La Vicenza degli orrori e la maledizione del Tribunale: già settant’anni fa si era fatto uno sgarbo alla città con quello di santa Corona

1859
La facciata su contrà santa Corona del Palazzo di Giustizia
La facciata su contrà santa Corona del Palazzo di Giustizia

«Il Palazzo di Giustizia dovrebbe sorgere a Santa Corona (ma speriamo che la divina provvidenza scongiuri quest’altra sventura alla nostra città e faccia scegliere un luogo diverso)». Questo scriveva (Per Vicenza, Cierre edizioni) il 1° settembre del 1956 il professor Renato Cevese, storico dell’arte e fondatore nonché direttore del Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio.

Da parte sua l’illustre professor architetto Plinio Marconi, nel 1958 nella Relazione al suo Piano Regolatore Generale di Vicenza precisava: «pel nuovo Palazzo di Giustizia, già prima della redazione del piano, era prevista la costruzione di un nuovo edificio in contrà s. Corona; il piano ha preso atto di tale già avvenuta decisione; il relativo progetto, risultato da pubblico concorso, è attualmente in fase di approvazione». Le parole usate da Marconi («il piano ha preso atto») sono esplicite e valgono una presa di distanza.
Bastano queste due autorevoli testimonianze a condannare l’ex Tribunale di santa Corona, oggi e da «soli» cinque anni chiuso e abbandonato e al centro, more solito, di progetti di riutilizzo.

La chiesa di santa Corona fra corso Palladio e la omonima contrada
La chiesa di santa Corona fra corso Palladio e la omonima contrada

L’edificio, di proprietà comunale, si incastona – quanto mai alieno – in un contesto urbanistico di grandi pregio e coerenza, in una porzione del Centro Storico nobilitata dalla chiesa gotica intitolata alla reliquia (la spina della corona del Cristo) che vi è custodita e, verso settentrione, dal complesso religioso dei frati dell’ordine dei Domenicani, consistente in due chiostri affiancati. L’insediamento religioso culminava negli «orti dei Domenicani», un’isola verde che sarebbe stata assolutamente da preservare e che invece è stata cancellata per far posto al Palazzo di Giustizia.

A sinistra gli Orti dei Domenicani prima della costruzione del Tribunale (dal sito Saluti da Vicenza)
A sinistra gli Orti dei Domenicani prima della costruzione del Tribunale (dal sito Saluti da Vicenza)

«Si osò distruggere anche ciò che rimaneva degli antichi orti dei Domenicani tra Santa Corona e contrà Canove per erigere il Tribunale, rompendo per sempre l’incanto di quella strada luminosa e silente, che lambiva l’ariosa curva dell’antica recinzione». È ancora Cevese a scrivere, il 21 marzo 1976, e si percepisce la sofferenza del grande vicentino di fronte all’ennesimo scempio inflitto alla sua «Vicenza città bellissima».
L’idea di piazzare proprio lì il nuovo edificio pubblico dev’essere venuta ai reggitori della città nel dopoguerra, un momento davvero sciagurato per l’urbanistica vicentina perché, sulla spinta dell’euforia della ricostruzione e nel clima di deregulation dell’epoca, si riuscì a creare impunemente dei veri obbrobri (viale Milano, i padiglioni della Fiera nel Giardino Valmarana-Salvi, ecc.).
Forse il sito del nuovo Tribunale è inserito già nel Piano di Ricostruzione del 1947, ma la concretizzazione del progetto risale a dieci anni dopo. Possibile che, nel frattempo, a nessuno sia venuto il dubbio che fosse una profanazione della omogeneità della storica contrada inserire in quell’angolo di grande bellezza un palazzone dall’aspetto totalmente dissonante, banale e decontestualizzato nella sua tipica esteriorità moderno-funzionale? Appena ingentilita – almeno nelle intenzioni del progettista – dalla cancellata in ferro che protegge le vetrate dell’ingresso, inframmezzata da una fascia orizzontale di brutti bassorilievi.

La cancellata antistante l'ingresso dell'ex-Tribunale
La cancellata antistante l’ingresso dell’ex-Tribunale

Una zona piena di storia come santa Corona meritava rispetto. Una delle chiese più antiche della città (costruita nel 1260), in cui ci sono le cappelle delle più nobili famiglie vicentine, in cui era stato sepolto Andrea Palladio e in cui c’è l’opera pittorica più bella della città, la pala del Battesimo di Cristo di Giovanni Bellini. Il grande e austero complesso dei Domenicani, in cui ebbe sede per secoli la Santa Inquisizione. Il seicentesco barocco Palazzo Leoni Montanari, dirimpettaio suo malgrado del Tribunale. Già la sola presenza di queste architetture avrebbe dovuto demotivare gli ideatori del nuovo insediamento e a dirottare le loro mire altrove.

Errore, fra l’altro, che si è ripetuto mezzo secolo dopo. Quella del Palazzo di Giustizia a Vicenza è una vera maledizione: com’è stato sbagliato quello degli Anni Cinquanta, altrettanto e forse peggio s’è fatto nella collocazione e nell’estetica del suo successore del nuovo secolo.

Tribunale di Vicenza
Tribunale di Vicenza

Il trasloco in Borgo Berga del Palazzo di Giustizia risale al 2016 ma il tribunale di santa Corona è ancora in parte utilizzato come deposito di fascicoli e corpi di reato. Già prima del trasferimento l’amministrazione comunale si era data da fare per dare una risposta al dilemma che da sempre affligge sindaci e assessori: e adesso che ce ne facciamo di questo edificio? Variati lo inserisce nel pacchetto di immobili pubblici da cedere a Investire Sgr con la prospettiva dell’abbattimento e della costruzione al suo posto di un palazzone residenziale. Per il suo assessore Dalla Pozza il riutilizzo consisterebbe piuttosto nella trasformazione in un garage multipiano. Idea, questa, recepita da Otello Dalla Rosa nel suo programma elettorale. Lo sfidante Rucco, invece, lancia in contrapposizione il progetto di collocarvi un nuovo polo bibliotecario, appendice e sviluppo della Bertoliana che difetta di spazi adeguati nelle sue sedi di contrada Riale.
Le elezioni le vince Rucco e, seppure senza fretta, si comincia a lavorare sul riuso che dovrebbe trasformare il vecchio Palazzo di Giustizia in una struttura poliedrica e multiservizi, sfruttando la cospicua metratura disponibile.
Per ora è stato affidato all’ingegner Luisa Spezzapria il lavoro preliminare di verifica della struttura e si è avviato il bando di un progetto di fattibilità. Il sindaco si augura di poterne disporre prima della scadenza del mandato.
Rassegnamoci: l’ex Tribunale resterà lì anche nei prossimi secoli.


Qui gli articoli della rubrica “La Vicenza degli orrori”


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Gianni Poggi
Gianni Poggi risiede e lavora come avvocato a Vicenza. È iscritto all’Ordine dei giornalisti come pubblicista. Le sue principali esperienze giornalistiche sono nel settore radiotelevisivo. È stato il primo redattore della emittente televisiva vicentina TVA Vicenza, con cui ha lavorato per news e speciali ideando e producendo programmi sportivi come le telecronache delle partite nei campionati del Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi, i dopo partita ed il talk show «Assist». Come produttore di programmi e giornalista sportivo ha collaborato con televisioni locali (Tva Vicenza, TeleAltoVeneto), radio nazionali (Radio Capital) e locali (Radio Star, Radio Vicenza International, Rca). Ha scritto di sport e di politica per media nazionali e locali ed ha gestito l’ufficio stampa di manifestazioni ed eventi anche internazionali. È stato autore, produttore e conduttore di «Uno contro uno» talk show con i grandi vicentini della cultura, dell’industria, dello spettacolo, delle professioni e dello sport trasmesso da TVA Vicenza. Ha collaborato con la testata on line Vvox per cui curava la rubrica settimanale di sport «Zero tituli». Nel 2014 ha pubblicato «Dante e Renzo» (Cierre Editore), dvd contenente le video interviste esclusive a Dante Caneva e Renzo Ghiotto, due “piccoli maestri” del libro omonimo di Luigi Meneghello. Nel 2017 ha pubblicato per Athesis/Il Giornale di Vicenza il documentario «Vicenza una favola Real» che racconta la storia del Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi e G.B. Fabbri, distribuito in 30.000 copie con il quotidiano. Nel 2018 ha pubblicato il libro «Da Nobile Provinciale a Nobile Decaduta» (Ronzani Editore) sul fallimento del Vicenza Calcio e «No Dal Molin – La sfida americana» (Ronzani Editore), libro e documentario sulla storia del Movimento No Dal Molin. Nel 2019 ha pubblicato per Athesis/Il Giornale di Vicenza e Videomedia il documentario «Magico Vicenza, Re di Coppe» sul Vicenza di Pieraldo Dalle Carbonare e Francesco Guidolin che ha vinto nel 1997 la Coppa Italia. Dal 9 settembre è la "firma" della rubrica BiancoRosso per il network ViPiù, di cui cura anche rubriche di cultura e storia.