Referendum sul taglio dei parlamentari: è una questione di democrazia, i contrari se ne devono fare una ragione

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Referendum sul taglio dei parlamentari
Referendum sul taglio dei parlamentari

Sta montando la polemica sulle firme di una settantina di parlamentari di vari gruppi che permetteranno ai cittadini di votare nel referendum sulla modifica costituzionale che taglia il numero di deputati e senatori.

Questo taglio viene “venduto” come un esempio di democrazia, di sburocratizzazione. “Ci saranno meno parassiti che mangiano i nostri soldi”, si afferma senza contare che quelli che saranno eletti continueranno a ricevere gli stessi emolumenti di prima. Quindi ci saranno, forse, meno privilegiati ma con più potere personale.

Ci dicono che la questione è che le istituzioni costano troppo. E, se anche fosse, cosa si fa? Si taglia il numero dei rappresentanti dei cittadini, si “svuotano” Camera e Senato. Ma il problema delle nostre istituzioni è una sempre maggiore carenza di qualità e competenza tra chi le occupa. Questa è la questione reale (e morale) del nostro paese.

Le istituzioni producono leggi contorte, scritte male, incomprensibili e spesso in contrasto con la Costituzione. Deputati e senatori sono assenti, impegnati a fare altro, a rincorrere benefici immediati per se stessi o per il partito di appartenenza. Personaggi con poca o nulla competenza e visione dello Stato siedono sulle poltrone di Camera e Senato pronti a pigiare un tasto e votare quello che il loro capo indica, ignorando, spesso, quello per cui stanno votando.

Lo scenario è desolante ma è questa la situazione che si deve affrontare e risolvere. Bisogna che gli elettori contino di più, che ci sia reale rappresentanza, che gli eletti siano onesti e preparati. Niente di tutto questo si risolve diminuendo il numero degli eletti ma solo alzandone la qualità e l’efficienza. Se si vuole risparmiare li si costringa a lavorare, si colpiscano gli assenteisti, si diminuiscano le retribuzioni e i privilegi. Tagliare il numero dei parlamentari significa continuare a svuotare le istituzioni, ridurre il parlamento a un’aula dove si votano leggi pensate e scritte (male) da qualche “leader” o pseudo tale.

Diminuire il numero dei rappresentanti del popolo, in definitiva, ha lo scopo di creare oligarchie, consolidare le caste che già ci sono, stabilizzare un sistema ingessato nel quale chi è dentro ci resta mentre istanze, idee e (perché no) anche ideologie diverse o nuove devono rimanere estranee alle istituzioni. Nulla può né deve cambiare.

Il taglio dei parlamentari è passato con il voto di meno dei 2/3 dei parlamentari. Per questo è possibile (e auspicabile) che si chieda agli elettori di confermare o meno la decisione di deputati e senatori in un referendum. Non c’è nessuna forzatura, la Costituzione lo prevede. E, allora, hanno fatto bene quei parlamentari, come Pierantonio Zanettin che su questo mezzo ha motivato le sue ragioni,  che hanno firmato la richiesta di referendum. A chi fa polemica o protesta perché voleva che tutto passasse senza dibattito nel paese (magari sotto silenzio) bisognerebbe rispondere che se ne devono fare una ragione. In definitiva è una questione di democrazia, né più né meno.

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.