Tribunale Vicenza, intervista al presidente Alberto Rizzo sull’operatività durante lockdown: “semplificazione in tutti i settori”

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Alberto Rizzo, presidente del tribunale di Vicenza
Alberto Rizzo, presidente del tribunale di Vicenza

Nel periodo di maggiore emergenza data dal coronavirus – riporta una nota di Confartigianato Veneto – il Dl cura Italia ed il successivo decreto legge liquidità del Governo hanno tenuto chiusi i tribunali sino all’11 maggio. Da mercoledì primo luglio poi il sistema giudiziario italiano è tornato alla normalità lasciandosi alle spalle i provvedimenti di emergenza anti Coronavirus. Uno stop lungo che ha certamente messo in crisi il sistema giustizia e bloccato il suo andamento, magari lento ma comunque positivo, di riduzione dell’arretrato e dei tempi dei processi, riscontrato negli ultimi anni. Con il lockdown il Governo ha però introdotto una serie di modalità da remoto (che stanno valutando se prorogare in via sperimentale al 31 dicembre 2021) con l’obiettivo di permettere al servizio di essere erogato in sicurezza e in modo più celere.

Siamo andati a vedere cosa è successo al Tribunale di Vicenza dove i nuovi metodi erano già operativi anche se in modo limitato sin dal 2015. Una situazione che ha permesso di limitare i disagi del personale dipendente, dei Giudici e di cittadini e imprese.

Dal 13 maggio a fine giugno 2020 (questo il periodo per ora disponibile), sono stati trattati, grazie alle modalità cartolare (telematico) e da remoto (usati per il 54,7% dei casi), il 75,1% dei fascicoli “civili” rispetto allo stesso periodo del 2019 ed il 62,2% di quelli penali. Anche rispetto ai procedimenti definiti siamo oltre la metà (65,9%) nel civile rispetto al 2019 e al 77,3% nel penale.

Il Covid potrebbe essere l’elemento straordinario per portare l’Italia a gestire la “giustizia come azienda”.

Certamente sì. La situazione drammatica che abbiamo vissuto ha creato i presupposti per introdurre (dal 10 marzo) delle modalità di gestione di fasi dei procedimenti civili e penali sicuramente innovative, quali l’ampliamento del perimetro di operatività della c.d. modalità cartolare ovvero trattazione scritta e la partecipazione all’udienza tramite videocollegamento da remoto.

È stata una sorta di grande laboratorio che ha coinvolto moltissimi uffici nell’attuazione di disposizioni normative che hanno disciplinato nuove modalità operative che hanno consentito la trattazione delle cause e la celebrazione, in parte, dei procedimenti penali nonostante le severe limitazioni imposte dall’emergenza. Il collegamento in videoconferenza era peraltro una modalità già utilizzata, ma veniva gestita con un disciplinare specifico legato al contesto territoriale con regole ovviamente valevoli per il singolo ufficio. In particolare presso il tribunale di Vicenza questa modalità è stata implementata nel luglio 2015 nel settore della volontaria giurisdizione con un impiego che oggi coinvolge circa 300 procedure all’anno e nel 2016 introdotta nell’ambito del procedimento civile, seppure in questo settore adottata in via più sporadica.

Non c’è dubbio che l’aver previsto una disciplina valevole per tutto il territorio nazionale ha dato straordinari risultati sia dal punto di vista strettamente processuale sia per quanto riguarda aspetti collaterali estremamente importanti. Penso per esempio, oltre alla possibilità di celebrare una udienza durante la fase della emergenza, al notevole risparmio di tempo, alla gestione più funzionale delle agende, alle ricadute positive sull’ambiente ed alla riduzione degli spostamenti. Sono convinto che queste modalità, per il settore civile, debbano essere confermate perché, se usate in modo sistemico, porterebbero a vantaggi significativi.

Il Tribunale di Vicenza era pronto alla digitalizzazione dei procedimenti. Ci sono situazioni diverse che lei sappia tra i vari tribunali o mediamente nel nord Italia, e nel Veneto in particolare, la digitalizzazione era già adottata?

Non sono in grado di sapere se in realtà questo sistema fosse presente altrove in passato. Posso dire che l’impiego massiccio della videoconferenza, i protocolli adottati e la rete di Comuni che collaborano con noi affinché il servizio sia sempre più efficiente ed attento alle necessità dei cittadini ha riscosso sempre molto interesse quando l’ho illustrato in incontri e seminari. Posso quindi immaginare che certamente non era un sistema diffuso ma non escludo che in altri tribunali la videoconferenza sia stata utilizzata.

La giustizia è deve essere gestita come una azienda perché è un pezzo importante del dell’attività economica di un territorio?

Premesso che ci sono report e analisi nazionali e sovranazionali che certificano come e quanto, nel complesso, la giustizia italiana sia in difficoltà, è altrettanto noto che ciò significa subire una serie di ricadute che vanno oltre il disagio e la violazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, traducendosi in un deficit importante in relazione alla certezza delle relazioni giuridiche ed alla possibilità di potere contare su un sistema che dia delle risposte. E questo vale tanto per i cittadini quanto per le imprese che devono potere fare affidamento su un sistema che corregga eventuali distorsioni.

Il nostro obiettivo quindi quale deve essere?

Riprendo una frase di un grandissimo magistrato, precursore di tante iniziative mirate all’efficienza (Mario Barbuto, presidente del Tribunale prima e della Corte di Appello di Torino poi): dobbiamo passare da una giustizia in cui è chi compie un torto sfida l’avversario dicendogli “fammi causa”, confidando in un sistema lento, ad un ordinamento che valorizzi il “ti faccio causa” perché in grado di garantire un apparato che funziona.
Puntare ad un tribunale azienda è ovviamente una provocazione. L’azienda ha come fine il profitto mentre la mission della macchina giudiziaria è il servizio. Però credo che si possano mutuare dal mondo dell’impresa, tantissime dinamiche, idee, leve organizzative, per migliorare nel complesso il funzionamento dell’organizzazione giudiziaria. Solo come esempio a Vicenza, pensando al benessere organizzativo, abbiamo introdotto servizi come l’asilo nido, un ambulatorio, corsi antistress periodici, uno spazio attrezzato per la consumazione del pasto, corsi di lingua straniera, di pronto soccorso, di comunicazione gestuale e potrei proseguire. Tutto questo è un approccio aziendalistico e serve a creare comunità, quel senso di appartenenza che è la base della spinta motivazionale. Anche i costanti interventi in materia di sicurezza, in questa fase straordinaria dettata dal Covid-19, hanno permesso di creare un ambiente confortevole in cui il personale è venuto a lavorare con relativa tranquillità. Relativamente alla attività giudiziaria, credo che una gestione attenta, flessibile e pronta, attraverso il monitoraggio costante dei dati consenta di predisporre le misure idonee a fronteggiare le inevitabili criticità che con estrema frequenza si manifestano.

Particolari tipologie di contenzioso possono giustificare scelte organizzative di attenzione verso determinate materie. Un aumento del contenzioso bancario ci ha indotto in passato ad istituire una apposita sezione, lo stesso è stato fatto per le controversie di famiglia.  Abbiamo puntato molto sulla settorializzazione del contenzioso per superare quelle enormi criticità che si erano manifestate e che avevano contraddistinto in passato l’attività giudiziaria. Alcuni anni fa le cause civili in media duravano circa sei anni, un tempo intollerabile oltre che palesemente in contrasto con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo. Oggi i dati dipingono una realtà molto diversa: la durata media di una controversia in materia di lavoro è inferiore all’anno, mentre quelle civili ordinarie in media vengono definite in meno di tre anni. Non siamo un’azienda ma, come tutta la pubblica amministrazione, dobbiamo mutuare dal mondo imprenditoriale quelle modalità operative organizzative, quegli atteggiamenti che possono essere utilmente sfruttati per migliorare il sistema. Ovviamente si deve intervenire anche sul piano normativo valorizzando, ad esempio, molto di più il merito.

Lei diceva che invece sul versante del personale amministrativo ci sono gap molto importanti?
Non è un segreto che il personale amministrativo dei tribunali, compreso quello di Vicenza, sia eroico. L’ho segnalato a tutti, dalla Regione Veneto sino al Ministro. Noi abbiamo una pianta organica amministrativa già insufficiente sulla carta: 140 persone previste per 67 magistrati, con un rapporto di 1 a 2 che dovrebbe essere di 1 a 3. Ma il sottodimensionamento diventa insostenibile nella realtà che conta solo 81/82 operativi con una carenza che si sta avvicinando al 40%! È come giocare una partita di calcio in 6 contro 11, difficile vincere; possiamo sperare di fare, ogni tanto, qualche gol in contropiede.

Cosa ne pensa della possibile riforma

Premesso che innanzi tutto ci deve essere la volontà di una riforma, nel momento in cui si decidesse di affrontarla a mio avviso bisognerebbe convergere su alcuni obiettivi, il principale dei quali è la semplificazione dei riti.

Non solo. Lasciamo ai tribunali la soluzione dei conflitti che non sono sanabili altrimenti. A tal proposito il nostro Tribunale ha in cantiere un interessante protocollo con l’Università di Padova, l’Ordine degli Avvocati e la Regione sulla mediazione. Un protocollo molto complesso perché punta sulla giustizia partecipata. Non la giustizia delegata al giudice ma la giustizia raggiunta anche attraverso la volontà delle parti perché, soprattutto in certi settori come la famiglia, è auspicabile un superamento della conflittualità che individui un progetto di vita che guardi al futuro, piuttosto che affidarsi ad un provvedimento imposto.

Dunque, semplificazione delle procedure nel civile e coraggiosa depenalizzazione nel penale.

Lasciamo il diritto penale quale presidio dei valori che meritano veramente l’adozione di una procedura estremamente complessa e costosa. Se “penalizziamo” tutto, di fatto rendiamo molto complicata la gestione della macchina con la conseguenza che i processi vengono trattati a rilento obbligando i procuratori a delle scelte.

Chiudo dicendo solo che qualsiasi riforma non può essere complicata perché non possiamo permetterci di essere complicati. Oggi più che mai dobbiamo convergere verso la semplificazione in tutti i settori, anche in quello della giustizia con un po’ di buona volontà e con un grande senso di responsabilità.