Pil, Filiera Italia: “agroalimentare tiene ma fatturato indietro di tre anni”

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Precipita il PIL nel secondo trimestre dell’anno. Secondo i dati Istat, infatti, diminuisce ancora il Prodotto Interno Lordo del nostro Paese rispetto al trimestre precedente, e rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno, toccando il -12,4% e scendendo oltre le
previsioni già negative.

“In questo quadro così fosco l’alimentare si attesta su valori nettamente migliori, ma comunque molto negativi se confrontati con quelli storici del settore” afferma in un comunicato Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia. La produzione alimentare gennaio-giugno, infatti, segna un -3,3% contro un calo della produzione nell’industria nel suo complesso del -18,3%. Incoraggianti, secondo Scordamaglia, i dati del fatturato alimentare di giugno che, benché ancora negativi, segnano una quasi normalizzazione con -1,1% recuperando il -5,8% su maggio. “Una flessione contenuta – commentano da Filiera Italia – rispetto al manifatturiero nazionale, ma che comunque per il settore segnerà un’involuzione che porterà verosimilmente il fatturato indietro di quasi 3 anni”.

“A preoccupare il fatto che il calo dei consumi oltre che quantitativo, resti qualitativo nella composizione del carrello della spesa” prosegue Scordamaglia. Si è ridotto, infatti, il
valore medio dei consumi alimentari: sempre meno tagli pregiati di carne, pesce, frutta, e sempre più di prodotti meno costosi come uova (fino a +40%) e pasta, la cui produzione è cresciuta del 15% “un record di crescita degli ultimi anni” commentano da Filiera Italia.

I segnali di speranza arrivano dall’export che per l’alimentare, dopo una partenza accelerata nei primi 3 mesi del 2020 (con + 9,4% che ha quasi doppiato la crescita del 2019) fa registrare oggi un + 3% di crescita nel periodo gennaio-maggio, periodo durante il quale l’export totale italiano ha segnato un crollo verticale arrivando a toccare un -16,4%. “A questo punto rimane da sperare solo nel traino dell’export – dice il consigliere delegato – che potrebbe derivare dall’andamento, speriamo finalmente positivo, dei contagi sui nostri principali mercati di esportazione e dalla normalizzazione dei rapporti con gli USA”.

La speranza – dopo il sospiro di sollievo tirato a inizio agosto, dopo che l’Italia è uscita graziata dall’ultima tornata di nuovi dazi: nessun nuovo balzello per le eccellenze come vino (che comunque resta colpito da un calo significativo del prezzo medio di esportazione), olio e pasta – è che siano rivisti anche i dazi già esistenti su liquori tradizionali italiani, formaggi e salumi “Prodotti tra i più imitati e danneggiati dall’Italian sounding americano – conclude
Scordamaglia – un fenomeno che vale oltre 5 volte le nostre esportazioni
in quel Paese”.