La Vicenza del passato. Dai Longobardi ai Franchi: da otto secoli la città non è più indipendente. Gaido ultimo duca è il primo conte

963
Il battesimo del re dei Franchi Clodoveo
Il battesimo del re dei Franchi Clodoveo

Nel 774 Vicenza cambia padrone. Dopo due secoli, la città passa dai Longobardi ai Franchi. La soggezione dei vicentini a poteri esterni non ha soluzione di continuità: solo la originaria popolazione venetica è riuscita a mantenere la propria indipendenza, poi si sono succeduti Romani, Ostrogoti, Bizantini e Longobardi (qui tutte le puntate di “La Vicenza del passato”, ndr).

Da otto secoli Vicenza è tributaria di amministrazioni esterne, talvolta assoggettandosi volontariamente in cambio di una parziale autonomia (com’è successo per la iniziale alleanza con la Repubblica di Roma) ma, dopo la caduta dell’Impero, è obbligata a sottomettersi ai barbari a cui non è in grado di opporsi e dai quali nessuno la difende.

La soggezione, però, non danneggia i vicentini. Con i Romani la città si è trasformata da villaggio in centro urbano dotato di edifici e strutture pubbliche importanti e, soprattutto, ha acquisito stabilità e sicurezza che le hanno portato crescita demografica ed economica. Questo status dura per tutta la convivenza con l’Impero e si prolunga anche dopo la caduta di quello e durante le occupazioni barbariche.

Vicenza esce più debole ma non abbattuta dalla fine dell’Impero Romano

Vicenza è risparmiata da occupazioni violente e distruttive e gli invasori rispettano le strutture urbane esistenti, sia quelle edilizie che quelle amministrative, lasciando in buona parte inalterata la identità locale. Intanto, però, tutt’attorno le cose cambiano in misura pesante sotto l’influenza di guerre, epidemie, decadenza e impoverimento. Altre città subiscono ben altra sorte: Padova rischia di scomparire, i centri del litorale si spopolano sotto la pressione degli Unni, le lagune malsane e disabitate ospitano nuovi insediamenti.

Dopo la guerra greco-gotica, alla fine del VI secolo, anche Vicenza è spopolata e impoverita come tutta la regione, ma non nella stessa drammatica misura del contesto circostante. Infatti, non solo sopravvive, ma prospera.

Sono soprattutto i Longobardi ad accrescerne il ruolo e il territorio, a modificare l’urbanistica con nuovi importanti edifici pubblici e un parziale ridisegno della viabilità, a consentire grazie a un controllo militare ben diffuso del territorio una ripresa produttiva e, di conseguenza, economica.

La rinascita demografica ed economica con i Longobardi

Nel secondo secolo del Regnum Langobardorum anche nella città berica si attenua la rigida separazione iniziale fra le etnie degli occupanti e degli occupati anche grazie alla mediazione del Cattolicesimo, a cui i barbari si convertono alla fine del VII secolo.

A Vicenza il centro della cultura e dell’organizzazione del territorio diventano i monasteri, in primis quelli benedettini di San Felice e di San Pietro, che ricevono cospicue donazioni fondiarie. In provincia, poi, ci sono le vaste proprietà delle grandi abbazie di San Salvatore di Brescia e di Nonantola. La presenza di questi latifondi comporta la opportunità di un loro sfruttamento economico e, nel vicentino, si può tornare a un’economia di mercato emancipandosi da quella meramente di sopravvivenza. I prodotti tipici del territorio, che già avevano ottenuto fama e diffusione durante l’Impero, sono di nuovo al centro dei commerci. Il boom economico è testimoniato dalla presenza di una zecca a Vicenza: si batte quindi moneta coniata in città.

Il nuovo benessere permette l’abbellimento dei luoghi di culto cittadini. Nella basilica di San Felice e nella cattedrale sono state rinvenuti i resti di questi apporti di età longobarda.

Dai Longobardi ai Franchi. Gaido, ultimo duca, diventa il primo conte franco

Il ducato longobardo di Vicenza è uno dei principali del Regno, tant’è che – pur nella carenza di notizie storiche del periodo – sono stati tramandati i nomi di alcuni duchi della città o da essa provenienti: Peredeo, grande generale morto in combattimento con i Bizantini nel 735 a Ravenna; sessant’anni prima Vettari, longobardo di nascita vicentina, è duca del Friuli; e, infine, Gaido che è l’ultimo duca di Vicenza e si oppone all’invasione dei Franchi insieme con il collega friulano Rotcaudo.

Gaido combatte con tanto valore da meritare non solo l’onore delle armi ma, addirittura, la conferma nel ruolo di governatore di Vicenza nel nuovo ordinamento amministrativo di Carlo Magno. Cambia il titolo, non più duca ma comes cioè conte, ma, in sostanza, fa da ponte nel passaggio da una dominazione all’altra.

Resta in carica solo per due anni perché nel 774 re Carlo è costretto a tornare nei territori appena conquistati per sedare una rivolta capeggiata dagli stessi duchi longobardi che ha lasciato al loro posto. Repressa la sollevazione il sovrano pensa bene di non insistere e sostituisce i duchi infedeli con conti franchi. Anche Gaido è fra i governatori defenestrati e, con la sua uscita di scena, si chiude la storia longobarda di Vicenza. Il potere passa ora dai Longobardi ai Franchi.

Articolo precedenteDiritto aborto, Pontedera chiama Kabul. Aduc: “Reato? Cambiare la legge”
Articolo successivoCovid Italia 14/5, 36.042 casi, morti 91, 13.7% positivi, 340 intensiva Covid Veneto: 3.664 casi VI 657 PD 715 TV 591 VE 574 VR 589 BL 99 RO 159
Gianni Poggi
Gianni Poggi risiede e lavora come avvocato a Vicenza. È iscritto all’Ordine dei giornalisti come pubblicista. Le sue principali esperienze giornalistiche sono nel settore radiotelevisivo. È stato il primo redattore della emittente televisiva vicentina TVA Vicenza, con cui ha lavorato per news e speciali ideando e producendo programmi sportivi come le telecronache delle partite nei campionati del Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi, i dopo partita ed il talk show «Assist». Come produttore di programmi e giornalista sportivo ha collaborato con televisioni locali (Tva Vicenza, TeleAltoVeneto), radio nazionali (Radio Capital) e locali (Radio Star, Radio Vicenza International, Rca). Ha scritto di sport e di politica per media nazionali e locali ed ha gestito l’ufficio stampa di manifestazioni ed eventi anche internazionali. È stato autore, produttore e conduttore di «Uno contro uno» talk show con i grandi vicentini della cultura, dell’industria, dello spettacolo, delle professioni e dello sport trasmesso da TVA Vicenza. Ha collaborato con la testata on line Vvox per cui curava la rubrica settimanale di sport «Zero tituli». Nel 2014 ha pubblicato «Dante e Renzo» (Cierre Editore), dvd contenente le video interviste esclusive a Dante Caneva e Renzo Ghiotto, due “piccoli maestri” del libro omonimo di Luigi Meneghello. Nel 2017 ha pubblicato per Athesis/Il Giornale di Vicenza il documentario «Vicenza una favola Real» che racconta la storia del Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi e G.B. Fabbri, distribuito in 30.000 copie con il quotidiano. Nel 2018 ha pubblicato il libro «Da Nobile Provinciale a Nobile Decaduta» (Ronzani Editore) sul fallimento del Vicenza Calcio e «No Dal Molin – La sfida americana» (Ronzani Editore), libro e documentario sulla storia del Movimento No Dal Molin. Nel 2019 ha pubblicato per Athesis/Il Giornale di Vicenza e Videomedia il documentario «Magico Vicenza, Re di Coppe» sul Vicenza di Pieraldo Dalle Carbonare e Francesco Guidolin che ha vinto nel 1997 la Coppa Italia. Dal 9 settembre è la "firma" della rubrica BiancoRosso per il network ViPiù, di cui cura anche rubriche di cultura e storia.