Speciali weekend. Israele, Gaza e Iran: giornalista iraniana Hana Namdari intervista Angelica Edna Calò Livne, nata a Roma e dal 1975 in Israele

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Angelica Edna Calò Livne, da Roma a Israele animatrice di pace
Angelica Edna Calò Livne, animatrice di pace

Speciali weekend, nuova sezione. Dopo la sua testimonianza sull’Iran (“a Teheran rischio arresto e impiccagione”), raccolta dal nostro Fulvio Cavallari, abbiamo chiesto alla giornalista iraniana Hana Namdari, che vive e lavora a Verona per l’Indipendent Persian, di ascoltare altre voci di chi è direttamente coinvolto nei conflitti di oggi, diversi ma spesso collegati, se non altro e in primis per gli interessi economici: sono circa 56, una terza guerra mondiale non ufficializzata ma vera, tutti ovviamente con vittime tra i civili e i bambini, ma quelli più noti, oltre a quello in Iran appena cessato (non si sa se definitivamente mentre appaiono evidenti le ricadute su ulteriori restrizioni delle libertà della popolazione) sono la guerra tra eserciti in Ucraina e quella, ibrida, tra l’esercito di Israele e Hamas a Gaza. Qui, però, se le divise dell’IDF sono chiare, il sangue sgorga sempre di più da indumenti non militari dei Gazidi, gli abitanti della striscia di Gaza.

Ecco la prima testimonianza raccolta da Hana Namdari che intreccia Israele, Iran e Gaza con una sola regola: riportare il “sentiment” di chi viene intervistato senza entrare, chi scrive, in valutazioni e considerazioni che si possono fare altrove.

Il direttore


Angelica Edna Calò Livne è nata a Roma il 27 agosto 1955 e dal 1975 vive in Israele nel Kibbuz Sasa, in Galilea sulla frontiera del Libano. Angelica Edna Calò Livne è un’educatrice, scrittrice e regista, fondatrice col marito e direttrice della Fondazione Beresheet LaShalom in Alta Galilea (Israele), impegnata nel dialogo interculturale. Per il suo operato ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui una candidatura al Nobel per la Pace nel 2005.

La Fondazione Beresheet LaShalom nasce nel 2001 con il Teatro Multiculturale Umanante “Arcobaleno” per avvicinare differenti etnie, religioni, tradizioni ed educare al dialogo attraverso le arti. Dall’esperienza di Angelica Edna Calò Livne, che parte dal Dottorato interdisciplinare conseguito in Pedagogia e Teatro, è nato un modello educativo per lo “Sviluppo del pensiero umanistico attraverso le arti performative” che lei stessa insegna all’Universita’ di Tel Hai e presenta in tutto il mondo con laboratori per il miglioramento della società. Dalla tragedia del 7 Ottobre continua la sua opera di educatrice al dialogo perché la Speranza e’ l’unica risorsa possibile in questa terra martoriata.

Angelica Edna Calò Livne
Angelica Edna Calò Livne

Come hai vissuto i giorni del conflitto? Hai avuto paura per te o la tua famiglia?Cosa ricordi del primo giorno in cui l’Iran ha lanciato un attacco? Dove ti trovavi Hai dovuto trasferirti o rifugiarti in un bunker?

L’attacco massivo lanciato dall’Iran è avvenuto dopo 17 mesi in cui stavamo vivendo la guerra. Una guerra lunga, dolorosa iniziata il 7 ottobre con il pogrom perpetrato da Hamas. Il 2023 sembrava un anno decisivo, magico per la realizzazione di pace. Si stavano stipulando i Patti di Abramo, decine di progetti tra Israele e i Paesi circostanti. Israele non era più dentro Gaza ma si adoperava per costruirvi impianti di desalinizzazione, impianti di recupero e riciclaggio, ogni giorno entravano operai a lavorare in Israele, i membri dei Kibbuzim di confine organizzavano turni per trasportare donne incinte, malati e bambini nei nostri ospedali. Il sogno è svanito, esploso in poche ore  quel 7 ottobre e da quel momento non c’e’ stato un attimo di tregua. Io vivo in un kibbuz di confine sul bordo del Libano. In poche ore il kibbuz è stato evacuato- 450 persone- e siamo rimasti in 40 a proteggere le nostre case, sotto i missili di Hezbollah e poi degli Houti e, quindi, dell’Iran. Dall’8 di ottobre ci siamo trasferiti nella stanza blindata. Purtroppo i miei figli e i nipotini vivono al centro di Israele e la preoccupazione è grande e viscerale. Come spiegare ai bambini le sirene? Le esplosioni assordanti? Il pericolo? L’asilo vuoto e il dover rimanere chiusi in casa per ore e ore? Come raccontare cosa succede senza destare preoccupazione, rancore, paura? L’attacco dell’Iran è iniziato mentre ero all’aeroporto di Ben Gurion. Avevo già in mano la carta d’imbarco per raggiungere Helsinky, in Finlandia, dove avrei dovuto presentare la mia ricerca di Educazione al dialogo attraverso le Performing Arts in un congresso di Psicologia positiva.  Sono tornata a casa sotto la pioggia di missili col cuore che scoppiava… non per la paura ma per la rabbia verso chi impiega le sue risorse per distruggere, per fomentare l’odio, per dominare.

Israele, Angelica Edna Calò Livne, un'esibizione
Angelica Edna Calò Livne, un’esibizione

Hai perso qualcuno o conosci persone coinvolte direttamente? Come sono cambiate le tue abitudini durante e dopo l’attacco? Pensi che la reazione israeliana sia stata giusta o sproporzionata? Credi che il programma nucleare iraniano costituisse una minaccia reale?

Quasi ogni famiglia in Israele ha avuto un lutto. Siamo un Paese piccolo, come una grande famiglia che ancora vive il trauma profondo delle violenze perpetrate nel Festival Nova, nei kibbuzim e nelle città al confine con Gaza. Molti di noi non dormono più di due ore a notte per la preoccupazione, per i missili, per i dolori in tutto il corpo a causa dello stress, per affrontare il disagio e i timori. Il corpo mobilita i suoi sistemi per sopravvivere, secreta ormoni e altre sostanze che  aiutano a sopportare la tensione insostenibile in cui ci troviamo. Possono essere sostanze anestetizzanti, che attenuano l’ansia, l’impotenza, la sofferenza e il dolore, oppure sostanze stimolanti e attivanti che ci aiutano a funzionare durante un periodo in cui non si riesce davvero a dormire o riposare. La minaccia iraniana era reale, costante, durava da anni. Nella Piazza Palestina, la piazza principale di Teheran c’era un display che contava alla rovescia la distruzione di Israele prevista per il 2040. Si può vivere cosi? Si puo vivere con questa spada di Damocle sul capo che di tanto in tanto si stacca e ti ferisce nel corso di 75 anni durante la prima intifada, poi la seconda, poi i missili dal nord e dal sud, tutto organizzato, premeditato, programmato e finanziato dall’Iran. Come si può vivere cosi? Quanto si può continuare a pensare secondo la cultura occidentale con i suoi valori umani, l’amore e il culto della vita, il rispetto per le donne e i bambini, la negoziazione, la mediazione di fronte a una cultura dell’odio, del terrore, dell’annullamento totale dell’altro?

Isarele. Angelica Edna Calò Livne, una performance nell'ambito del suo progetto di Psicologia positiva
Angelica Edna Calò Livne, una performance nell’ambito del suo progetto di Psicologia positiva

Cosa pensi dell’accordo di cessate il fuoco? Ti senti più sicura oggi? Cosa ne pensi del ruolo degli Stati Uniti nel conflitto? Ritieni che il governo Netanyahu abbia gestito bene la crisi?

Ecco il cessate il fuoco: si torna al lavoro, i bambini che sono rimasti quasi due settimane a casa, senza una routine, in una sorta di vacanza apocalittica –si  svegliano, si preparano per andare a scuola. Ieri ci preoccupavamo che si allontanassero troppo da casa e dal rifugio, e ora tornano in classi da 35 bambini.  Un momento siamo tutti in un terrore estremo, temendo centinaia di tonnellate di esplosivo che piovono dal cielo e perfino un orrore nucleare – e il momento dopo la minaccia svanisce. Il cessate il fuoco ci fa sentire più sicuri ma molti di noi sono frastornati, la testa martella: ci stavamo riabituando al ritorno nelle proprie case  dopo mesi dopo l’evacuazione e all’improvviso lo scoppio di una nuova guerra nella guerra, ancora più letale, ancora più spietata, una guerra terribile che forse eviterà la nostra distruzione. Gli Stati uniti sono venuti in nostro aiuto… ma abbiamo ancora  50 ostaggi rinchiusi nei tunnel di Gaza e Israele è addolorata.

Secondo te è possibile, in futuro, costruire un dialogo con l’Iran? Cosa dovrebbe succedere perché israeliani e iraniani non siano più “nemici”?

Io non mi sento nemica dell’Iran, al contrario, ho una profonda stima per il coraggio di chi combatte per la sua libertà di espressione e determinazione, per la sua cultura millenaria, per la sua storia appassionante. Sento che abbiamo molto in comune e soffro per lo stato di oppressione in cui vive la popolazione. Potremmo vivere splendidamente gli uni accanto agli altri. Condividere la ricerca scientifica, medica, biologica. Potremmo trasformare insieme il Medio oriente in un Visitor Center per chi ama la cultura, la bellezza e la speranza in un destino che può cambiare e trasformarsi in benessere per tutti. Ma tutto ciò può accadere solo sconfiggendo il terrorismo, l’oscurità mentale, il dispotismo e la tirannia.

Cosa diresti a un cittadino iraniano se potessi parlargli direttamente?

Gli direi: continua a lottare per te e per la tua discendenza,  non ti arrendere mai,  unisciti a noi per risvegliare il diritto alla propria femminilità, la libertà di pensiero e di scelta  per riportare la luce sul tuo Paese!

Che ruolo hanno i media nel modo in cui percepiamo “il nemico”?

Purtroppo i media e i social fomentano l’odio, si schierano e giudicano senza conoscere la storia. Quando c’è un conflitto, se veramente credi nella pace, devi ascoltare i due contendenti, devi trovare la via per avvicinarli, per la riconciliazione, chi si schiera divide e risveglia la violenza e l’ingiustizia.

Ti senti rappresentata dalla politica estera del tuo Paese?

Di natura non sono estremista,  sono sempre pronta ad ascoltare e, se anche non sono d’accordo con tutto, trovo il modo di conciliare. Mi è difficile accettare l’estremismo di alcuni politici del mio governo. Credo negli accordi, nel dialogo, nello sforzo di vedere l’altro.

Qual è stata l’emozione più forte che hai provato durante il conflitto?

Mentre ero nel rifugio con i miei nipotini durante uno degli attacchi più massivi e assordanti abbiamo cantato insieme “Ani noladti la Shalom – Sono nato per la Pace…”: era una canzone che cantavo con i loro genitori, quando erano bambini. Una canzone che fino ad oggi si canta in Israele in tutte le feste di bambini. Ho pregato che si avverasse… finalmente!

Se potessi inviare un messaggio al mondo, cosa vorresti che capissero del popolo israeliano in questo momento?

Che non abbiamo mai voluto nessuna delle guerre in cui siamo stati trascinati. Che porgiamo la nostra mano, il nostro aiuto, le nostre ricerche, i nostri progetti per migliorare il mondo e la vita. Che abbiamo bisogno di “teste e cuori pensanti” come scriveva Etti Hillesum, che capiscano da che parte sta il male, che capiscano che stiamo combattendo per la nostra sopravvivenza. Che abbiamo diritto alla vita.

Hai partecipato a proteste o manifestazioni legate alla guerra o alla pace?

Certo, nel corso di tutta la guerra.

Hai paura che questo conflitto possa riesplodere? Come immagini Israele tra dieci anni, dopo quello che è successo?

Il mondo, l’Europa, l’ONU tutti coloro che hanno potere e influenza devono trasmettere un messaggio chiaro, al di la degli interessi politici ed economici, un messaggio contro il terrorismo e la violenza di Stato.

Voglio immaginare un Israele circondato da Paesi alleati con i quali ci sono scambi culturali, artistici, economici e accademici. Un’area di esempio per le altre Nazioni dove i diritti, i valori e i rapporti umani sono un simbolo per tutto il mondo!

Possiamo farcela!

Parola di Angelica Calo Livne… E per voi?