamento già Auchan e oggi Emisfero.
Entrando in zona Cattane, si trovano un Prix in via del Carso, il capannone Maury’s e l’Eurospin ai Pomari e, all’interno di san Lazzaro, l’Interspar del Mercato nuovo e due Alì, fra l’altro molto vicini. Sull’asse viale Verona-corso san Felice ci sono un altro Prix, la Comet e il nuovo Famila di viale Torino.
In viale Trento, infine, il terzo Prix e l’Happy casa store. E questo è solo l’esistente. Ma è in arrivo un poker di nuove strutture: alla intersezione fra viale del Sole e quello di san Lazzaro è quasi completato l’Esselunga e, in corso san Felice, i lavori di disinquinamento dell’area hanno ritardato la costruzione di un Lidl. Dulcis in fundo: una importante impresa edile ha chiesto la autorizzazione per due supermercati da insediare in un’area fra la Camera di commercio e l’Emisfero. La popolazione si è ribellata alla prospettiva di una ulteriore cementificazione del poco verde rimasto e il Comitato Pomari si sta battendo per salvare il salvabile.
Davanti a questo spiegamento di esercizi commerciali di medio-grande dimensione, la gente si fa molte domande: perché c’è questa concentrazione proprio in questa parte della città? C’è una logica economica nel posizionarsi uno di fianco all’altro? Qualcuno ha studiato il futuro del rapporto fra residenti e consumi? Qual è la pubblica amministrazione che controlla e autorizza gli insediamenti?
La risposta più facile è quella all’ultima domanda. L’autorità competente è la Regione. La normativa vigente in materia è la Legge Regionale n. 50 del 2012 (“Politiche per lo sviluppo del sistema commerciale nella Regione del Veneto”), in vigore dal 1° gennaio del 2013, che fissa i criteri per la pianificazione urbanistica delle grandi strutture di vendita ma, attenzione, solo per quelle con superficie superiore a 1.500 metri quadrati. Queste rientrano in due categorie definite dalla stessa legge: le medie strutture di vendita (da 251 a 2.500 metri quadrati) e le grandi (da 2.501 in su). L’iter di autorizzazione è diverso per le strutture di rilevanza comunale e per quelle invece regionale.
Per le prime l’articolo 21 precisa, al punto 1, che “le medie strutture con superficie di vendita non superiore a 1.500 metri quadrati possono essere insediate in tutto il territorio comunale, purché non in contrasto con le previsioni dello strumento urbanistico comunale”. Il punto 3 precisa: “in attesa dell’adeguamento dello strumento urbanistico comunale, il rilascio dell’autorizzazione commerciale per le medie strutture è subordinato alla verifica da parte del comune della condizione che si tratti di un intervento di recupero e riqualificazione di aree o strutture dismesse o degradate”. In sintesi: sotto i 1.500 metri quadrati basta presentare al Comune una SCIA (segnalazione certificata di inizio attività), invece per le strutture con superficie superiore serve una richiesta di autorizzazione da inviare telematicamente allo sportello unico per le attività produttive (SUAP) del Comune. Questo ufficio, a Vicenza è nel Palazzo degli Uffici in piazza delle Biade, istruisce la pratica e la trasmette alla Conferenza dei Servizi, di cui fanno parte Regione, Provincia e Comune, per l’esame e il rilascio del permesso entro sessanta giorni. In assenza di riscontro nel termine, vale il principio del silenzio assenso. Ovviamente il rilascio delle autorizzazioni commerciali è subordinato alla presenza dei requisiti ambientali e viabilistici previsti dalla normativa regionale e alla conformità alle previsioni dello strumento urbanistico comunale. Per il Comune di Vicenza è il Regolamento per l’insediamento di attività commerciali, un documento molto articolato e impossibile da riassumere, che fissa fra l’altro un indice di equilibrio fra gli esercizi di vicinato e le strutture commerciali e l’accollo al richiedente di un’idonea organizzazione dell’accessibilità veicolare. È questo il famigerato punto che ha portato alla creazione di mille inutili e spesso decontestualizzate rotatorie in prossimità dei nuovi supermercati.
Con questo quadro normativo si spiega la proliferazione delle strutture di vendita non solo nel quadrante nord ovest ma anche in tutta la città. Non c’è nessun limite se la superficie è anche di un solo metro quadrato inferiore ai 1.500 e, se invece son di più, le prescrizioni sono così vaghe che è difficile non ottenere l’autorizzazione.
Qui gli articoli della rubrica “La Vicenza degli orrori”
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