Il viaggio di Enea, eroe complementare ad Ulisse: l’altra faccia della guerra di Troia

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Le tappe del viaggio di Enea
Le tappe del viaggio di Enea. Credits: Associazione Rotta di Enea.

La storia è sempre scritta dai vincitori. Quando due culture si scontrano, chi perde viene cancellato e il vincitore scrive i libri di storia, libri che sostengono la sua causa e condannano quella del nemico sconfitto” scrive Dan Brown nel suo (bellissimo) “Il Codice da Vinci”. Ma quando storia e mito si fondono e si confondono è possibile spingersi più in là della classica narrazione “scolastica”. L’Odissea e l’Eneide hanno tantissimi punti in comune, eppure narrano le vicissitudini di chi ha vinto e di chi ha perso. Entrambe sono metafora di un percorso interiore molto spinoso e complesso. E se delle tappe di Ulisse abbiamo, ormai, già sviscerato tutto, vale la pena ripercorrere anche il viaggio di Enea, principe dei Dardani.

Un eroe (non) “perdente” – Se Odisseo (il vero nome di Ulisse), che è dalla parte dei vincitori nella guerra di Troia, ha impiegato ben 10 anni per rientrare ad Itaca e rivedere la sua famiglia (complice l’ira di Nettuno), Enea ha davanti a sé uno scenario molto diverso da affrontare: è dalla parte dei perdenti, è costretto a fuggire, a trovare il modo e la forza di ricostruirsi una vita. Il suo vagare dura circa 7 anni e si conclude nel Lazio dove, dopo aver sposato la principessa Lavinia, figlia del re Latino, fonderà Lavinium (anche se, secondo una leggenda, l’antica città del Latium vetus sarebbe stata fondata solo due anni dopo la fuga da Troia) che avrebbe accolto anche altri esuli troiani.

Enea, insomma, avrebbe a che fare con l’origine più antica della fondazione di Roma.

Ma cosa c’è alle spalle di questa “conquista”? Quale inferno ha dovuto attraversare questo “eroe perdente” (nel senso letterale del termine, perché “ha perso”) per poter dare un lieto fine alla sua storia?

Le tappe sono tantissime, concentriamoci su quelle più importanti.

Le tappe del viaggio di Enea – Con l’escamotage del cavallo (su cui si sono sprecati fiumi di inchiostro, perché non tutte le fonti concordano sul fatto che si sia trattato di un vero cavallo di legno), gli Achei riescono a farsi largo oltre le mura di Troia e a devastarla. Enea, figlio del mortale Anchise e della dea Venere, fugge con il padre, il figlioletto Ascanio, i Penati (sacre statuine raffiguranti gli spiriti protettori della patria e della famiglia) e altri Troiani, affidandosi al Fato. La moglie Creusa morirà nel frangente, apparendogli sotto forma di fantasma per rivelargli che diventerà il fondatore di un grande popolo.

Preso il mare, Enea si ritrova a sbarcare a Eno, nella storica regione della Tracia (estrema punta sudorientale della penisola balcanica oggi comprendente il nordest della Grecia, il sud della Bulgaria e la cosiddetta Turchia europea). Qui, vedrà gocciolare da alcuni rami di mirto il sangue di Polidoro, figlio di Priamo (ultimo re di Tracia), ucciso proprio in quel luogo. Un prodigio macabro che inquieterà i Troiani che, spaventati, si dirigeranno altrove.

A Delo (isola greca dell’arcipelago delle Cicladi), l’oracolo di Apollo indicherà di cercare “l’antica madre“: un indizio che spinge Anchise a pensare a Creta, terra del loro progenitore Teucro. Ed è proprio l’isola greca la tappa successiva che sarà anche una meta importantissima, incarnando il luogo dove cominciare a costruire la nuova città. Un altro colpo di scena, però, cambia tutti i piani. Enea sogna i Penati che lo avvertono di aver commesso un errore; errore che si rivela sotto forma di una terribile pestilenza: “l’antica madre” non è Creta, è l’Italia in quanto terra d’origine del capostipite Dardano!

Non resta che riprendere il mare: una tempesta, però, sarà matrice di un’ulteriore tappa in questo lungo peregrinare. Alle isole Strofadi (due piccole isole greche del mar Ionio in un gruppo di 35 scogli), i Troiani vengono attaccati dalle Arpie, mostri con volto di donna e corpo di uccello. Questo ricorda molto l’incontro di Ulisse con le sirene, decisamente diverse da quelle che colonizzano oggi l’immaginario collettivo. E un’ennesima profezia infausta si abbatterà sull’equipaggio: l’Arpia Celeno predice ai naviganti un futuro difficile e una terribile fame.

In Epiro, l’incontro con Andromaca, vedova di Ettore e moglie del fratello, l’indovino Eleno, sarà illuminante: qui Enea capirà che la terra assegnatagli dal Fato non è sulla costa italiana più vicina (quella adriatica e ionica, già occupata dai Greci), ma su quella opposta, la tirrenica.

La prima tappa italiana dei Troiani è – secondo la ricostruzione – a sud di Otranto, su una rocca che accoglie il tempio di Minerva, a cui gli esuli rivolegeranno un’invocazione in cerca di protezione. Vi è, poi, il passaggio per la Terra dei Ciclopi (a cui arrivano evitando Scilla e Cariddi) dove incontrano Achemenide, uno dei compagni di Ulisse dimenticato nella spelonca di Polifemo; i protagonisti lo porteranno con loro. E questo è un messaggio molto potente a livello metaforico e psicologico.

A Drepano (Drèpanon, antico centro della Sicilia occidentale, situato sull’omonimo promontorio dove oggi sorge l’odierna Trapani; il che fa propendere gli studiosi per una Terra dei Ciclopi identificabile nella stessa regione) muore Anchise. E – come se non bastasse – ripreso il mare, i Troiani verranno assaliti da un’altra tremenda tempesta. Si ritroveranno, in breve, ad attraccare a Cartagine.

A questo punto c’è uno dei capitoli più belli dell’intera Eneide: la regina Didone accoglierà gli esuli, ascolterà i racconti di Enea e si innamorerà di lui, ricambiata. Per ordine di Zeus, però, l’eroe è costretto a ripartire, seppur a malincuore. Didone, guardando la nave allontanarsi in lontananza, si ucciderà maledicendo la stirpe troiana.

Ad ormai un anno dalla morte di Anchise, Enea torna in Sicilia e celebra un rito di commemorazione per poi spingersi verso nord e approdare a Cuma, dove consulterà la Sibilla e discenderà nel regno dei morti (la Sibilla Cumana è a un passo dall’Averno, nell’odierna Cuma-Pozzuoli); qui rivede suo padre Anchise e scorge lo spirito di Didone, capendo che è morta e sciogliendosi in un tristissimo pianto disperato.

Enea costruisce una tomba per la sua nutrice, Cajeta, e fugge dalla terra di Circe (Eneide, Libro VII)
Enea costruisce una tomba per la sua nutrice, Cajeta, e fugge dalla terra di Circe (Eneide, Libro VII). Da una collezione del MET Museum (fonte).

Ancora più su, nell’odierna Gaeta, un altro episodio importante e leggendario: muore Caieta, la sua anziana nutrice (secondo altre versioni, sua moglie o la nutrice di Ascanio), che verrà qui seppellita dando un nuovo nome alla città (Gaeta, appunto). Dopo aver visitato il Circeo, dimora della Maga Circe che era stata tanto importante nel viaggio di Ulisse, finalmente i Troiani arrivano alla foce del Tevere. Il re di Laurento, Latino, deciderà di affidare la mano della figlia Lavinia ad Enea, scatenando l’ira di Turno, re dei Rutuli, a cui era già stata promessa.

Ma questa è un’altra storia…