Processo Veneto Banca, udienza 21 giugno: ispettori BCE su governance e azioni finanziate

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processo veneto banca costabile consoli
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Inviato a Treviso. Altri tre testi della procura, ispettori BCE, sentiti nell’udienza di oggi a Treviso sul crac di Veneto Banca che vede l’ex ad ed Vincenzo Consoli imputato unico, difeso dall’avvocato Ermenegildo Costabile di Milano.

La cronaca. Alberto Mitra ha parlato del suo esame per conto della BCE di azioni e finanziamenti e anche della lettura dei verbali del cda per cercare di capire se c’era una dialettica, nel biennio 2014-2015. Mitra ha affermato di aver ascoltato le registrazioni e che i consigli di amministrazione avevano 20-25 ordini del giorno; tutti gli argomenti secondo il funzionario venivano portati dal dott. Consoli, gli altri amministratori non erano molto attivi. Consoli è stato definito da Mitra una “persona di estrema competenza”. Dopo l’ispezione del 2013 Bankitalia aveva chiesto un radicale cambiamento di governance. Nel cda sono cambiati molti nomi, Consoli ha lasciato il ruolo di amministratore delegato per assumere quello di direttore generale. L’ispezione del 2013 aveva riscontrato che il consiglio di amministrazione era appiattito sulle idee di Consoli, ma anche nel nuovo cda Consoli era il più esperto, secondo il funzionario c’era continuità con prima.

costabile mostra fogli al primo teste
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Oltre alla governance Mitra ha affrontato il tema delle azioni: “chi aveva azioni Veneto Banca le voleva vendere“, per cui l’istituto di credito di Montebelluna mise in atto una serie di operazioni, da lui comunque definite lecite, anche se, in un caso, in conflitto di interessi, per far fronte alla pressione alla vendita. Nel caso della famiglia Scalferlin, uno dei maggiori azionisti della Banca intermobiliare di cui Veneto Banca assunse il controllo, l’operazione di vendita delle sue azioni a 40 euro ebbe la precedenza rispetto ad altri azionisti che volevano vendere. Si tratta, sia nel caso di Scalferlin e dell’altro azionista di Bim Pietro D’Aguì, di operazioni baciate, cioè azioni finanziate, così come l’operazione con JP Morgan, che secondo Mitra comprò le azioni di Veneto Banca ma nel frattempo aveva anche incassato, grazie all’acquisto da parte della banca di un portafogli di prestiti ipotecari vitalizi, con lo scopo di appunto di vendere azioni e abbassare la pressione sul titolo. L’avvocato Costabile è poi intervenuto sostenendo che il presidente Francesco Favotto aveva avvisato il dg di Bankitalia Rossi delle operazioni.

Aumento di capitale al centro della testimonianza del secondo teste Turcato, funzionario BCE aggregato al team ispettivo a fine luglio 2015, che ha spiegato di aver analizzato circa 1500 posizioni. Il capitale finanziato nel 2014 era 23 milioni, secondo l’avvocato Costabile i soci finanziati sono stati 200, mentre i sottoscrittori dell’aumento di capitale da 474 milioni sono stati 38 mila. Turcato è stato ispettore anche all’ex Banca Popolare di Vicenza, ma in quel caso sono stati presi in esame solo i nuovi finanziamenti mentre a Treviso lo spettro è stato più ampio.

Il terzo teste Massimo Santangelo, anche lui ispettore per conto della BCE, ha affermato che la definizione del prezzo delle azioni era a discrezione. La prassi vuole che ci sia un metodo principale e un metodo di controllo, ha detto il teste, ma i flussi di cassa 2017 e 2018 non erano stati posti al vaglio del cda. Secondo Santangelo non esisteva una policy per la negoziazione delle azioni, non veniva rispettato l’ordine cronologico dei soggetti che volevano vendere le azioni. Secondo l’avvocato Costabile il 24 febbraio 2015 Consoli propose la modifica alla policy, ma il vice presidente Vardanega disse di no.


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