Accordo tra Italia e Cina: stop doppie imposizioni, evasioni ed elusioni fiscali

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Eliminare le doppie imposizioni – riporta Public Policy – in materia di imposte di reddito e prevenire le evasioni e le elusioni fiscali. Questo l’obiettivo del disegno di legge di ratifica ed esecuzione dell’accordo tra Italia e Cina, fatto a Roma il 23 marzo 2019. L’8 luglio scorso il ddl è stato approvato, in prima lettura, dal Senato.

Secondo la relazione illustrativa del provvedimento, l’accordo con Pechino, “ispirato per la maggior parte al modello Ocse di Convenzione fiscale con l’accoglimento di talune disposizioni contenute nel modello Onu, costituirà un’importante integrazione del precedente quadro giuridico di riferimento, nel cui contesto le imprese italiane potranno operare in Cina, con migliori condizioni rispetto al passato e in posizione concorrenziale con le imprese di altri Stati europei comparabili all’Italia, che hanno concluso un accordo fiscale con la Cina”.

Inoltre, esso “costituirà fonte di maggiore certezza anche per gli investitori cinesi in Italia”. Vediamo, dunque, i contenuti principali dell’accordo, composto da 30 articoli.

Per quanto concerne il lato delle imposte si prevede che per l’Italia il divieto di doppia imposizione riguardi Irpef, Ires e Irap mentre, per la Cina, risultano incluse l’imposta sui redditi delle persone fisiche e l’imposta sui redditi da attività d’impresa. Disciplinati anche i casi di soggetti diversi dalle persone fisiche e quelli relativi alle stabili organizzazioni.

In via generale, sui redditi immobiliari si stabilisce il criterio per cui essi debbano essere tassati nello Stato in cui sono situati i beni immobili fonte di tali redditi, ancorché in maniera non esclusiva, seguendo il principio previsto nel modello Ocse di Convenzione contro le doppie imposizioni.

Anche per quanto riguarda gli utili d’impresa si prevede che siano imponibili esclusivamente nello Stato di residenza dell’impresa stessa, riconoscendo tuttavia l’eccezione dell’imponibilità di tali redditi nello Stato della fonte solo se attribuibili ad una stabile organizzazione.

REDDITI DI CAPITALE

Come si legge nella relazione illustrativa, gli articoli 10, 11, 12 e 13 dell’accordo “prevedono le regole di tassazione dei redditi di capitale (interessi, dividendi, royalties e capital gains). Le aliquote massime di prelievo che possono essere fissate dallo Stato della fonte (da dove derivano i pagamenti di tali redditi) sono in linea con quelle concordate dalla Cina nelle Convenzioni stipulate con gli altri Paesi dell’Ue maggiormente comparabili all’Italia, quali Francia, Germania, Regno Unito e Spagna”.

Sotto questo profilo, quindi, “gli investitori italiani possono operare in condizioni paritarie rispetto ai maggiori competitors europei”.

REDDITI PROFESSIONALI E LAVORO SUBORDINATO

In materia di professioni e lavoro autonomo, si prevede quale principio generale l’imposizione esclusiva nello Stato di residenza del percettore di tali redditi, con “un’eccezione nei casi in cui il percettore abbia disponibilità di una base fissa, utilizzata per l’esercizio della professione o dell’impresa, nello Stato presso il quale presta la propria attività” o in caso di soggiorno per almeno 183 giorni in un anno nel’altro Stato.

Per quanto riguarda la tassazione sul lavoro subordinato, si prevede che sia esclusiva nello Stato di residenza del lavoratore, salvo che l’attività lavorativa non venga prestata nell’altro Stato, nel qual caso la potestà impositiva diviene concorrente”.