Solidarietà con le vittime di BPVi e Veneto Banca? La dimostrino “Prima i Veneti” correntisti di Intesa Sanpaolo!

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Banche venete: Intesa Sanpaolo chiamata a
Intesa Sanpaolo chiamata a "rispondere" dei debiti di BPVi e Veneto Banca?

Dal 26 giugno 2017 all’alba è ben noto l’effetto collaterale del D.L. 99 del 25 giugno 2017 con cui Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca venivano poste in Liquidazione Coatta Amministrativa (LCA): Intesa Sanpaolo acquistò per un euro le “parti buone” delle due ex popolari venete e, in aggiunta, lo Stato acconsentì ad erogarle un contributo di euro 3,5 miliardi, a carico delle LCA, quindi dei soci azzerati delle due banche, oltre a euro 1,285 miliardi per sostenere gli oneri di ristrutturazione relativi al personale delle venete, che sono ammontati, poi, a euro… zero.

Tutto questo per non parlare di altro come, ad esempio, la possibilità per Intesa Sanpaolo di poter retrocedere i crediti, cosiddetti “high risk”, per al massimo euro 3,7 miliardi fino all’approvazione del bilancio che si chiuderà al 31 dicembre 2020 (cioè a circa 4 anni dalla data di cessione)…

Ci fermiamo qui, senza parlar di altre garanzie miliardari fornite dalla Stato, perché questi fatti concretizzatisi, poi, in una plusvalenza delle due ex Venete pari a 363 milioni di euro e nella distribuzione ai soci Intesa di un dividendo straordinario di euro 2,065 miliardi prelevandolo dalle “riserve” ove era confluito il citato contributo  dello Stato di Euro 3,5 miliardi, portano a sciogliere facilmente un dubbio: è Banca Intesa Sanpaolo che ha salvato le banche venete o è la parte “buona” delle banche venete che ha arricchito Intesa Sanpaolo?

Riassunta, grazie ai dati di bilancio anticipati nelle nostre considerazioni di cui ai link precedenti e ora approvati nell’assemblea di Intesa del 30 aprile scorso, l’operazione di demolizione delle due popolari venete possiamo affermare che

  • Intesa ha fatto un grande affare, e buon per lei
  • lo Stato glielo ha fatto fare con un atto politico, e ne deve rispondere ai creditori delle due banche tra cui, per il 99%, i risparmiatori soci oltre agli obbligazionisti
  • le misure di restituzione parziale del maltolto a costoro impostate dal vecchio governo con la legge 205/2017 e definite, incrociando le dita, dal nuovo esecutivo con l’articolo 36 del Decreto crescita che ha corretto il prima improponibile Fondo Indennizzo Risparmiatori fissato nella 145/2018, sono, quindi, non una “dazione liberale” ma un atto dovuto.

Rimane in piedi e in mano ai tribunali dei togati e, in loro deficit, alle giurie popolari, meno legate ai commi e di più all’etica, decidere se, quanto e chi dovrà, o dovrebbe, pagare tra i responsabili degli atti non politici ma di mala gestio delle banche.

Pagheranno solo alcuni membri dei cda ed alcuni dirigenti non avendo, i togati, chiamato al banco degli imputati tutti i consiglieri mentre i sindaci e le società di revisione sono stati beneficiati da una immunità incomprensibile ai più, anche se meno… dotti?

BPVi sarà chiamata a rispondere del dramma veneto e non solo come Veneto Banca nonostante l’evidente diversità delle situazioni e dei numeri che, però, invece di suggerire giudizi sereni hanno, intanto, immolato Montebelluna sull’altare della banca dei servizi segreti con propaggini nelle terre di mafia e infarcita di grand commis dello Stato e di ospiti che da Bankitalia, magistratura e GdF entravano tramite ben oliate porte girevoli in via Btg. Framarin o nelle cantine amiche?

Banca d’Italia e Consob continueranno a fare le improbabili vittime dei banchieri (se lo fossero andrebbero condannate comunque per incapacità) o verranno sanzionate, dai giudici togati o popolari, come carnefici in proprio, magari sottomessi ad interessi superiori di banche forti e al sistema della finanza che in Europa avvolge la BCE e la Commissione europea?

In questo quadro, cinicamente lucroso per relativamente pochi, tra cui non difettano imprenditori e speculatori vicentini e veneto, ma tragico per centinaia di migliaia di persone che diventano milioni con le famiglie e, se imprenditori, con i dipendenti le misure di indennizzo ai risparmiatori (anche se non tutti quelli che ne beneficeranno lo erano), non sono che una perequazione dovuta.

Condividiamo, infatti, quanto ci detto nella sua ultima intervista l’avv. prof. Rodolfo Bettiol) e cioè che abbiamo pieno diritto a questa,. parziale, perequazione coloro che, non potendo più rivalersi sulle banche in Lca, che dovranno girare miliardi allo Stato per rendere i soldi che ha anticipato (donato?) a Intesa Sanpaolo, ora trovano un indennizzo nei soldi che non sono, per altro, pubblici né effetto di vecchie o nuove tassazioni ma provengono dai fondi dormienti, denari dimenticati nelle fauci delle banche e delle assicurazioni da centinaia di migliaia di correntisti e veri risparmiatori.

Ma questa perequazione (un massimo di 100.000 euro e solo il 30% “secco” di quanto versato per le azioni, per giunta non un acconto né rivalutato con interessi e rivalutazioni come previsto dalla vecchia 205 e con risorse massime di 1,5 miliardi, mentre prima la 205 partiva con poco ma attingeva in modo illimitato ai fondi dormienti che ogni anno crescono di circa 150-200 milioni…), questa perequazione, dicevamo, è parziale.

E allora cosa fare perché a chi è stato veramente truffato, non tutti, ma moltissimi e i più deboli, venga ridato tutto e, soprattutto, da chi ha beneficiato, troppo, dei fatti o del… fato?

Se il mondo fosse un pizzico corrispondente alle prediche giornaliere sul bene di tutti e sulla solidarietà umana e, udite udite, cristiana, e se, soprattutto, Vicenza e il Veneto (ci fermiamo in zona, a voi estendere i ragionamenti) fosse veramente terra di “Prima i veneti!“, ebbene basterebbe ragionare su questa ipotesi.

I due milioni e mezzo di correntisti più fortunati, che avevano il 26 giugno 20’17 un conto non azzerato dal flop delle azioni che anche molti di loro hanno avuto e che Intesa Sanpaolo ha accolto a braccia aperte tra i suoi clienti a spese soprattutto di chi nelle due Liquidazioni ha lasciato ogni speranza e, magari, verrà anche tartassato per i suoi debiti in sofferenza, che andranno ad arricchire altre iene, ebbene quei due milioni mezzo di correntisti, di cui la gran parte vicentini e veneti, hanno un’arma da brandire per i loro “colleghi”, vicentini e veneti, meno fortunati: i loro conti attivi.

Magari non tutti, perché alcuni avranno posizioni collegate di affidamenti, ma la gran parte di loro potrebbero far capire a chi di dovere che, se scegliessero di portare i schei in un’altra banca rispetto a quella che non ha salvato le due ex banche venete, che altrimenti esisterebbero ancora, ma ha solo fatto i suoi affari, beh forse e senza forse si potrebbe trovare, al simbolico ma vero grido di “Prima i Veneti!”, un’Intesa… con la banca.

Se 1,5 miliardi ripagano a spese di nessuno, cioè dei conti di chi se li è dimenticati da 20 anni, il 30% del danno, beh si ripagherebbe il 100% del maltolto sia pure lasciando un tetto (o si potrebbe anche alzare il tetto” con 3.5 miliardi in più.

Giusto quelli non suoi ma che ha guadagnato in più e cash Intesa Sanpaolo per non parlare dei 1,285 miliardi ricevuti per spese di ristrutturazione che non ha sostenuto e di tutti gli altri plus che, come visto, ne abbelliscono conti e patrimonio. Questi potrebbero, però, rimanere floridi e più che in ordine vincolando i beneficiari di questa più giusta e completa, anche se, comunque, non totale, perequazione a versare quei denari sui conti di una banca che ha sempre professato i suoi valori etici.

Tutto questo non è possibile perché Intesa non è proprio… Sanpaolo o perché “Prima i veneti!” vale solo contro qualcuno e non per dimostrare di non meritare l’appellativo di basabanchi?

Alias, ipocriti.